Chissà dov'era e cosa faceva, Belinda Bencic, quando Justine Henin ha battuto per l'ultima volta Serena Williams. Nel settembre 2007 aveva appena 10 anni, anche se c'era già un progetto di campionessa. Forse avrà visto quel match, o forse no. Di certo era a pochi metri da lei quando Justine (a Toronto perché ammessa alla Hall of Fame della Rogers Cup) si è detta delusa dalle giocatrici di oggi. A suo dire, nessuna è davvero in grado di impensierire Serena Williams. “Alcune giocano un grande tennis, ma manca la giusta continuità” ha detto, indicando Azarenka e Halep come le più indicate al golpe. Nessuno, davvero nessuno, pensava che la 18enne di Flawil potesse rifilare la seconda sconfitta stagionale a Serena, il cui bilancio era di 40 vittorie e una sola sconfitta (a Madrid con la Kvitova). Invece la dolce Belinda ha infilato un 3-6 7-5 6-4 che entra nella storia e si prenderà tutte le prime pagine. Siamo onesti: il match più atteso della notte era Murray-Nishikori a Montreal. I malanni del giapponese l'hanno ridotto a una farsa, con tanto di fischi del pubblico. E così lo spazio è tutto per Belinda, che avrà appena 16 ore di tempo per recuperare in vista della finale contro Simona Halep (ci ha perso l'unico precedente, l'anno scorso a Wimbledon). Ma alla sua età il recupero è l'ultimo dei problemi. Semmai sarà interessante osservarla alla sua prima finale importante, peraltro dopo un filotto di vittorie impressionanti: prima di Serena, aveva messo in riga Bouchard, Wozniacki, Lisicki e Ivanovic. All'Aviva Center di Toronto ha fatto esattamente quel che predicava la Henin: giocare, crederci, non pensare più di tanto all'avversaria. Mostrare personalità, ma senza cadere nella presunzione.
LO STILE DI MARTINA
L'inizio è stato terribile: sotto 5-1, sembrava l'ennesima vittima sacrificale. Ma poi ha preso fiducia, ha vinto il punto più bello della partita (volèe vincente dopo una “parata” su un passante ravvicinato di Serena) e ha preso un break di vantaggio nel secondo. Ha approfittato di una Serena così così, più che stanca poco abituata a match di questa intensità. Il gran merito di Belinda è stato proprio questo: obbligarla a scambi complicati, faticosi, in cui c'era bisogno di tirare fuori il meglio. Ma la miglior Serena, ad oggi, non c'è. Dopo Wimbledon ha giocato una partita a Bastad, poi ha staccato: vuoi per riposare, vuoi per sistemare il problema al gomito destro. Normale che non fosse al massimo, normale che abbia la testa allo Us Open. Ma la Bencic ci ha fatto capire che, se messa sotto pressione, anche lei può andare fuori giri. Lo ha mostrato soprattutto al servizio, commettendo ben 12 doppi falli (inusuale, ma aveva una fasciatura al polso sinistro) e crollando fisicamente in avvio di terzo. Come un ciclista in crisi di fame durante una scalata, Serena ha perso sei giochi di fila (da 5-5 nel secondo a 0-4 nel terzo), soprattutto perché non ha sfruttato neanche una delle tante occasioni di brekkare Belinda. Da par suo, la svizzera era stata bravissima nelle fasi delicate del secondo set. Avanti 5-3, ha buttato via un setpoint con un doppio fallo, si è fatta riprendere, poteva andare sotto 6-5, invece è rimasta a galla col suo tennis che fa venire i lucciconi perché ricorda – per davvero! – quello di Martina Hingis, spesso seduta al suo angolo. Davanti alla TV ci sarà stata Melanie Molitor, mamma di Martina, decisiva nel forgiare lo stile di gioco di Belinda. “E' diversa dalle altre teenagers – ha detto Caroline Wozniacki – colpisce la palla in anticipo, sa dove metterla. Non ha molta potenza ma è una pensatrice. Questa è la sua più grande forza”. Proprio come la Hingis, con cui condivide le origini slovacche.
PRIMA I NERVI SALDI, POI LA COMMOZIONE
Se migliorerà sul piano atletico, beh, può essere tra le più credibili candidate al dopo-Serena. Non crediamo che la notte dell'Ontario abbia sancito un passaggio di consegne. Anzi: allo Us Open, dovessero ritrovarsi, l'americana vincerebbe in due set. Ma è una vittoria che scandirà il futuro della Bencic: a 18 anni è la più giovane a battere Serena dai tempi di Maria Sharapova, che la superò nella finale del Masters 2004 (rimontando da 0-4 al terzo, approfittando di un'avversaria azzoppata). Nel 2007, a Charleston, l'americana si ritirò contro Yung-Jan Chan, ma è solo pane per gli statistici. La verità che poche giocatrici avrebbero battuto questa Williams. Specie quando, sotto 1-5 nel terzo, ha deciso di mettere tutto quello che aveva. Cuore, classe, orgoglio di campionessa. 5-2, 5-3, 5-4…non deve essere stato facile, per Belinda, sentire il vantaggio che si assottigliava e Serena che ruggiva. Ma ha saputo dare l'ultima zampata, prima di mettersi le mani sul viso, inginocchiarsi….senza sapere bene cosa fare. Serena ha apprezzato la modestia e la sobrietà della svizzera e le ha tributato una cordiale stretta di mano. E poi Belinda si è commossa quando ha ringraziato papà Ivan, pure lui piangente a bordo campo. Non si può dire che il tennis abbia trovato una stella: Belinda aveva già iniziato a brillare. Ma la notte di Ferragosto, che due anni fa sancì il ritiro di Marion Bartoli, ci ha detto che Belinda non è più una promessa. E' diventata una certezza.
WTA PREMIER FIVE TORONTO – Semifinale
Belinda Bencic (SUI) b. Serena Williams (USA) 3-6 7-5 6-4
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