Il serbo smentisce la voce sul presunto “aggiustamento” della sua sconfitta contro il 16enne Garin. “Semplicemente ero stanco dopo le qualificazioni. Non metterei mai a rischio la mia carriera”. 
Dusan Lajovic impegnato in Coppa Davis
 
Di Riccardo Bisti – 8 marzo 2013

 
Dusan Lajovic è fiero di essere serbo. Quando scende in campo, veste quasi soltanto i colori della sua bandiera: bianco, rosso e blu. Tuttavia, il suo passaporto gli ha creato qualche problema. La crisi economica è forte anche nei balcani. Manca il lavoro, e tanti giovani si riducono a passare le giornate a zonzo, cercando di inventarsi un sistema per guadagnare. Secondo Amer Delic, ex americano che ha scelto di giocare per la Bosnia, una delle professioni più in voga tra i giovani è quella dello scommettitore. Attività legale, per carità, che però può avere derive sgradevoli o addirittura illecite. Antonio Veic, giocatore croato, si è detto scandalizzato per il comportamento di alcuni connazionali. Durante il torneo ATP di Zagabria hanno fatto il tifo per il suo avversario Benjamin Becker, in barba alla nazionalità di Veic. Motivo? Semplice, avevano scommesso sul tedesco. Il passo verso l’illegalità è breve, come è stato dimostrato nel caso di David Savic (toh, pure lui balcanico), squalificato a vita per aver tentato di corrompere un giocatore (Marcos Baghdatis), offrendogli denaro in cambio di una sconfitta. In sei anni, l’ATP ha squalificato a vita solo due giocatori: oltre a Savic, è stato sanzionato il folle Daniel Koellerer. Tra le donne, Ekaterina Bychkova si è presa una breve sospensione per omessa denuncia. A quanto pare, la TIU ha indagato su tantissime partite, senza però arrivare a chissà quali risultati. Un mese fa, si è diffusa la notizia (pubblicata dal sito www.terra.cl e poi ripresa in tutto il mondo) di una presunta indagine sul match di Vina del Mar tra Dusan Lajovic e il cileno Christian Garin. Vinse quest’ultimo, 16enne e sfavorito alla vigilia.
 
Lajovic non ci sta, si difende e contrattacca. Intervistato da ESPN, il serbo dice di non avere alcun legame con le mafie dell’est e che non era successo nulla di particolare nel match contro Garin. Non gli va giù di essere diventato famoso per questo motivo. “Tutto questo non ha senso. Non farei mai qualcosa del genere – ha detto, alludendo alla compravendita delle partite – in questi anni mi sono allenato così duramente che non metterei a repentaglio la mia carriera per qualcosa del genere”. La sua sconfitta contro Garin aveva fatto scalpore perché il cileno era stato il quinto sedicenne negli anni 2000 a passare un turno in un torneo ATP. Prima di lui c’erano riusciti Gasquet, Nadal, Harrison e Tomic. Vinse 6-3 6-4, ma qualcuno si accorse dell’elevato numero di giocate pro-Garin prima del match. Si diffuse la voce che le indagini erano focalizzate su Lajovic e un possibile legame con le mafie dell’est. “In realtà non è successo nulla di strano – continua il serbo – ero reduce da tre dure partite di qualificazione ed ero molto stanco. Ovviamente non ho giocato bene e lui ha fatto la sua parte. E’ un ottimo giocatore e ha un bel futuro”. In effetti, nessuno aveva ricordato che Lajovic proveniva dalle qualificazioni, dove aveva superato il cileno Juan Carlos Saez, lo spagnolo Javier Marti al termine di una battaglia di oltre tre ore, e il portoghese Gastao Elias. Per un giocatore alle prime esperienze nel circuito ATP, un po’ di stanchezza ci poteva stare.
 
“Leggere questa notizia mi ha causato grande sorpresa e delusione – continua Lajovic – vedi il tuo nome per qualcosa del genere…ma che dovevo fare? Ho ripreso a lavorare, nel tentativo di dimenticare in fretta”. Dopo Vina del Mar, ha continuato nella sua campagna sudamericana e ha centrato la qualificazione sia a Buenos Aires che Acapulco, risultati che lo hanno portato al numero 152 ATP, non troppo distante dal best ranking (n. 137). “Non ho parlato con nessuno dell’ATP per chiarire la vicenda, ma non c’è neanche bisogno che lo faccia. Sono tranquillo, non so dove i media abbiano preso questa informazione, ma è assolutamente falsa”. Chissà se il “rumour” fosse emerso se Lajovic avesse un passaporto diverso da quello serbo, paese nell’occhio del ciclone. Dallo scorso dicembre, la Tennis Integrity Unit ha un nuovo direttore: il posto di Jeff Rees è stato preso da Nigel Willerton, ex poliziotto con 30 anni di esperienza, già membro TIU dal 2010. Il problema è che dimostrare la compravendita di partite è difficilissimo, quasi impossibile. Se è vero che il doping è sempre un passo avanti rispetto all’antidoping (vedremo cosa succederà con il passaporto biologico…), è altrettanto vero che gli scommettitori illegali – se sono "bravi" – sono praticamente impossibili da scovare.