Lo statunitense era stato squalificato per 13 mesi per aver saltato tre controlli antidoping, poi il primo titolo ATP e la rinascita

Il primo titolo ATP per Jenson Brooksby non è un successo come gli altri e non solo perché si tratta del primo titolo raggiunto alla quarta finale disputata. A Houston il classe 2000 del Delaware si è messo alle spalle due anni difficilissimi passati lontani dal tennis: nel 2023 con la vittoria su Casper Ruud e il terzo turno raggiunto agli Australian Open sembrava cominciata una grande carriera, poi ecco l’infortunio e l’operazione a entrambi i polsi che l’ha costretto a fermarsi. Oltre il danno, ecco la beffa: a luglio 2023, mentre stava svolgendo la riabilitazione per tornare in campo, arriva la squalifica di 18 mesi dall’ITIA per aver saltato tre controlli antidoping in un anno (situazione simile a quella accaduta anche a Mikael Ymer).
Una squalifica partita a ottobre che da 18 mesi è stata ridotta a 13 mesi e gli ha consentito di riprendere l’attività agli Australian Open con il ranking protetto. Qualche sconfitta normale dopo la lunga inattività, il primo successo stagionale arrivato nel Challenger di San Diego contro Wong, ma soprattutto la bella cavalcata a Indian Wells battendo prima Bonzi e poi Auger-Aliassime, arrendendosi nei sedicesimi a Draper. A Houston si è presentato da numero 507 del ranking con una wild card nelle qualificazioni e il suo percorso è stato estremamente tortuoso: la rimonta da 3-6 3-5 e il match point annullato a Federico Agustin Gomez al primo turno di quali, i tre match point consecutivi annullati a Alejandro Tabilo al secondo turno di main draw sul 3-6 del tiebreak del terzo e il match point cancellato a Tommy Paul in semifinale, fino alla vittoria 6-4 6-2 in finale contro Frances Tiafoe.
Proprio poco prima del ritorno in campo, Brooksby aveva deciso di aprirsi anche su un aspetto della sua personalità, la sindrome dell’autismo: “Non voglio più tenere per me questa questo argomento. È un qualcosa di molto personale che con il passare del tempo ho voluto condividere. L’autismo diventa un grande vantaggio nei momenti di pressione in campo, in quanto permette di concentrarmi su due o tre dettagli molto specifici per un lungo periodo di tempo. L’obiettivo è diventare un giocatore migliore”.
Un ragazzo che ha sofferto molto negli ultimi due anni e che arriva alla gioia più grande della carriera, per cercare di aprire un nuovo capitolo.