Del team con cui Djokovic aveva iniziato il 2018 è rimasta una sola persona: il fisioterapista argentino Ulises Badio. Vive in Veneto e ha conosciuto "Nole" nel 2017 a Roma: poco dopo, è arrivata la chiamata. "È stata una grande sfida – dice -, ma è tutta la vita che studiavo per essere pronto”.La foto pubblicata in apertura risale al 22 gennaio 2018, appena sei mesi fa, nel giorno della sconfitta di Novak Djokovic all’Australian Open, ma da allora sembra passata un'eternità. Perché quel giocatore che a gennaio si faceva maltrattare da Hyeon Chung è tornato al suo splendore, e perché delle quattro persone del team di “Nole” raffigurate tre hanno ricevuto il benservito. Era la squadra con cui aveva deciso di ripartire dopo la terapia d’urto della primavera del 2017, ma fra Andre Agassi, Radek Stepanek, il preparatore atletico Marco Panichi (sopra, a sinistra) e il fisioterapista Ulises Badio (sopra, a destra) è rimasto soltanto quest’ultimo, che dopo aver attraversato i tempi bui oggi si gode come Novak il piacere della rinascita. Evidentemente è stato l’unico a convincere il campione di Belgrado di meritarsi il posto, tanto che quando il serbo ha ricomposto il suo vecchio team si è limitato al coach Marian Vajda e al trainer Gebhard Phil-Gritsch, evitando di richiamare anche Milan Amanovic. Un bell’attestato di stima per questo 40enne argentino di poche parole, nato a Santa Fe, laureato a Cordoba, specializzatosi negli Stati Uniti, a Valencia e a Roma, e residente… in Veneto. Dal 2011 al 2017 Badio ha lavorato in un paio di cliniche fra Treviso e Motta di Livenza (curiosità: è il paese natale di Maria Elena Camerin), ed è in quel periodo che è entrato in contatto col dottor Di Giacomo, responsabile del servizio medico degli Internazionali d’Italia. L’ha fatto entrare nel team di fisioterapisti dell’evento romano nel 2014, durante il torneo del 2017 Badio ha conosciuto Djokovic (che aveva mollato i vecchi collaboratori da pochissimi giorni), e deve avergli fatto un’ottima impressione, visto che poco dopo ha ricevuto un’offerta di lavoro. Impossibile rifiutarla, specie per uno che lavorando a Roma con i campioni aveva iniziato a sognare di poterlo fare a tempo pieno.POCHE PAROLE, TANTO LAVORO
“Qual è la mia virtù? Lavoro in silenzio”, ha raccontato Badio in una chiacchierata col quotidiano argentino La Nacion, senza sbottonarsi troppo e mostrando grande umiltà malgrado un curriculum importante, dove in mezzo ad attestati vari figura ora anche la capacità di riportare Djokovic dove merita di stare. Un lavoro stimolante, ma anche di grande responsabilità, visto che i muscoli di “Nole” sono fra i più famosi del mondo, grazie a un’elasticità fuori dal comune. Nelle settimane in cui non lo segue nei tornei in giro per il mondo, Badio si divide fra Monte Carlo e Belgrado, le due basi di Novak, e si occupa di varie cose. Spetta a lui programmare tutti gli esercizi di riabilitazione, occuparsi dei suoi pasti e anche preparare le bevande vitaminiche. Non sorprende che i due vadano molto d’accordo, perché anche Badio ha una visione del mondo molto filosofica. “I pazienti mi affidano il loro corpo, e io devo fare il possibile per farli star bene. Con Novak va così: se sta bene lui sto bene anche io. Ho una filosofia di vita più simile a quella orientale: per me non è tutto bianco o tutto nero, esiste anche il grigio. Devo trovare delle soluzioni, con l’esercizio o con quelle lunghe chiacchierate”. In questo senso gli dato una mano la lunga pausa del 2017, che gli ha permesso di conoscere in profondità il suo unico grande paziente, le sue abitudini e il suo modo di pensare. “Un paziente normale dopo una sessione di fisioterapia rientra a casa con la propria famiglia, e continua a lavorare come se nulla fosse. Ma in questo caso si tratta di uno sportivo professionista d’elite, che aveva bisogno di curarsi. Nel suo caso ogni minuto vale oro, non c’era tempo da perdere. È stata una grande sfida, ma sapevo di essere preparato. È da tutta la vita che sto studiando per un’opportunità come questa”. A quanto pare la sta sfruttando come si deve.
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