30 anni dopo il successo a Wimbledon, Pat Cash “gioca” i Championships a fianco di Coco Vandeweghe. La sua fascia a scacchi non si può più utilizzare, perché è troppo “colorata”. Ma Coco, che ha passato il primo turno, è convinta della bontà della sua scelta. “Ho bisogno di un coach che sia motivato come me, se non di più”.

Il clan di Mona Barthel aveva ottime ragioni per essere felice, prima del match a Wimbledon contro Coco Vandeweghe. Quasi uscita dalle top-200, la tedesca ha saputo tornare competitiva. A Londra era tra le più forti escluse dalle teste di serie. E' una giocatrice “in fiducia”, come si suol dire. Già, la fiducia: l'ingrediente che mancava alla Vandeweghe. E pensare che sei mesi fa, in Australia, aveva giocato il miglior torneo della sua carriera, perdendo soltanto in semifinale. Coco era esplosa tre anni fa Wimbledon, dove peraltro aveva mostrato una certa personalità, accusando di antisportività Maria Sharapova, rea di muoversi mentre Coco preparava il servizio. Con il suo tennis potente e aggressivo, Wimbledon è lo Slam dove può fare le cose migliori. Ma si era presentata in cattive condizioni: subito KO a Parigi, ha perso al primo turno anche a 's-Hertogenbosch. A Birmingham stava giocando bene, poi si è dovuta ritirare durante il match contro la Muguruza. A Londra, dunque, vede una viva occasione di riscatto. Si spiega anche così il sovraccarico agonistico e mentale durante il match contro la tedesca, vinto con un netto 7-5 6-2. Ma la sua esaltazione ha radici più profonde, una carica che parte dal suo angolo. Poco prima di Wimbledon, ha chiuso la collaborazione con coach Craig Kardon e ha siglato un accordo con Pat Cash, campione su questi stessi prati nel 1987. Sul Campo 18 c'era anche lui. Qualche fila sopra, il cronista di Tennis Magazine Ed McGrogan, che ha provato a carpire qualche segnale tra coach e giocatrice. In fondo, era un esordio anche per Pat. Pur essendo rimasto nell'ambiente, non allenava da parecchio tempo. E aveva seguito soltanto uomini (Philippoussis, Rusedski e Spadea). A quando pare, la comunicazione non è stata un granché. Intimava a Coco di prestare massima attenzione al primo punto del game e di essere pronta “per questo” quando si stava per giocare un punto importante. Per il resto è stato a lungo in silenzio, controllando le statistiche del match sul telefonino. Lei era scatenata, lui era tranquillo. Sul campo, l'americana ha fatto la differenza con il dritto. Sull'erba, il suo colpo incrociato può essere letale. Imprime grande rotazione e azzecca angoli decisamente acuti.

I GRANDI OBIETTIVI DI COCO
Un mix devastante, che rilanciato le quote della Vandeweghe in vista di un torneo senza favorite. A un certo punto, Cash le ha chiesto di prestare attenzione al suo gioco di gambe. Non ne ha avuto un gran bisogno, perché la potenza è bastata per mettere in un angolo la Barthel. L'avventura proseguirà giovedì, contro Tatjana Maria. Dopo il match, tra un ringraziamento e l'altro, i due si sono ritrovati e hanno passeggiato tranquillamente verso le aree riservate. Dopo la partita, Coco ha spiegato che il loro rapporto potrebbe non essere semplice, vista una differenza d'età di 27 anni. “Mi ha avvicinato alle rockband degli anni 80, di cui non sapevo nulla. Continuo a ricordargli che sono nata nel 1991. Quest'anno cade il trentennale del suo successo a Wimbledon. E' un bel numero per avere una celebrazione, spero che trasmetta un po' di magia anche a me”. Rispetto ad allora, tuttavia, le regole di Wimbledon sono ancora più severe: se nel 1987 Cash fece tendenza con la sua fascia a scacchi, oggi un indumento del genere non sarebbe accettato: troppo colore. “Ho accarezzato l'idea di indossare una fascia per provare quel look, ma non so se riuscirò mai a farlo” ha detto l'americana. Per festeggiare il 4 luglio, giorno dell'Indipendenza americana, ha comunque indossato una maglietta con disegnata la bandiera americana (rigorosamente fuori dal campo). Il massimo, per una come lei. “Ho sempre creduto di poter vincere uno Slam, e anche di poter diventare la numero 1 del mondo. Sono i miei sogni sin da quando sono piccola – ha detto la Vandeweghe – è fantastico avere come coach qualcuno che crede le stesse cose e vuole raggiungere gli stessi obiettivi. Prima di iniziare, mi ha chiesto cosa stessi cercando. Io gli ho chiesto cosa volesse. Quando assumo un allenatore, voglio assicurarmi che sia motivato quanto me, se non di più”. Visto quanto successo a Parigi, non c'è un momento migliore per sperare in un colpaccio. Fedele alla sua personalità, la Vandeweghe non bluffa: “Quello che si è visto a Parigi non mi ha ispirato più di quanto non fossi già. La vittoria della Ostapenko non ha cambiato di una virgola le mie idee”. Potrà sembrare arrogante, forse la è, ma Coco si assume le proprie responsabilità. Sempre.