IL CASO – Il mercato del tennis si è arricchito di nuovi brand, desiderosi di togliere una fetta di mercato ai marchi tradizionali. I primi testimonial? Djokovic, Berdych, Raonic e Stephens.
Milos Raonic è il top testimonial di New Balance
Di Riccardo Bisti – 8 dicembre 2013
Fino a pochi anni fa, bastava accendere la TV e c’era la certezza di trovare i soliti 4-5 loghi sulle divise dei giocatori. Ancora oggi, buona parte dei top-players sono sotto contratto con le solite aziende. Federer, Nadal, Sharapova e Serena Williams indossano lo ‘swoosh’ Nike. L’altro colosso Adidas veste Murray, Tsonga, Wozniacki e il nostro Fognini. L’italiana Lotto tiene duro con personaggi di livello come Ferrer e Radwanska, senza considerare Gianluigi Quinzi. Tuttavia, stanno emergendo alcuni brand non propriamente tennistici. Si tratta di marchi di lifestyle e fast-fashion che hanno messo in atto investimenti importanti. L'antesignano della rivoluzione è stato il numero 2 del mondo Novak Djokovic. Il serbo ha iniziato la carriera vestendo Adidas, poi è stato l’ultimo grande colpo di Sergio Tacchini. Il contratto prevedeva dei bonus legati alle performance. Nessuno, neanche il più ottimista, avrebbe immaginato che Djokovic vincesse così tanto. Nel 2011, il serbo non riusciva a smettere di vincere. Sergio Tacchini non riusciva a stare al passo con i pagamenti e ha avuto più di un problema con la distribuzione. Allora, a metà 2012, le parti si sono separate dopo appena tre anni di un accordo decennale. A sorpresa, anziché firmare con un brand tradizionale, Djokovic ha scelto il marchio di fast-fashion giapponese Uniqlo. L’azienda, già sponsor di Kei Nishikori (ma lui è giapponese…) aveva già una certa esperienza con i tessuti tecnologici, ma era nota soprattutto per i suoi cashmere a basso prezzo.
Secondo Isabel Cavill, analista per conto di Planet Retail, Uniqlo ha fatto l’affare del secolo. All’inizio è sembrato un accordo illogico, ma poi l’immagine di Djokovic ha totalmente ricollocato il marchio sul mercato. Non si conoscono i dettagli economici, ma Djokovic ha continuato a vincere tornei e – soprattutto – ha mantenuto un’immagine pulita e positiva. Quest’ultimo aspetto è una delle maggiori preoccupazioni degli sponsor. La presenza di Uniqlo nelle strade, in effetti, è aumentata. Il marchio deve ancora crescere sul piano delle calzature, tanto che Djokovic ha un contratto a parte per le scarpe (ha anche effettuato alcuni spot pubblicitari per le Adidas Barricade). Il successo delle iniziative commerciali, tuttavia, si misura dall’atteggiamento dei concorrenti. E sei mesi dopo l’accordo Djokovic-Uniqlo, uno dei maggiori competitor dei giapponesi, la svedese H&M, ha realizzato la sua prima linea tennistica. Il testimonial è Tomas Berdych, apripista di un percorso che ha portato H&M a vestire il team svedese alle Olimpiadi invernali. Subito dopo è arrivato il momento di New Balance, ditta di materiale tecnico che ha investito 1 milione di dollari l’anno per far indossare a Milos Raonic i suoi primi capi sportivi. In campo femminile, l’azienda di t-shirts UnderArmour tiene sotto contratto addirittura Sloane Stephens, ed hanno promesso sforzi importanti per tenersela stretta a dispetto delle sirene provenienti dai brand tradizionali. Chissà se basterà.
Gli ultimi due casi sono piuttosto significativi, perché Raonic e Stephens rappresentano la nuova generazione, quella post-Federer e post-Serena. Il fatto che i nuovi competitors abbiano scelto due giovani certifica le difficoltà ad inserirsi nel mercato. A parte Uniqlo e i suoi yen, è difficile acquisire un tennista già affermato. Allora hanno scelto di optare su giovani di prospettiva quando le pretese economiche non sono ancora così importanti. Per questo, New Balance e UnderArmour hanno giocato d’anticipo, con tutti i rischi del caso. Più in generale, investire su un tennista è diverso che optare per un’azienda oppure una squadra. Il successo dell’operazione dipende da risultati e prestazioni di un singolo atleta. La perdita di forma, o le distrazioni fuori dal campo, possono essere devastanti. Tuttavia, il rischio è percorribile. I regolamenti limitano la possibilità di inserire loghi alternativi sulle divise dei giocatori (uno, al massimo due in Coppa Davis), quindi la visibilità è massima, o comunque maggiore rispetto a una divisa di calcio. E i tennisti, di solito, sono meno soggetti a critiche e scandali rispetto ai calciatori. Secondo la Cavill, i marchi Uniqlo, H&M, UnderArmour e New Balance hanno ottime possibilità di conquistare un’importante fetta di mercato. Tuttavia, sarà molto oneroso. Per intenderci, nel 2010 Nike ha siglato un accordo di otto anni con Maria Sharapova, del valore di 70 milioni di dollari. Una maggiore concorrenza farà impennare ancor di più le cifre. Raonic, Stephens e i giovani rampanti avranno molto da guadagnare fuori dal campo. Forse troppo.
Un aspetto su cui dovranno certamente lavorare è la reperibilità dei capi nei loro store online. Come ha testimoniato qualche giorno fa il nostro Corrado Erba, è ancora molto difficile recuperare i capi tecnici Uniqlo ed H&M. L’immagine è importante, ma deve essere accomunata a una certa efficienza. Sennò, a cosa servono gli investimenti?
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