Il tennis cambia, ma le figure di genitori incapaci di gestire il successo dei figli tennisti continuano ad esserci. Gli ultimi casi sono quelli di Wozniacki, Bartoli, Rezai e Tomic.
Walter Bartoli ha lasciato la professione di medico per seguire a tempo pieno la figlia
Di Riccardo Bisti – 22 febbraio 2012
La riflessione arriva dalle pagine di Sports Illustrated, porposta da Bruce Jenkins. Negli ultimi 40 anni, il tennis è cambiato tantissimo. Dalle racchette di legno siamo passati agli attrezzi ultramoderni, il rovescio a una mano è quasi scomparso, così come la tattica del serve and volley. Ma c’è qualcosa che non cambia mai: la presenza dei “padri padroni”, figure invasive e spesso dannose nella carriera dei figli, ma soprattutto delle figlie. Il circuito WTA ne ha visti parecchi: Roland Jaeger, Stefano Capriati, Marinko Lucic, Jim Pierce e il “leggendario” Damir Dokic. Gente a cui il successo (dei figli) ha fatto perdere la testa. Oggi, il padre più “famoso” nel circuito è Piotr Wozniacki. Ex calciatore, ha messo al mondo una ragazza capace di diventare la numero 1 del mondo. Piotr è un uomo di sport, e la sua figura è stata molto importante per la crescita d Caroline. Ma oggi non riesce a fare un passo indietro. A guidare la bicicletta c’è sempre lui, con Caroline che non riesce a pedalare. Lo scorso anno, dopo la brutta sconfitta con Christina McHale al torneo WTA di Cincinnati, la Wozniacki annunciò che papà Piotr non sarebbe più stato il suo coach. Gliene aveva dette di tutti i colori durante l’incontro.
Da allora si è scatenato il toto-coach. In verità, Caroline ha giocato un po’ a nascondino. Aveva già scelto il nuovo allenatore, ma non lo ha annunciato per settimane. Si trattava di Ricardo Sanchez, coach spagnolo (già al fianco di Jelena Jankovic) che si è unito al clan Wozniacki nel periodo di off-season. Dopo la preparazione a Dubai e un deludente Australian Open, il rapporto professionale si è bruscamente interrotto. Sanchez ha detto di essere stato una modesta pedina nello scacchiere Wozniacki, ancora gestito da papà Piotr. “Hanno il loro sistema, lavorano bene insieme ed è impossibile entrare nei loro meccanismi – ha detto Sanchez – io non posso lavorare con i sistemi di Piotr, e la ragazza è entrata in confusione. Non è possibile allenarsi con due coach che vogliono qualcosa di differente”. Il grosso problema della Wozniacki, a livello tecnico, è una tattica troppo difensiva. La danese si limita a rimandarla di là, affidandosi a due gambe da maratoneta. “Dovrebbe essere più aggressiva. Io ho provato a renderla un cavallo da corsa, ma mi hanno impedito di farlo” ha detto Sanchez. Intanto è già scesa al numero 4 WTA e sembra un gradino sotto a giocatrici come Victoria Azarenka, Petra Kvitova e Maria Sharapova.
Il caso della Wozniacki non è l’unico. Altre due situazioni “equivoche” arrivano dalla Francia ed hanno come protagoniste Marion Bartoli e Aravane Rezai. Due casi in cui i padri (Walter Bartoli e Arsalan Rezai) hanno creato un solco tra le figlie e il resto del mondo. Una bolla protettiva ma limitante, fonte più di problemi che di certezze. Walter Bartoli ha rifiutato qualsiasi aiuto esterno, allenando la figlia con sistemi…”alternativi”. E’ passata alla storia la palestra senza “out” in cui Marion ha imparato a giocare tutto d’anticipo, senza mai arretrare. Senza considerare i tic nervosi che contraddistinguono le sue partite. I risultati sono arrivati (oggi è numero 7 WTA, sua miglior classifica di sempre), ma in patria è una sorta di nomade. Nicolas Escudè, capitano del team francese di Fed Cup, l’ha ripetutamente esclusa dalla squadra (anche a costo di dolorose sconfitte) perché il suo rapporto con il padre era “assolutamente incompatibile” con il resto della squadra. L’effetto collaterale è la sua ineleggibilità olimpica, che potrebbe essere risolta solo con una deroga dell’ITF. Una situazione che la stessa Bartoli ha definito “straziante”. La carriera di Aravane Rezai, 24enne di origine iraniana e top 15 nell’ottobre 2010, è indissolubilmente legata alla figura del padre Arsalan. Quest’ultimo è spesso entrato in conflitto con la federazione francese. L’ultimo episodio risale alla Fed Cup di qualche settimana fa, quando è stata fatta fuori dal team francese impegnato in Slovacchia. Non è chiaro se la Rezai abbia abbandonato Bratislava di sua iniziativa o se sia stata invitata a farlo. Il “solito” Escudè ha detto di averla invitata ad abbandonare la sede dell’incontro, perché il suo comportamento era “incoerente con la realtà”.
Ad alimentare il mito dei “genitori padroni” è arrivata la biografia di Arantxa Sanchez Vicario. La ex numero 1 del mondo ha detto di non avere più alcun rapporto con i genitori e il fratello Javier. Secondo Arantxa, le avrebbero portato via tutto e si sarebbero opposti alla sua relazione con l’attuale marito Josè Santacana. “Non mi hanno lasciato niente e ora, nonostante io abbia guadagnato molto, sono indebitata”. L’ultima figura “inquietante”, almeno in ordine cronologico, è quella di John Tomic, padre del baby fenomeno Bernard. Qualche anno fa lo invitò ad uscire dal campo durante il match di un torneo Future, e recentemente ha detto la sua sull’alterco tra il figlio e la polizia australiana per aver guidato la sua BMW senza che la sua patente glielo consentisse. “I poliziotti hanno preso di mira mio figlio, non tengono un atteggiamento da veri australiani” ha detto Tomic senior. Insomma, i tempi passano ma i genitori "cattivi" restano. Sarà per le delicate implicazioni psicologiche del tennis, per la possibilità di guadagni facili e per un amore paterno incanalato nel modo sbagliato. Sta di fatto che il fenomeno non accenna a diminuire. Yutaka Nakamura è uno specialista assunto un paio d’anni fa per “ridurre il profilo mediatico di John Tomic”, e in passato ha lavorato con Jim Pierce, Stefano Capriati e Yuri Sharapov, nonché Jelena Dokic. “Ho lavorato con tanti genitori di tennisti, e devo dire che spesso ci sono figure problematiche”. Bella scoperta. Il problema è che ci saranno sempre.
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