Nick Kyrgios non potrà più giocare i tornei junior. Ma è già tra i top-200 ATP e ha esordito in Coppa Davis. Il rito dell’iniziazione è andato bene: adesso deve soltanto esplodere…
L'esordio in Coppa Davis di Nick Kyrgios è stato più che positivo
Di Riccardo Bisti – 22 novembre 2013
Il rito dell’iniziazione esiste ovunque. A scuola, quando metti piede al liceo, ti battezzano infilandoti la testa sotto il rubinetto. Quando si presentò al Torino, i compagni dissero a Gigi Meroni che Nereo Rosso voleva essere chiamato “Mister”. Lui obbedì, prendendosi i rimbrotti del Paron. Era entrato nel gruppo. Il rituale esiste anche nel team australiano di Coppa Davis, dove è appena entrato il giovanissimo Nick Kyrgios. Mezzo greco e mezzo malese, ha pensato che una poesia avrebbe potuto essere una buona idea. “L’ho recitata davanti ai miei compagni. Pensavo che fosse una buona idea, ma in realtà era piuttosto scadente. L’ho scritta con il cuore, era dedicata ai ragazzi. Tutto questo ha reso tutto ancora più strano”. Forse avrebbe dovuto chiedere alla sorella, che di mestiere fa l’attrice ed è più brava di lui a improvvisare. Lavora in Cina, si occupa di teatro musicale. “Penso proprio che sia più famosa di me, in fondo io non ho ancora fatto niente” ha detto in un’intervista-confessione con The Age. Tuttavia, le cose potrebbero cambiare in fretta. Da quando si è messo a dieta, Kyrgios ha messo il turbo. E’ l’unico Under 19 tra i primi 200 ATP. Un exploit che gli ha consentito di entrare in nominatione per la “Newcombe Medal”, una specie di oscar del tennis australiano. Gli altri candidati si chiamano Lleyton Hewitt, Bernard Tomic e Samantha Stosur. E pensare che non era un grosso appassionato di tennis quando la madre lo ha spedito sul campo. “Non ero per nulla entusiasta”. Aveva 4 anni e lo portarono sui campi Lyneham di Canberra. “Preferivo stare davanti alla TV, arrivati al campo mi sono messo a piangere. Non volevo giocare. Ero anche un po’ paffuto. Ho dovuto lavorare duramente per togliermi di dosso il peso superfluo”. Appunto.
Piano piano, si è reso conto di avere un talento. Ed eccolo qui, al numero 187 ATP. Durante l’estate australiana, sarà tra gli osservati speciali. In questo periodo sta smaltendo i postumi di un infortunio al gomito, ma dovrebbe comunque avere una wild card per l’Australian Open. E magari un campo importante. Tutto questo non lo spaventa. In fondo, nel debutto in uno Slam, ha battuto quel Radek Stepanek che oggi è osannato per la vittoria in Davis. Allo Us Open, ha messo in difficoltà David Ferrer. Lo spagnolo è sempre molto gentile nei giudici, ma sembrava sincero quando ha detto che Kyrgios sarebbe diventato un ottimo giocatore. “Credo che si possa imparare molto durante gli Slam – ha detto Nick – devi essere a posto fisicamente, ma sul piano del gioco non ero così lontano da Ferrer. Si, è stata una partita che mi ha messo fiducia”. Un paio di settimane dopo, Pat Rafter lo ha fatto esordire in Coppa Davis. Forse si è fatto intenerire dalla poesia del rookie. Per poco non veniva ripagato da una vittoria contro il forte doppio polacco. Insieme a Chris Guccione, ha perso in cinque set contro Fyrstenberg-Matkowski. Già che c’era, ha giocato qualche game a risultato acquisito, prima che Przysiezny si ritirasse. Di sicuro ha portato fortuna: l’Australia è di nuovo nel World Group. “E’ stata un’esperienza fantastica, non dimenticherò mai quando hanno pronunciato il mio nome do quello di Hewitt. Lui e Pat mi hanno dato un mucchio di consigli”.
Per ora è tutto bello, ma adesso arriverà il difficile. La transizione da junior a professionista è sempre difficile, anche se lui ha già vinto un torneo challenger. Di sicuro non gli manca il carattere. “I tornei junior sono una tutta un’altra cosa. Essere numero 1 junior non significa nulla. Ovviamente è stata una bella parentesi della mia vita, ma c’è ancora molto lavoro da fare. L’anno prossimo voglio entrare tra i top-100, forse anche tra i top-50. Penso che sia un obiettivo raggiungibile. Se mi circonderò delle persone giuste, penso di potercela fare”. E pensare che fino a qualche anno fa aveva obiettivi ben diversi. Quando studiava presso il Daramalan College, era un ottimo giocatore di basket. A un certo punto, come è capitato a tanti atleti, ha dovuto scegliere tra il pallone a spicchi e la racchetta. “Mi piace tutto del tennis – dice – sono un agonista, mi piace svegliarmi presto la mattina e andare in palestra. Allenarmi duro. Il tennis è affascinante perchè devi superare le sfide. E quando le vinci, non c’è sensazione migliore”. Il suo tennista preferito è Jo Wilfried Tsonga, ma deve ancora riprendersi dall’emozione provata nell’avere l’armadietto dello spogliatoio accanto a Federer e Del Potro. “E’ successo allo Us Open. Ero un po’ intimidito, ma in fondo me lo ero meritato perchè avevo superato le qualificazioni. Speriamo che un giorno io possa arrivare a competere con loro”. Quel giorno potrebbe non essere troppo lontano. E nel frattempo lo hanno già fatto palleggiare con Djokovic. L'iniziazione è definitivamente compiuta.
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