Alla base di un ritrovato Grigor Dimitrov non c’è solamente il lavoro con coach Dani Vallverdu, ma anche una nuova serenità che ne ha rilanciato le ambizioni. Toccare il fondo l’ha aiutato a guardarsi dentro: ha capito che il tennis è tutto ciò che ha, ha fissato dei nuovi punti cardine nella propria vita ed è ripartito alla grande. “Conta solo la volontà”.

Non è facile essere Grigor Dimitrov. È bastata una tecnica sopraffina, il rovescio a una mano e una vittoria sull’erba di Wimbledon juniores, per cucirgli addosso l’etichetta di “nuovo Federer”, quando era ancora un ragazzino in cerca di gloria. Una benedizione che all’inizio lusinga, poi piace sempre meno, quindi inizia a pesare e alla fine diventa insostenibile. Il venticinquenne bulgaro ha vissuto tutte le quattro fasi, scalando la classifica ATP fino all’ottava posizione raccolta con la semifinale a Wimbledon, prima di entrare in un pericoloso circolo vizioso. È diventato meno incisivo, più vulnerabile, più battibile e la sua testa è andata in tilt, come ben dimostrato dalla finale giocata a maggio a Istanbul, chiusa con un penalty game per aver fracassato tre racchette una via l’altra. Più o meno le stesse che Federer ha rotto in oltre quindici anni di carriera, giusto per stare in tema di paragoni. Una sfuriata che gli ha lasciato in eredità tanti fischi e cinque primi turni di fila, più una classifica scesa al numero 40 e la necessità di fermarsi, per guardarsi dentro e cercare una risposta. Quella che “Grisha” ha trovato in Dani Vallverdu. Il coach venezuelano, scaricato da Berdych a maggio e poi “provato” (invano) da Del Potro a Wimbledon, ha avuto il merito di capire in fretta quale fosse il problema, e lo raccontò subito: “Grigor ha bisogno di ritrovare la sua identità. Un’identità persa un po’ qua e un po’ là, fra sconfitte inspiegabili, uno stile di gioco che sentiva sempre meno suo e la voglia di svagarsi fuori dal campo. Allora l’ha aiutato a ripartire, rispolverando uno via l’altra tutte le basi.



TOCCARE IL FONDO PER RIPARTIRE
La tecnica Dimitrov se la porta da casa, i muscoli sono arrivati sotto la guida di Rasheed, mentre la tattica è merito di un Vallverdu che ne ha semplificato un gioco in cui la varietà era diventata un problema, al motto di fare poche cose ma fatte bene. La ritrovata serenità, invece, è solo merito di Grigor. Il lungo periodo buio l’ha aiutato a scacciare finalmente i paragoni con Federer e mettersi il cuore in pace. Ha toccato il fondo, ci si è seduto a riflettere e ha capito che la fama del bello ma perdente non gli bastava. Ne ha parlato lui stesso a Pechino, dove ha raccolto l’ennesimo risultato di spessore da quando c’è Vallverdu sulla sua panchina, prendendosi finalmente lo scalpo di un Nadal che l’aveva battuto sette volte su sette. In Cina gli hanno chiesto se il ritorno a buoni livelli fosse figlio di un momento specifico in cui è riuscito a ritrovarsi, e lui ha dato una risposta di due minuti. Segno che sentiva il bisogno di condividere il processo che l’ha reso di nuovo un giocatore importante, e pure di mostrare di essere maturato parecchio, come uomo. “Nell’ultimo anno e mezzo – ha raccontato in conferenza stampa dopo il successo su “Rafa” – ho vissuto un processo che mi ha aiutato a imparare tante cose. Per un giocatore che è stato nei primi 10, e conoscendo le mie capacità, dover praticamente ricominciare la scalata da capo è difficile. Ma ho dovuto accettarlo e ritornare alle basi. Credo che in alcuni periodi mi siano mancate un po’ di cose, dentro e fuori dal campo. Non ero felice di come stessi giocando e di come mi stessi allenando. Nella mia mente c’erano aspetti che volevo cambiare, costruire in maniera diversa, un sacco di emozioni contrastanti e di pensieri”.



“NON IMPORTA DOVE SEI, MA COSA VUOI”
Proprio la situazione difficile l’ha aiutato a guardarsi dentro, aiutandolo in un importante percorso di maturazione. “Mi sono chiesto cosa farei se non giocassi a tennis, o cosa potrei fare se mi allenassi di più. Credo che ogni persona nella propria vita arrivi a un punto in cui tira una riga e decide cosa vuole fare sul serio. Io mi sono creato un mio mondo, mi sono dato delle regole, e mi sono circondato di determinate persone. Sono grato del fatto che tutto sia andato nel modo in cui è andato, perché mi ha aiutato a capire tante cose”. E potrebbe aver restituito al circuito ATP un giocatore che deve stare fra i primi dieci, senza se e senza ma. “Nel tennis non basta giocare bene una o due settimane, bisogna tenere lo stesso livello per l’intera stagione. Ma se uno ha le basi e la forma, tutto è possibile. Non importa dove sei, che classifica hai, chi ti allena, il tuo team, e tutte queste cose. Conta solo la volontà. Negli ultimi mesi la calma mi ha aiutato a superare un sacco di cose. Ora sono motivato ogni singolo giorno ad alzarmi e provare a dare il massimo in tutto ciò che faccio”. Ecco spiegato come si sia rimesso a lavorare con umiltà, a testa bassa, tornando il Dimitrov che vale la pena guardare perché è garanzia di spettacolo, non di occasioni sprecate. Quello che non sarà mai l’erede di Federer, né probabilmente diventerà numero uno, ma le partite è più bravo a vincerle piuttosto che a perderle. E visto che Vallverdu ha ripetuto che il loro è un progetto a lungo termine e siamo solo all’inizio, conviene stare sull’attenti. Ne vedremo delle belle.

GLI HIGHLIGHTS DELLA VITTORIA CON NADAL
LA SCHEDA ATP DI GRIGOR DIMITROV