Andre Agassi era in pieno Farewell Tour, ma pur sempre n.22 ATP, mentre Andrea Stoppini non è mai entrato nei primi 150, e aveva vinto il primo match nel Tour il giorno precedente. Eppure, quella notte del 2006 a Washington, con le Fischer segate in officina, gli riuscì l'impresa che vale una carriera.«Vado a Washington e gioco con un italiano che viene dalle qualificazioni, di nome Andrea Stoppini. Mi batte come se a venire dalle qualificazioni fossi io, e provo vergogna». Pagina 475 dell’autobiografia-capolavoro Open, penna da Pulitzer di J. R. Moehringer e voce di Andre Agassi, ma impresa di Andrea Stoppini, un – allora – 26enne di Riva del Garda (Trento) che il primo giorno di agosto del 2006 guastò la penultima tappa del tour di addio della leggenda di Las Vegas. A 36 anni compiuti il Kid era sceso al numero 22 ATP, ma ci sapeva ancora fare, e il pubblico del Legg Mason Tennis Classic lo aspettava ansioso, dopo averlo incoronato campione per ben cinque volte. Doveva essere una passerella, contro uno sconosciuto che aveva vinto il suo primo match ATP meno di 24 ore prima, invece si trasformò in un k.o. da incubo per Agassi e nella vittoria che vale una carriera per Stoppini: 6-4 6-3 in 62 minuti, senza mai perdere il servizio, con un break sul 5-4 del primo set e un altro per volare 3-0 nel secondo, sottolineato dalla racchetta distrutta dall’americano.
«Poter affrontare Agassi – racconta Stoppini, al tempo numero 246 del mondo – era già qualcosa di unico, anche se io sono cresciuto tifando Becker, e lui lo batteva sempre. Quando siamo entrati in campo la gente l’ha applaudito per cinque minuti, idem all’uscita. Il mio unico obiettivo era non perdere 6-0 6-0, per il resto avrei accettato tranquillamente una sconfitta. Ma ho visto subito che il mio tennis funzionava, Agassi era in difficoltà, e quando ho vinto il primo set ho iniziato a pensare di potercela fare. Ho giocato con leggerezza, senza paura». La gente gli tifava contro, esultava ai suoi errori, ma quasi non se ne accorse. «Ricordo che ai cambi di campo guardavo Leonardo Caperchi e mi veniva da ridere. Era lì perché aveva accompagnato Fognini e Naso a giocare le qualificazioni, ed era l’unico che tifava per me. Prima del match mi disse ‘guardo un set e torno in hotel’. Invece è rimasto fino alla fine. È l’unico col quale condivido i ricordi magici di quella serata». Mentre c’è un aneddoto che non aveva mai svelato prima, a rendere l’impresa ancor più curiosa. «Quell’anno – confessa – la Fischer aveva sbagliato a mandarmi le racchette, spedendomi la versione più lunga del telaio che utilizzavo». Ma pur di non rimandarle indietro Stoppini preferì il custom fai-da-te. «In officina, con mio padre. Abbiamo segato un centimetro da ogni manico. E con una di quelle ho battuto Agassi».L’ex numero 1 ATP si sarebbe ritirato un mese dopo allo US Open, mentre la carriera di Stoppini è terminata nel 2011. La sua miglior stagione è stata il 2009: a gennaio si è qualificato all’Australian Open e ha sfidato Novak Djokovic sulla Rod Laver Arena, con tanto di scambio di maglietta finale in stile calciatori («la conservo ancora a casa»), mentre a febbraio ha giocato il suo miglior match in carriera, a San Josè, obbligando a due tie-break un Del Potro già top 10, che qualche mese dopo avrebbe vinto lo US Open. A maggio ha vinto a Izmir (Turchia) il suo primo e unico titolo Challenger, e poi a luglio si è regalato il best ranking, al numero 161 ATP. Un risultato che grida vendetta. «Cambierei tante cose. Avrei dovuto giocare più spesso negli Stati Uniti: mi trovavo a meraviglia, ma l’ho scoperto solo a 26 anni. In più, credo di essere cresciuto in un’epoca di passaggio, in cui il tennis è cambiato. Un tempo certe cose si facevano con meno professionalità, e ce ne siamo accorti solamente più tardi. Avrei dovuto investire di più su me stesso e su qualche bravo allenatore. È fondamentale: lo consiglio a tutti i giovani che vogliono far carriera».
Dopo aver trascorso in Lombardia gran parte della carriera, dal 2012 Stoppini è tornato nella sua Riva del Garda, ha preso la qualifica di tecnico nazionale e oggi guida la scuola tennis del CT Rovereto. «Una bella realtà: abbiamo qualche ragazzo che si avvicina al mondo dei professionisti e tanti giovani di qualità. La nostra filosofia è di non calcare troppo la mano con i più piccoli, cerchiamo di proporre dei progetti più soft e poi aumentiamo l'impegno pian piano». E Agassi? «Tanta gente me lo ricorda, hanno letto il mio nome nel libro, ma non l’ho più rivisto, né Andre e nemmeno quel match. Le telecamere c’erano, venne prodotto dalla tv, ma non fu trasmesso e non ce n’è traccia da nessuna parte. Chissà, magari in qualche archivio è presente. Mi piacerebbe riguardarlo, per curiosità e anche per capire il livello di gioco dell’incontro». E ricordarsi come era riuscito, per una notte, a essere più campione del campione. Nonostante le racchette segate con papà.
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.BIOFILE
Andrea Stoppini è nato a Rovereto, in Trentino Alto-Adige, il 29 febbraio 1980. Diventato professionista nel 1998, in carriera ha conquistato otto titoli Futures e giocato quattro finali a livello Challenger, vincendo l’ultima, nel 2009 a Izmir (Turchia). Sempre nel 2009 si è qualificato per l’Australian Open, dove ha affrontato Novak Djokovic sulla Rod Laver Arena. In carriera ha ottenuto dieci vittorie contro i top 100 in ventuno incontri, risultato tutt’altro che banale per un giocatore mai andato oltre la posizione numero 161 del ranking ATP. Stoppini ha lasciato il circuito nel 2011, e dopo un anno da coach a Brusaporto (Bergamo), dove aveva trovato casa nell’ultima parte di carriera, è tornato a Riva del Garda, paese della famiglia. Oggi è tecnico nazionale e guida la scuola tennis del CT Rovereto, per cui gioca anche il Campionato di Serie A2.
Articolo tratto dal numero di aprile 2017 della rivista "Il Tennis Italiano"
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