AUSTRALIAN OPEN. Roberta arriva a un punto dalla vittoria, ma aveva meno benzina rispetto alla potente russa. Nessuna italiana negli ottavi: ci avevamo fatto l’abitudine.
Roberta Vinci è arrivata a un punto dal successo. Le resta il tabellone di doppio
Di Riccardo Bisti – 19 gennaio 2013
A volte vince chi possiede la spada e lo scudo. Altre ancora, chi ha la forca e la rete. Forza contro astuzia, insomma. Purtroppo per Roberta Vinci, la spada russa ha avuto la meglio ed Elena Vesnina si è presa un posto negli ottavi. Un peccato, perché certi treni non passano tutti i giorni. E Roberta ha giocato bene, (quasi) al meglio delle sue possibilità. E’ arrivata ad un passo dall’impresa. Un punto, un misero punto l’avrebbe spinta al match contro Vika Azarenka. Sul 4-6, 4-5 e 30-40, la Vesnina non ha avuto paura e un violento attacco di rovescio le ha fatto passare la paura. Durante quel game, eterno e pieno di paura, la Vinci ha manifestato il suo disappunto. Non lo fa mai. Sapeva che era il momento decisivo, che il treno buono era quello. Forse sapeva che le gambe non avrebbero retto fino alla fine, che il suo tennis non sarebbe più bastato a contenere la sassaiola russa. Purtroppo per lei, è andata così. Ed è un peccato, perché coach Francesco Cinà aveva preparato la partita alla perfezione. Finchè le gambe hanno tenuto, la Vinci ha giocato una partita perfetta sul piano tattico. Dava lezioni a una Vesnina che picchiava a occhi chiusi, senza trucchi ma anche senza pietà. L’azzurra tirava un dritto carico di topspin per tenere Elena lontana dalla riga e impedirle di attaccare. Con il rovescio giocava centrale, evitando gli angoli come la peste. Sapeva che allargare il campo avrebbe permesso alla Vesnina di angolare e farla correre. Peccato mortale, perché se c’è qualcosa in cui la russa è nettamente superiore è proprio la tenuta fisica. La Vesnina sembra un poliziotta, di quelle che controllano i passaporti all’aeroporto di Mosca. E’ un fascio di muscoli con l’aria severa. Roberta lo sapeva, e l’ha irretita con morbide palle corte (anche in risposta al servizio!) e splendidi attacchi centrali, che mettevano in imbarazzo il passante della russa.
Il giochino ha funzionato fino al 6-4 5-4 (anche se nel secondo ha dovuto rimontare da 0-3), poi la forca è diventata sempre più lenta, e il carrarmato russo ha preso il sopravvento. Tanti rimpianti per il tie-break del secondo, in cui la Vesnina ha colpito un clamoroso nastro sul 3-3, poi ha preso una riga ed ha chiuso con un bel passante di rovescio su un attacco troppo angolato. Nel momento più importante, si è dimenticata del diktat dell’allenatore. Il terzo set è stato un lento scivolare verso la sconfitta. E’ andata sotto 2-0 ed è rimasta a galla solo grazie alla scarsa lucidità tattica della Vesnina, una banca con il rovescio. Le decine di errori dal lato sinistro, tuttavia, non sono bastate. L’ultima chance è arrivata nel nono game, quando sul 4-4 la Vinci si è trovata 15-30 sul servizio dell’avversaria. Ma anche lì il coraggio di Elena ha avuto la meglio. E la fortuna aiuta gli audaci, si sa. Anche per questo si è presa gli ultimi quattro punti dopo essere stata sotto 30-0 nell’ultimo game. Sul matchpoint, la russa ha steccato una risposta che però è rimasta clamorosamente in campo. Il rovescio in slice di Roberta è volato via, trascinato dal vento nei meandri di una Margaret Court Arena in piena fase di restrutturazione. Presto potrà ospitare 7.500 spettatori e avrà un tetto retrattile. Ma nulla potrà restituire alla Vinci un ottavo di finale quasi acciuffato e poi perso per i capelli. Michael Chang (non solo lui, per la verità) diceva che si impara di più dalle sconfitte che dalla vittorie. Roberta cosa si porta via da questo match? Probabilmente la consapevolezza che deve fare uno sforzo in più per migliorare fisicamente. Le top 10 non sono così distanti, ma per attaccarle ci vorrebbe un doppio in meno e una seduta di preparazione atletica in più. Difficilmente accadrà, anche perché con la Errani vince un mucchio di partite (e guadagna parecchio). Non le si può dare torto, ma resterà il dubbio di cosa le avrebbe potuto regalare il suo braccio d’oro. E intanto non portiamo neanche una giocatrice alla seconda settimana di uno Slam. Dopo gli exploit degli anni scorsi, suona quasi come un fallimento. L'abitudine gioca brutti scherzi.
AUSTRALIAN OPEN, DAY 6 / I RISULTATI
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