A differenza di Stacey Allaster, il nuovo CEO della WTA Steve Simon ha uno stile più sobrio. La Allaster parlava molto, appariva un po' ovunque. Al contrario, Simon è attento a centellinare le uscite pubbliche. Ma quando parla, lancia sempre messaggi significativi. Se in ottobre si era espresso sulla necessità di accorciare i match, durante il Miami Open ha toccato un paio di argomenti “specifici” del settore femminile: il coaching in campo e il “grunting”. Il primo argomento è tornato di attualità proprio a Miami, con lo scontro verbale tra Garbine Muguruza e coach Sam Sumyk. Qualcuno sostiene che il fenomeno sia sfuggito di mano e sarebbe meglio non violare la privacy del rapporto tra coach e giocatrice. Simon respinge le critiche, ed anzi rilancia: “Il coach in campo è stato positivo – ha detto – vorrei che si sviluppasse ulteriormente. Tra gli allenatori ci sono alcune grandi personalità, che potrebbero essere un bene per il nostro sport”. In questo momento, le regole consentono a una giocatrice di chiamare il coach una volta per set, più eventualmente quando l'avversaria chiede un medical time-out. Si può fare solo nel circuito WTA, mentre tra gli uomini e nei tornei del Grande Slam vige il divieto di comunicazione tra tennisti e allenatori. “Ma il coaching esiste, di fatto – ha detto Simon – tutti hanno un allenatore, è stato un problema per anni. Gli allenatori mandano segnali ai giocatori, oppure non lo fanno? Io credo che lo sport debba abbracciare il coaching, fa parte della storia”. Simon ha fatto una serie di esempi di comunicazione non verbale, adottati in barba ai giudici di sedia e ai regolamenti che prevedono warning e una sanzione fino a 5.000 dollari. “Bisogna essere realisti: se consenti il coaching, va bene. In caso contrario, devi mettere gli allenatori laddove non possono comunicare con i giocatori”. Anni fa, un coach ci raccontò di come ci fosse un accordo con l'arbitro. “Tu mettiti alle mie spalle, così non posso vederti e puoi comunicare col tuo giocatore senza che io possa sanzionarti”. Simon è un progressista: ritiene che il coaching sia un'ulteriore fonte di spettacolo e non ci vuole rinunciare.
“IL GRUNTING NON E' UN PROBLEMA”
Il CEO WTA si è poi espresso su un argomento molto dibattuto negli anni scorsi: il grunting, ovvero l'eccessivo “accompagnamento sonoro” delle giocatrici a ciascun colpo. Durante la presidenza Allaster, l'argomento era stato preso molto sul serio. Erano stati avviati dei test per misurare l'entità dei grugniti: per intenderci, alcune giocatrici (Sharapova, Azarenka, Larcher de Brito) avevano superato i 100 decibel. La stessa Elena Vesnina, vincitrice a Indian Wells, accompagna i suoi colpi con un curioso “ahia!”. Rendendosi conto che non si potevano modificare le abitudini delle giocatrici già formate, la WTA aveva puntato forte sulla “formazione” delle nuove giocatrici, educandole a un sobrio silenzio al momento di colpire la palla. La Allaster aveva addirittura ventilato l'ipotesi di sanzioni pecuniarie per le giocatrici troppo rumorose. In realtà, il problema è nato molti anni fa, con l'arrivo di Monica Seles. Fu proprio il rumore generato da Monica a far istituire l'hindrance rule, la norma che penalizza la giocatrice che disturba deliberatamente l'avversaria. Durante una finale di Wimbledon, la Seles fu costretta a restare in silenzio e perse nettamente contro Steffi Graf. Preoccupata dalle critiche di alcuni addetti ai lavori, la Allaster adottò alcune misure anti-grunting per prevenire la fuga di sponsor, tenendo presente che la WTA era appena rimasta senza il partner principale, Sony Ericsson. Da allora sono passati cinque anni e Simon ha ridimensionato il problema: sotto la sua presidenza non ci saranno ulteriori sforzi per contro il grunting. “Abbiamo già una regola: se una giocatrice disturba l'avversaria, c'è la possibilità di penalizzarla. Più in generale, non mi sembra che il problema sia presente come qualche anno fa. Meno giocatrici grugniscono”. In altre parole: strillate quanto vi pare. Se esagerate, tocca agli arbitri stabilire se intervenire o lasciar perdere.