Denis Shapovalov potrebbe montarsi la testa: gioca bene, il pubblico lo adora. Invece pensa a quello che deve migliorare, che sia il tennis o la lingua francese. “Potrei parlarvi per ore di quello su cui devo crescere”. E vuole diventare molto forte sulla terra battuta. “Tra qualche anno voglio essere competitivo per vincere il Roland Garros. È il mio sogno”.

C'è qualcosa che lo rende speciale, attraente. Non certo perché ha battuto John Millman al primo turno del Roland Garros. Semmai, è la contraddizione incarnata da Denis Shapovalov: aspetto ed esuberanza da teenager, contenitore di una testa ben più matura dei suoi 19 anni. E non è un modo di dire. Una contraddizione resa ancora più viva dal suo tipo di tennis. Puro talento, la sensazione che ogni colpo sia giocato per far male al suo avversario – ci mancherebbe! – ma anche per far godere il pubblico. Estetica, esaltazione della bellezza, impermeabile a qualsiasi tipo di criterio. Mancino come John McEnroe e come Rod Laver, biondo, occhi azzurri… c'è tutto per costruirci un grande personaggio. Ma ciò che colpisce del canadese, figlio di russi e nato in Israele, è l'impressionante lucidità. Non conosce l'ansia del “tutto e subito”. Lui vuole avere una grande carriera ed è pronto a investire su se stesso, a prescindere dai risultati. Senza farsi abbagliare da chi lo vuole già superstar. Gli organizzatori del Roland Garros gli hanno concesso il campo Suzanne Lenglen per un primo turno tutto sommato anonimo. E la sua conferenza stampa si è tenuta nella sala principale. C'è poco da fare: Denis piace. Ma piace ancora di più per quello che dice, e per come lo dice. “Il risultato non importa, e nemmeno il torneo – ha detto – io voglio scendere in campo e migliorare, giorno dopo giorno. Ho 19 anni e la mia carriera è ancora molto lunga. Roger e Rafa hanno 36 e 32 anni e continuano a migliorare. Vincere o meno una partita non è un grosso problema, davvero”.

AMORE-ODIO CON LA TERRA BATTUTA
Non è così banale pensarla così. La storia del tennis è piena di baby-fenomeni che si sono bruciati per colpe proprie, perché hanno avuto la presunzione di ritenersi completi, senza nulla da migliorare. O magari hanno capito la lezione anni dopo. Sentite Shapovalov, nato il 15 aprile 1999. “Potremmo discutere per ore sugli aspetti che potrei migliorare. Nella mia testa, penso soprattutto a due cose: diventare più solido in risposta e aggiustare il gioco di volo. Inoltre mi piacerebbe avere una percentuale di prime palle ancora più alta, anche se il servizio è già un'arma”. Diventa un fiume in piena, non smette di individuare punti che potrebbero essere migliorabili. “La gestione dei momenti del match, per esempio. Ma quello arriverà con l'esperienza, anche se ci sto già lavorando con il mio coach Martin Laurendeau. Ho tanto margine e sono molto felice di essere già numero 25 del mondo con tante cose ancora da sistemare. Alla mia età, Federer e Nadal erano nella stessa condizione. Io devo stare calmo: se i risultati non arrivano, non è un problema. Gioco libero, sono tranquillo, per me è tutto nuovo”. E poi c'è una scommessa da vincere: imparare a giocare sulla terra battuta. Fino ad oggi, ha avuto un rapporto di amore-odio con una superficie che non conosce, e su cui non è cresciuto. Potrebbe accontentarsi di essere fortissimo altrove, dove pure si sviluppa il 75% del tour. Invece no: “L'anno scorso non ho vinto neanche una partita sulla terra. Allora ho detto al mio team che quest'anno avrei voluto giocare più tornei possibili sul rosso. Il risultato non importa, anche se perdo voglio tornare in campo a lavorare. È un progetto a lungo termine, non è per quest'anno e nemmeno per il prossimo. Voglio vincere il Roland Garros, ho sempre avuto questo sogno. E tra qualche anno spero di essere competitivo per vincere”.

“STO MIGLIORANDO IL FRANCESE”
In virtù di questo approccio, Denis non si aspettava di giocare così bene a Madrid, dove ha colto una splendida semifinale (persa da Zverev). Ha giocato bene anche a Roma, battuto solo da Rafa Nadal. “È un viaggio e sono contento di come lo sto percorrendo. Credo che la terra sia una superficie su cui, potenzialmente, posso esprimere il meglio del mio tennis”. Con uno spirito così, è difficile pensare che non ce la faccia. O che non riesca ad esplorare i suoi limiti. Il fascino di Denis Shapovalov sta tutto qui: non si accontenta del talento, e nemmeno di un aspetto e un modo di giocare… fantasy. Conosce i suoi limiti, ha i piedi ben piantati per terra e sa su cosa lavorare. Anche fuori dal campo: per esempio, ha preso sul serio la domanda di chi gli chiedeva a che punto è con il francese. “Va bene, però faccio un po' fatica a parlarlo in conferenza stampa, davanti a tanti giornalisti pronti a giudicarmi. L'ho studiato a scuola e sto cercando di allenarlo, anche con il mio team. È un obiettivo, un processo di crescita. Sto imparando un po' di italiano, un po' di francese… un po' tutto”. Fateci caso: parla delle sue capacità linguistiche come se si riferisse al tennis. Il suo Roland Garros ripartirà giovedì, contro il rampante Maximilian Marterer. Ma sarebbe bello vederlo negli ottavi contro Nadal. Molto bello.