Mona Barthel stava per interrompere l’imbattibilità stagionale di Vika Azarenka. Ha perso 7-6 al terzo, ma va seguita con attenzione. Conosciamola meglio.
Mona Barthel ha trovato la forza di sorridere nonostante la sconfitta al fotofinish contro la Azarenka

Di Riccardo Bisti – 10 marzo 2012

 
Per poco non faceva il colpaccio. Mona Barthel compirà 22 anni a luglio, ma è una tennista “vera” solo da qualche mese. Aveva iniziato il 2011 fuori dalle top 200, lo ha chiuso in 67esima posizione. Quest’anno è partita alla grande, vincendo a Hobart il primo titolo WTA in carriera. Ma l’esplosione di popolarità è arrivata a Indian Wells, quando è stata ad un soffio dal battere Vika Azarenka. Per la bielorussa sarebbe stata la prima sconfitta stagionale dopo 17 vittorie, di cui due proprio contro la Barthel (6-2 6-4 in Australia e 6-1 6-0 a Doha). Invece, dopo essere stata sotto 6-4 5-1, la tedesca ha vinto 10 dei successivi 12 game ed è arrivata ad un passo dall’impresa. Sul 4-1 per lei al terzo le è tremato il braccio, e si è arresa al tie-break. “E’ una bella sensazione uscire vincitrici da un match come questo – ha detto la Azarenka – ma devo fare i complimenti alla mia avversaria, ha giocato un tennis incredibile, migliore rispetto ai nostri match precedenti. Ha tirato colpi eccezionali, mi ha fatto giocare male. Non avevo sentito parlare di lei fino a qualche emse fa. Sta crescendo, è pericolosa”. La diretta interessata è di poche parole. “Ho cercato di restare calma, ma lei è la numero 1 ed ha meritato di vincere”. E poi ha detto “Non lo so” sia quando le hanno chiesto come mai ci sono così tante giocatrici tedesche su buoni livelli (hanno ben quattro top 20) sia in merito agli obiettivi per il 2012. Per conoscerla meglio, allora, vale la pena riportare un’intervista riportata qualche giorno fa sul sito della WTA. Se la è meritata, non solo in virtù dei buoni risultati di inizio anno, ma anche per tutto quello fatto nel 2011, con tre vittorie e due finali nel circuito ITF (ha vinto anche a Mestre) e la semifinale a Copenhagen, battuta solo dalla Wozniacki.
 
Dove abiti e dove sei cresciuta?
Sono nata a Bad Segerberg perché mio padre lavorava nell’ospedale di quella città, ma ho trascorso tutta la mia vita a Neumuentster. E’ una cittadina di 80.000 abitanti che si trova tra la Danimarca e Amburgo. Essendo vicina al Mar Baltico, da ragazzina ho trascorso moltissimo tempo al mare.
 
Come hai iniziato a giocare a tennis?
Ho iniziato molto presto perché mia sorella, 6 anni più grande di me, giocava a tennis e ho voluto provare a imitarla. Mi andavo sempre ad allenare con lei e appena potevo prendevo una racchetta in mano. Avrò avuto 3 anni e ovviamente giocavo con i bambini della mia età.
 
Raccontaci qualcosa della tua famiglia.
Mio padre si chiama Wolfgang e fa il dottore, mentre mia mamma si chiama Hannelore ed è una maestra in pensione. Siamo una famiglia di sportivi: mio padre è stato campione europeo nel lancio del peso ed anche mia mamma ha fatto atletica, anche se solo a livello locale. Mia sorella Sunna avrebbe voluto intraprendere la carriera di tennista ma ha dovuto smettere molto presto a causa di un infortunio alla spalla.
 
Da ragazzina hai fatto pare di qualche programma federale?
No, non ho mai avuto a che fare con la federazione tedesca. All’età di 9 anni sono andata ad allenarmi in una città a un’ora di macchina da Amburgo. Adesso mi alleno a Waalstedt, vicino a casa mia, e divido il mio tempo tra la sede degli allenamenti e Neumuentster.
 
I tuoi idoli da ragazzina?
Di sicuro Steffi Graf. Fino a 7-8 anni di età volevo sempre avere i suoi abiti e la sua racchetta. L’ho amata così tanto che mia mamma, quando ero piccola, diceva che avrei dovuto chiamarmi Steffi!
 
Fino ad oggi, qual è il più bel ricordo della tua carriera?
Certamente la vittoria al torneo WTA di Hobart. Ma è stato molto bello anche arrivare al terzo turno dell’Australian Open.
 
Come descriveresti il tuo tennis?
Penso di essere brava tatticamente, mi piace pensare sul campo da tennis. Cerco sempre di variare, di non adottare mai la stessa tattica. I miei punti di forza sono la mentalità, il servizio e i movimenti. Ovviamente sto lavorando per cercare di migliorare su ogni colpo.
 
Fuori dal campo che tipo di lavoro fai?
Semplice palestra, niente di particolare. In passato ho fatto un po’ di yoga, ma non così tanto.
 
Come ti rilassi quando sei fuori dal campo?
Ascolto musica, esco con gli amici, navigo su internet, guardo qualche film. Quando mi trovo in una nuova città mi piace visitarle e scoprire cose nuove.
 
Cosa avresti fatto se non fossi diventata una tennista?
Probabilmente avrei continuato gli studi, o forse avrei provato a fare un altro sport. Forse l’atletica leggera, perché mi hanno sempre detto che ero brava.
 
Hai un allenatore con cui viaggi a tempo pieno durante la stagione?
No, solo mia madre viaggia con me a tempo pieno. Non ho un coach che mi segue per i tornei. Quando sono a casa, il mio allenatore è Mike Schuerbesmann e mi alleno con i ragazzi che frequentano il club.
 
La tua superfice preferita? Il torneo che ami di più?
La superficie potrebbe essere il cemento, ma mi trovo bene dappertutto. Il torneo? Direi l’Australian Open.
 
Che tipo di percorso scolastico hai avuto?
Ho fatto una scuola speciale in Germania che mi ha fatto diplomare un anno prima rispetto ai miei coetanei. Durante la scuola giocavo tornei solo durante il periodo delle vacanze, e nessuno sapeva che ci stavo provando seriamente. Nel 2009 mi sono diplomata, e nell’agosto di quell’anno sono diventata professionista.
 
I tuoi obiettivi a breve e lungo termine?
Non mi piace fissare obiettivi specifici. Voglio continuare a giocare, cercare di migliorarmi e divertirmi sul campo.