Eletto nel Players' Council dell'ATP, Vasek Pospisil mostra tanta voglia di lavorare per dei cambiamenti concreti, stuzzicato dalla (a suo dire) scarsa considerazione che l'ATP ha della mente dei giocatori. Due i punti cardine del suo "mandato": riformare la struttura del consiglio e ricavare una fetta maggiore degli introiti degli Slam. Oggi è circa il 7%.​Oltre che a decretare la morte della Coppa Davis come l’abbiamo conosciuta fino a oggi, il “sì” delle Federazioni alla riforma pensata da ITF e Kosmos ha evidenziato di nuovo un vizio degli organi che governano il tennis già noto e criticato da tempo: la scarsa considerazione delle esigenze dei giocatori e il quasi totale disinteresse nei confronti delle loro opinione. I protagonisti sono loro, gli impianti li riempiono loro, gli sponsor li attirano loro, le tv vogliono loro e via dicendo, eppure spesso non vengono nemmeno chiamati in causa, proprio come avvenuto sulla questione dell’Insalatiera. Come è normale che sia, ad alcuni dei diretti interessati interessa poco e ad altri di più, come per esempio al 28enne canadese Vasek Pospisil, che stanco di certe situazioni ha deciso di farsi avanti in prima persona. A Wimbledon è stato eletto per la prima volta nel Players’ Council ATP, in rappresentanza della fascia di giocatori che va dal numero 50 al numero 100, e in una bella intervista col sito Tennis.Life ha spiegato le priorità del suo mandato, mostrando un’attenzione al proprio sport comune a pochi colleghi. In primis desidera proporre una modifica alla struttura del consiglio, in modo che i giocatori possano avere una maggiore influenza nelle scelte che li riguardano, e poi si è posto l’obiettivo – già discusso spesso – di garantire ai giocatori una fetta maggiore degli introiti degli Slam, dei quali soltanto il sette (!) per cento circa viene restituito sotto forma di prize money. Per il canadese, oggi numero 94 ATP (ma con un best ranking di n.25), tutto è iniziato durante il meeting annuale obbligatorio dei giocatori, tenuto all’ultimo Us Open. “Stavo osservando delle presentazioni realizzate per noi giocatori – ha raccontato – ed era chiaro come facessero il possibile per nascondere i veri numeri, e non dare alcuna reale informazione. Era come un giochino politico per informarci pur tenendoci completamente disinformati. Mi ha infastidito il modo in cui hanno sottovalutato l’intelligenza dei giocatori. Così, ferito nell’orgoglio, ha deciso di intervenire.
“SENZA DI NOI I TORNEI NON SONO NULLA”
Dopo un decennio nel Tour, il canadese si è reso conto di essere ancora all’oscuro di molti aspetti che riguardano la sua vita sportiva, quindi si è fatto avanti, per se stesso e anche per gli altri. “Penso di poter fare un buon lavoro perché solo negli anni recenti ho giocato a tutti i livelli. Sono stato top-30, un top player in doppio (ha vinto Wimbledon nel 2014, ndr), ho giocato ATP, Slam, ora sto giocando dei Challenger, sono stato a contatto con tutti i livelli del nostro sport. Serve qualcuno che sia determinato a portare dei veri cambiamenti, e io lo sono. Ho tante cose da imparare, ma spero di abituarmi in fretta”. L’argomento più caldo è quello della distribuzione degli introiti degli Slam, secondo i giocatori totalmente sbilanciato a favore dei tornei. La risposta dei quattro Major è stata sempre pressoché la stessa: investono una fetta importante dei guadagni nella crescita globale del tennis, che porta benefici a tutti, ma naturalmente ai giocatori non basta. “Gli aumenti al montepremi non vanno di pari passo col la crescita di questi tornei. Non dico che in passato il consiglio non ci abbia provato, ma credo ci siano altre strade da percorrere. I tornei guardano ai loro interessi, ma anche noi abbiamo un business da mandare avanti. Dove li troviamo i soldi da investire? È da tutta la vita che lavoriamo per creare questo prodotto: siamo noi, che giochiamo ad alti livelli, e offriamo le nostre prestazioni ai tornei. Loro da questo ci guadagnano, e il fatto che restituiscano solo il 7% è ridicolo. Cosa sarebbero questi tornei senza i giocatori? Il tennis sta vivendo un boom, ma i nostri assegni sono sempre uguali. Tutti badano a quanto guadagna il vincitore, senza tener presente che la metà dei giocatori perdono al primo turno. 50.000$ per una settimana possono sembrare tanti, e sarebbe incredibile poterli guadagnare ogni settimana. Ma gli Slam sono solamente quattro e c’è un team da pagare per un anno intero. Ma soprattutto, siamo giocatori professionisti in un’industria che muove miliardi, e per arrivare lì abbiamo investito tantissimo e senza garanzie di ritorno”.
UN SISTEMA FAVOREVOLE AI TORNEI
Secondo Pospisil, dei maggiori guadagni per tutti potrebbero favorire anche una migliore distribuzione dei soldi ai livelli più bassi, altra grande priorità (o tale dovrebbe essere) del tennis attuale. “Non appena avremo ciò che meritiamo – ha continuato – potremo dedicare energie anche nell’ottica di una migliore distribuzione del denaro. Dobbiamo supportare l’intero sistema tennis, per far sì che anche le future generazioni non si perdano per strada, e per garantire maggiore stabilità anche a chi sta dietro. È assurdo che in un ambiente ricco come il tennis sia necessario essere fra i primi 150 del mondo per potersi definire professionisti”. L’altro punto sul quale Pospisil spingerà è un cambio dell’attuale struttura del Consiglio, che di fatto rende difficilissima l’approvazione di modifiche importanti. Al momento, infatti, i voti che spettano ai giocatori nel Board ATP sono tre, gli stessi a disposizione dei rappresentanti dei tornei. Di conseguenza, se le due parti si trovano in totale disaccordo per sbrogliare la parità tocca intervenire al CEO ATP, che risulta praticamente costretto ad assecondare l’interesse dei tornei. “I tornei non saranno mai dalla stessa parte dei giocatori, né sulle piccole né sulle grandi cose. Fa parte dei business, e lo capisco. Ma se la struttura rimane questa sarà sempre favorevole a loro: dobbiamo lavorare per cambiarla”. Le convinzioni di Pospisil sono talmente decise che vien da pensare che possa addirittura essere un ottimo presidente, magari fin da subito, visto che le votazioni si terranno alla vigilia dello Us Open. “Non è qualcosa a cui ho pensato – ha ammesso – ma se mi eleggessero sarebbe un onore, accetterei la carica con entusiasmo. Questo per il tennis è un ottimo periodo, e mi piacerebbe lavorare per dei cambiamenti importanti. Se fossi votato come presidente mi adatterei in fretta al mio ruolo e mi impegnerei per trovare idee e strategie che possano fare del bene a tutti i giocatori. E soprattutto, terrei sempre ben presente l’obiettivo principale: lavorare con correttezza per il bene del circuito e di noi giocatori, anche qualora ci fossero da prendere delle decisioni difficili”. Fossimo nei suoi colleghi gli daremmo fiducia. Se la merita.