Come figlia di Massimo Sartori, storico coach di Andreas Seppi, ha vissuto tante emozioni sui campi di mezzo mondo. Ora prova a regalarle come autrice e cantante, grazie a un’energia contagiosa. Il suo singolo I’ll Be The One sarà la colonna sonora delle Next Gen ATP Finals. Perché tennis e musica possono avere molto in comune.In mondovisione c’è già stata tre anni fa, quando esplodeva di gioia sugli spalti della Rod Laver Arena con papà Massimo, mentre Seppi sbatteva Federer fuori dall’Australian Open. Ma oggi Federica Sartori, 18 anni, prova a tornarci come féfe, col microfono in mano e un’energia contagiosa. Non solo cantante, ma anche autrice, anche del primo singolo I’ll be the one, dedicato alla nuova generazione, la sua. Un testo che «si sofferma sui sacrifici fatti dai giovani tennisti per raggiungere i propri sogni» e che sarà l’inno delle Next Gen ATP Finals. Tutto è nato da una chiacchierata con Sergio Palmieri: lei gli ha proposto un’idea per gli Internazionali d’Italia, lui ha avuto l’intuizione di trascinarla sull’evento milanese: «L’ho preparata ed è piaciuta – dice féfe –, così è nato un progetto che è arrivato fin qui». Il tutto con tanto di videoclip a formato di smartphone in cui si narra l’amore fra due ragazzi accomunati dalla passione per il tennis. Un bel modo per ricongiungerla con uno sport entrato nella sua vita sin dalla culla, ma che lei ha sempre evitato, preferendo pallavolo, equitazione, danza e (soprattutto) pattinaggio artistico, prima di buttarsi nella musica. «È stata una progressione naturale: ho cominciato a cantare, poi ho provato a scrivere qualche testo, sono arrivati i primi concorsi e ho iniziato a crederci sempre di più. Essere cresciuta in una famiglia così mi ha dato una mentalità ambiziosa». Dopotutto, anche se tennis e musica viaggiano su binari diversi, l’impegno che serve per emergere sono simili. Per questo, anche l’esperienza di papà Max ha avuto la sua importanza: «Per prima cosa è un cantante mancato, quindi crede tanto in me, e poi conosce i passaggi necessari per provare a fare carriera. Bisogna partire dal basso, lavorare e fare tanti sacrifici. Oltre a credere nei sogni, lui sa come trasformarli in obiettivi».Impossibile contraddirla: il 3 luglio 1995, appena arrivato a Caldaro per lavorare come maestro, Sartori conobbe un biondino undicenne di nome Andreas e ventitré anni dopo è ancora il suo coach in giro per il mondo. Lei sarebbe nata cinque anni più tardi, e di Seppi è come una sorella. «Ma da lui – precisa – ho preso poco: Andreas le emozioni le tiene per sé, mentre io le canto». Curioso, visto che qualche tempo fa in un’intervista Seppi ha detto che se non fosse diventato un tennista avrebbe fatto il cantante. «Papà mi racconta che da ragazzo Andreas si rinchiudeva nella mia vecchia camera e cantava. C’era da tapparsi le orecchie, ma lui credeva di essere portato e ha sempre avuto questo sogno nel cassetto. Grazie a Dio ha fatto il tennista, altrimenti era spacciato». Andreas per emergere si è ispirato a Yevgeny Kafelnikov, e a quel poster affisso in camera, mentre lei prova a seguire Elisa, Laura Pausini oppure Ultimo, vincitore di Sanremo giovani. Ma è più difficile arrivare in alto nel tennis o nella musica? «Non saprei. Nella musica c’è più varietà, più generi, e riuscire a farsi un nome è molto difficile. Ma non esiste un’età stabilita per avere successo. Ma in entrambi i casi servono tenacia, impegno e attitudine. Io sono determinatissima: quando mi fisso su qualcosa, divento un martello. Come nello sport, se il talento non è supportato dall’impegno non si emerge». Alla fine si torna di nuovo lì, allo sport e al tennis, troppo presente nella sua vita per restare confinato in un angolo. «Me lo porto dentro e nella mia musica ci sarà sempre. Grazie al tennis ho visto tanti luoghi, ho imparato lingue, ho coltivato amicizie. Tutti aspetti che vivono dentro di me». E che domani faranno parte della cantante che sarà. «I giocatori si allenano tutti i giorni e si stufano, ma quando li togli dal campo non vedono l’ora di tornarci. Lo stesso vale per me: non vedo l’ora di cantare, scrivere, registrare. Chi fa musica per il puro gusto di farlo, non smetterebbe mai».
Storia pubblicata sul numero di novembre 2018 de "Il Tennis Italiano"
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