Non ha mai avuto la soddisfazione di vincere il torneo di casa. Per carità, Robin Soderling ha vinto un paio di volte a Bastad. Proprio allo Swedish Open ha giocato la sua ultima partita prima di ammalarsi di mononucleosi. Una forma talmente violenta che l'ha costretto al ritiro, peraltro dopo parecchi tentativi di rientro. Ma Stoccolma, la mitica Kungliga Tennishallen, è un'altra cosa. Ci ha giocato un paio di finali: nel 2003 contro Mardy Fish, quando era un ragazzino di belle speranze, e nel 2008 contro David Nalbandian. Niente da fare. Adesso l'impianto è ancora casa sua: ci porta la figlia Olivia, frutto del matrimonio con Jenni Mostrom. La bambina ha cinque anni, poi nel 2015 si è aggiunto Fred. “Non aveva neanche tre anni quando ha iniziato – dice Soderling, inaugurando un'interessante intervista con Expressen, proprio durante il torneo di Stoccolma – mi piace molto l'idea che faccia sport. Non gioca soltanto a tennis, fa anche ginnastica e basket. Anche io facevo tanti sport, non voglio che i miei figli si perdano dietro a cellulari e videogiochi”. Soderling è allo Stockholm Open nelle vesti di coach, poiché da qualche mese allena l'ex grande speranza Elias Ymer. Il progetto è partito bene: Ymer aveva bisogno di un salto di qualità dopo aver cambiato diversi coach ed essere rimasto indietro rispetto ai migliori della sua generazione. Lo è ancora, ma le cose vanno meglio. A Stoccolma ha sfiorato il successo contro Fabio Fognini. Pur facendo il coach, Soderling ha da poco compiuto 33 anni. È più giovane di Roger Federer, non troppo più anziano di Nadal. Però è stato costretto a ritirarsi per motivi di salute.
STANCHEZZA PERENNE
“È stato estremamente difficile accettarlo. Tutti si domandavano se fosse un problema più fisico o mentale – racconta l'ex n.4 ATP – è stato soprattutto fisico. Mi è venuta la mononucleosi perché mi allenavo troppo. Non mi sono fermato davanti a nulla, per me il tennis era più importante di tutto. Non mi interessava se dopo sarei rimasto in sedia a rotelle. Girava tutto intorno al tennis”. Soderling potrà raccontare di aver vinto la sua ultima partita, a Bastad contro David Ferrer. Ma è stato il preludio a un inferno. “C'è stato un periodo in cui ero sdraiato sul letto, dovevo andare in bagno ma nel tragitto mi dovessi sedere a metà strada: è stato terribile”. Nonostante tutto, ha continuato a fare tentativi fino a quando ha dovuto alzare bandiera bianca. “Purtroppo, non puoi sconfiggere il tuo corpo”. In una decina d'anni carriera, tuttavia, ha guadagnato molti soldi. Non sa (o non dice) esattamente quanto, ma circa 10-11 milioni di montepremi e parecchi soldi in sponsorizzazioni lo hanno messo a posto per una vita. “Il denaro offre sicurezza, ma non credo che avrei vissuto diversamente se avessi avuto 10 miliardi in banca. Molti inseguono i soldi per averne sempre di più: così non mi piace, anche se è bello poter fare tutto quello che si vuole”. In fondo lui è cresciuto a Tibro, in una famiglia semplice. Entrambi i genitori lavoravano in comune. Non vivevano certo nell'oro.
TANTE ATTIVITÀ
“Ovviamente i miei figli cresceranno in condizioni diverse, ma non li voglio rovinare. Ci vuole rispetto per il denaro. Quando mia figlia vuole qualcosa, le dico che per prenderla deve togliere i soldi dal salvadanaio. E così non la vuole più!”. Fino a qualche tempo fa, i Soderling vivevano in centro a Stoccolma. Adesso si sono spostati nel lussuoso quartiere di Djursholm. La casa è costata l'equivalente di 3 milioni di euro (“Ma perché l'abbiamo dovuta ristrutturare” dice, quasi a scusarsi). Una casa enorme, forse troppo grande, ma che si affaccia sull'acqua. Come vicino di casa c'è il famoso hockeista Mats Sundin: normale che diventassero amici. “Con tutto quello che ho guadagnato, oggi potrei stare tutto il giorno sul divano, ma non mi va”. Attualmente Soderling ha tre attività principali: oltre ad allenare Ymer, collabora con l'agenzia di scommesse Unibet e, soprattutto, ha la sua ditta di racchette e palline, RS. “Che va benissimo, oltre ogni aspettativa”. Insomma, il buon Robin, autore della peggiore sconfitta di Nadal a Parigi, continuerà ad essere legato al tennis. “Non so dove potrà arrivare Ymer. Non ci siamo posti obiettivi, non ha senso perché non puoi controllare quello che fanno gli altri. Vorrei soltanto che a fine carriera possa dire di aver raggiunto il 100% del suo potenziale, a prescindere dal ranking”. Quando gli hanno chiesto se lui l'ha ottenuto, non ha dubbi. “Sì, almeno negli ultimi 6-7 anni di carriera. Però avrei potuto essere più intelligente”.