ROLAND GARROS – Si arriva nuovamente al quinto set, ma stavolta non c’è magia. Fognini si arrende al francese e a un pubblico scatenato. Rammarico: il tabellone era molto favorevole…
Di Riccardo Bisti – 31 maggio 2014
Stavolta l’impresa non è riuscita. Il dispiacere, oltre al fastidio per aver perso dal "nemico" Gael Monfils, nasce dall’occassione perduta. Se Fabio Fognini avesse superato questo scoglio, avrebbe avuto un ottavo più che abbordabile contro Guillermo Garcia Lopez in vista di un possibile quarto contro Andy Murray, battuto nettamente in Coppa Davis meno di due mesi fa. E invece è andata male. I rimpianti sono molti perché Fabio avrebbe potuto farcela. Il francese si è imposto con il punteggio di 5-7 6-2 6-4 0-6 6-2. Un punteggio da montagne russe, sufficiente a spiegare quello che è successo. Qualsiasi analisi tecnico-tattica lascia il tempo che trova, perché ogni scambio tra Fognini e Monfils è una guerra di posizione, una battaglia psicologica che può chiudersi con una grande soluzione oppure con un pessimo errore. Ci sono stati due momenti-chiave, poi risultati decisivi. Nel terzo set, Fabio ha sciupato diverse chance. Avrebbe potuto strappare il servizio a Monfils sia sul 3-3 che sul 4-4, non ce l’ha fatta, e ha giocato un pessimo game di servizio sul 4-5. A quel punto, Monfils è “uscito” dal campo, cedendo il quarto addirittura a zero. Lì ha messo in atto una sublimazione del suo…”chiagnefottismo”. Non si muoveva più, tanto da far pensare addirittura al ritiro. Lasciava andare persino le palle che gli passavano accanto. Lì Fabio non avrebbe dovuto distrarsi, continuare a spingere senza pietà. Invece si è disunito e – forse – ha pensato che il più era fatto. Di sicuro, nei primi game del quinto set, non era il vero Fognini. Monfils ha ripreso a correre come un ottocentista, ed è salito rapidamente sul 3-0.
LA RICERCA DI UN EQUILIBRIO
L’azzurro ha avuto un sussulto d’orgoglio, riportandosi sul 2-3. Ha perso un sesto game combattuto (decisivo il punto perso sul 30-30) che poi ha proiettato Monfils verso una facile conclusione, senza particolari tensioni. Sotto 2-5, Fabio ha giocato un game di resa, profondamente diverso da quello che abbiamo visto quattro anni fa. Come detto, l’eliminazione di Wawrinka aveva reso il tabellone molto invitante. Fabio, sostenuto da un clan in cui erano presenti Flavia Pennetta e anche il giovane Filippo Baldi, non ha esagerato nelle manifestazioni di nervosismo, come se il suo atteggiamento fosse ancora un work in progress. E’ come se fosse in cerca del giusto equilibrio tra gli eccessi (che però gli danno grinta, lo fanno sentire vivo) e un atteggiamento più tranquillo, che però sembra scaricarlo un po’. A Roma, per esempio, era stato accusato di aver “accettato” la sconfitta con passività. Tocca ripetersi: il lavoro con Josè Perlas ha dato grandi risultati e continuerà a darne. Lo step più difficile è quello mentale. I progressi ci sono, ma non siamo ancora giunti al punto desiderato. Di solito Fabio si esalta con il pubblico contro: lo aveva mostrato nel 2010 proprio contro Monfils, e anche quest’anno nella trasferta di Davis in Argentina. Il clima da corrida gli trasmette adrenalina, concentrazione, rabbia. Oggi i francesi lo hanno beccato a suon di fischi, hanno fatto un gran tifo per Monfils, ma lui non ha reagito. Non ha tratto energie. Ha cercato di vincerla soltanto con armi tecniche, ma sul campo Suzanne Lenglen, contro 10.000 galletti a cresta alta, ci voleva qualcosa in più. Fognini non l’ha trovato.
TESTA BASSA E PEDALARE
La classifica non ne risentirà, poiché anche l’anno scorso perse al terzo turno (contro Nadal). Adesso viene un momento difficile, delicato. Riposo, un paio di tornei su erba e poi la lunga estate che partirà con la difesa dei titoli ottenuti l’anno scorso: tra Stoccarda, Amburgo e Umago ci saranno 900 punti ATP da difendere. Anche per questo, oltre che per il prestigio, la vittoria contro Monfils sarebbe stata molto preziosa. Ma ormai è storia. Bisognerà sedersi a un tavolo e capire cosa non ha funzionato. E rimettersi a lavorare ancor più duramente di prima. In fondo, la voglia di soffrire non gli è mai mancata. Oggi, più che mai, Fognini deve fare propria la frase di Serena Williams: “Lavorerò cinque volte più duramente, in modo da non perdere più”. Nessuno gli chiede di diventare imbattibile. Ma di arrivare al limite delle sue potenzialità…
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