Lo svizzero trionfa a Cincinnati e aggancia Nadal nella classifica delle vittorie Masters 1000. Djokovic annichilito nel primo set e schiantato da un grande tie-break. E McEnroe è a un passo.
Roger Federer ha vinto 76 titoli in carriera. Djokovic è fermo a 31
Di Riccardo Bisti – 20 agosto 2012
Roger Federer ha intascato un mucchio di record. Ma ce n’è uno che gli dispiacerebbe non portare a casa: il record di vittorie nei tornei Masters 1000, i più importanti dopo gli Slam. Da quando l’ATP ne ha ridotto il format (tabelloni a 56 con otto bye, finali al meglio dei tre set) sono diventati meno impegnativi, ma il prestigio è intatto. Gli Slam sono un’altra cosa, ma nei Masters 1000 trovi gente (molto) forte già al terzo turno e devi scendere in campo tutti i giorni. E’ l’elite del tennis. Per questo avrà goduto particolarmente nel battere Novak Djokovic nella finale di Cincinnati. Con il 6-0 7-6 al serbo ha messo in saccoccia un paio di sfizi: intanto la classifica mondiale, con un numero 1 sempre più solido in virtù di 895 punti di vantaggio. Resterà al comando anche dopo lo Us Open, avvicinandosi al muro simbolico delle 300 settimane (di sicuro arriverà a 298, poi si vedrà). E poi, vincendo per la quinta volta in Ohio, ha intascato il 21esimo Masters 1000 in carriera, acciuffando Rafa Nadal in questa speciale classifica e (aspetto non meno importante) ha inchiodato Djokovic a quota 12. Il serbo ha ancora tanti anni davanti a sé, può vincerne ancora parecchi. Il Nadal di oggi, al contrario, è un’incognita assoluta. Lui stesso, dopo aver informato di avere sindrome di Hoffa, ha detto di essere concentrato sulla salute. Tutto il resto viene in secondo, terzo, quarto piano.
E’ stato un match a tre facce. La prima sono stati i primi sei game, un 6-0 umiliante per Djokovic e libidinoso per i fans dello svizzero, decisamente più numerosi anche in Ohio. In tutta la settimana, il serbo non aveva mai perso il servizio. Pronti, via, break “a quindici”. Federer ha offerto un’ottima versione di sé, tramutando in oro (leggasi: winners) ogni palla gli capitasse a tiro. Un’umiliazione senza precedenti, anche perché in 27 scontri diretti non c’era stato un solo 6-0. Djokovic non era in grado di opporre resistenza, tanto da ottenere solo una palla game (sullo 0-4). 25 punti a 10 in venti minuti, e palla al centro. Incredibile, anche perché fino a 24 ore prima si era visto un “Nole” di altissimo livello. Colpiva male la palla e – soprattutto – era una banca con il dritto. Il suo colpo di “relativa debolezza”, come lo avrebbe definito il compianto Roberto Lombardi, è il termometro del suo tennis. Se il colpo non funziona, significa che non ci siamo. Federer infieriva senza pietà e otteneva un punto dopo l’altro. Djokovic arrivava sulla palla molle, scoordinato, impreciso. E sbagliava. Non poteva andare avanti così, ed ecco la seconda faccia della partita, un secondo set sul filo del rasoio. Approfittando del fisiologico calo di Federer e qualche aggiustatina al suo tennis, il serbo è entrato in partita. Il livello medio non era eccelso, ma almeno è subentrata l’incertezza. Fino al 6-6, nessuno dei due ha avuto una palla break. Djokovic è stato 15-30 nell’ottavo game, ma Federer ne è uscito con autorità. Le sensazioni, tuttavia, facevano ben sperare il numero 2. Aveva ricucito il gioco alla sua destra, tanto che alcuni colpi in recupero, disastrosi fino a pochi minuti prima, erano diventati saette vincenti. Ma Federer gli ha concesso poco e nulla. Ergo: tie-break.
Ed eccola, la terza faccia di questa finale. Sicuramente la più bella, anche se la più breve. Entrambi hanno giocato bene: Federer perché voleva chiudere, Djokovic perché non aveva alternative. Lo svizzero ha incastonato il gioiello nel primo punto, quando si è preso il minibreak con uno punto maestoso, chiuso da uno smash a campo aperto dopo una demi-volèe di “difficoltà 10 nella Scala Mercalli del tennis” (cit.). E’ salito 3-0, ma lì Djokovic non si è dato per vinto. Si è ripreso il minibreak con una risposta profonda e ha firmato il sorpasso (4-3 e servizio) con un superpunto in difesa (Federer infilato al terzo passante). Un erroraccio di dritto ha riportato Federer in parità, e da lì in poi è stata solo tensione. Sul 4-5, lo svizzero ha giocato due prime da antologia, issandosi a matchpoint. Djokovic lo ha annullato con autorità ed è salito 7-6, procurandosi un setpoint per allungare la disfida. Lì Federer è stato coraggioso, presentandosi a rete e chiudendo lo smash su un (modesto) pallonetto di Djokovic. Un’altra prima di servizio e un dritto vincente gli hanno consegnato il titolo numero 76 in carriera, portandosi a una sola distanza da John McEnroe, terzo nella classifica all-time a quota 77 alle spalle di Jimmy Connors (109) e Ivan Lendl (94). Significa che l’aggancio al mitico “Mac” potrebbe arrivare proprio allo Us Open. E per Federer sarebbe un godimento doppio.
MASTERS 1000 – I PLURIVINCITORI
Rafael Nadal – 21
Roger Federer – 21
Andre Agassi – 17
Novak Djokovic – 12
Pete Sampras – 11
Thomas Muster – 8
Andy Murray – 8
Michael Chang – 7
Andy Roddick – 5
Boris Becker – 5
Jim Courier – 5
Gustavo Kuerten – 5
Marat Safin – 5
Marcelo Rios – 5
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