La drammatica retrocessione spinge Carlos Moya ad abbandonare l’incarico di capitano. La federtennis concede l’incarico alla direzione tecnica, oggi presieduta da Gala Leon. Davvero sarà lei a sedersi in panchina?
Di Riccardo Bisti – 22 settembre 2014
E’ un momento delicato per il tennis spagnolo. La retrocessione nella Serie B della Coppa Davis ha scatenato un mezzo terremoto. Il paese ha 12 giocatori compresi tra i top-100, eppure nel 2015 ripartirà da un'umiliante sfida contro la vincente di Danimarca-Russia. Il team guidato da Carlos Moya ha perso in Germania al primo turno ed è franato a San Paolo contro il Brasile. Motivo? Le assenze di tutti i migliori. Assenze che hanno convinto lo stesso Moya a rinunciare all’incarico. L’ex numero 1 ATP ha annunciato la sua decisione in un’intervista pubblicata da “El Pais”, poi l’ha ratificata al presidente federale Josè Luis Escanuela. La dirigenza, infatti, gli aveva chiesto di andare avanti per un altro anno. Il maiorchino ha ringraziato ma ha preferito lasciar perdere, pur non chiudendo la porta a un eventuale ritorno “quando la Davis sarà tornata ad essere una priorità per i giocatori”. Moya era stato il primo ad apprendere del forfait di Rafael Nadal (che sarebbe andato in Brasile se fosse stato in condizione) ed era andato allo Us Open con le idee ben chiare. Invece ha dovuto incassare un rifiuto dopo l'altro. “Non pensavo che mollassero tutti, chi per infortunio, chi per impegni di calendario, chi per assenza di motivazioni – ha detto Moya – sono stato giocatore anch’io, quindi li capisco. Capisco soprattutto chi ha giocato tante volte e ha vinto il trofeo, mentre fatico a comprendere chi non ha mai giocato”. Non ha fatto nomi, ma l’allusione era a Pablo Carreno Busta. “Non voglio parlare dei singoli: se rinunciano 1-2 giocatori, può darsi che sia un problema loro. Ma se lo fanno in 8 oppure in 9, significa che è un problema della competizione. Il fatto è che l’ITF non vuole cambiarla, è un torneo con una profonda tradizione”.
RIVOLUZIONE FEMMINILE
Dopo la drammatica retrocessione (la prima dopo 19 anni), Toni Nadal ha “rimproverato” Moya di essere troppo una “brava persona” e aver accettato passivamente i capricci dei giocatori. “Se un giocatore ti dice che è infortunato cosa puoi fare? – ribatte Moya – ok, potresti convocarlo ugualmente per mettergli pressione, ma non mi piace arrivare a questi estremi. Mi piace capirmi, trovare un accordo…ho detto a tutti che c’era il rischio di retrocedere”. A quanto pare non è bastato. “Quando ti dicono no, no, no…perdi un po’ di fiducia”. In questo anno di capitanato, Moya ha imparato che il fattore campo è decisivo, molto di più della superficie. “Un consiglio a chi verrà dopo di me? Pazienza. Sarà fondamentale giocare in casa, magari ci sarà una reazione. La caduta in B potrebbe stimolare l’orgoglio di molti giocatori, e magari tutte queste assenze sono state una sfortunata eccezione”. L’esordio non sarà in Spagna (le furie rosse giocherebbero in trasferta sia contro Danimarca che contro Russia): anche per questo sarà importante scegliere con attenzione il nome del sostituto. La RFET non ha contattato Juan Carlos Ferrero e si è affidata a una donna. A sbrogliare la matassa dovrà pensarci la 40enne Gala Leòn, ex n. 27 WTA, che da un paio di mesi ha sostituito Albert Costa nel ruolo di direttore tecnico federale. Una specie di Eduardo Infantino alla spagnola. Colti in contropiede dalla decisione di Moya, i vertici federali hanno chiesto alla Leon di articolare un programma che riporti la Spagna al vertice.
QUATTRO PRECEDENTI
Il comunicato diffuso dalla federtennis spagnola dice che il capitanato è stato affidato alla direzione tecnica, in questo momento gestita dalla Leòn. Non è chiaro se le è stato affidato direttamente l'incarico, o se sarà lei a decidere il nuovo capitano. I dettagli saranno svelati martedì in una conferenza stampa che si terrà a Siviglia. Di sicuro, la Leòn dovrà presentare un programma a 360 gradi, in cui stabilire a chi dare i contributi e concedere l’utilizzo dei Centri Tecnici. Ai vertici RFET, infatti, non è piaciuta la rinuncia di alcuni giocatori che in passato avevano ottenuto importanti contributi economici. Se davvero dovesse essere lei a sedersi sulla panchina, diventerebbe la quinta capitana donna nella storia della Coppa Davis, la prima in una nazione così importante. In passato, avevano ricoperto il ruolo Tamara Semikina (Moldavia, dal 1995 al 2001), Francesca Guardigli (San Marino dal 2002 al 2004), Farah Dayoub (Siria, 2009) e Maria Elena Gittens (Panama, 2011). Da giocatrice, la Leòn è stata numero 27 WTA e ha vinto un titolo, a Madrid nel 2000. Mancina, dopo il ritiro ha avuto interessanti esperienze come coach: le più significative sono state con Silvia Soler Espinosa (portata intorno al n. 60 WTA) ed Ekaterina Makarova (guidata dalla 350esima posizione fino alla 40esima). Ma la Davis, in un paese machista come la Spagna, sarebbe una sfida di ben altro spessore.
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