AUSTRALIAN OPEN. La giovane britannica estromette Petra Kvitova al termine di una lunga battaglia, durata molto di più rispetto al match maschile. Federer passa facilmente.
La stretta di mano tra Robson e Kvitova: era abbondantemente passata la mezzanotte
Di Riccardo Bisti – 17 gennaio 2013
Qualcosa sta cambiando. Nel tennis maschile l’età media si è notevolmente alzata (ci sono ventotto over 30 tra i primi cento), e meno male che Bernard Tomic a scompigliare le carte. Tra le donne, esaurito il periodo delle bambine prodigio, da Capriati a Hingis, stanno uscendo volti nuovi destinati a rendere ancora più interessante il circuito. Tra le 32 giocatrici al terzo turno dell’Australian Open, ci sono almeno sette ragazze di con un bel futuro davanti: Jamie Hampton, Bojana Jovanovski, Sloane Stephens, Madison Keys, Heather Watson, Valeria Savinykh e – ovviamente – Laura Robson. La britannica ha sentito un piacevole profumo di casa nella notturna della Rod Laver Arena, estromettendo Petra Kvitova al termine di una partita-thriller, non bella sul piano tecnico, ma intensa ed interessante per ciò che rappresentava. E' finita 2-6 6-3 11-9 dopo tre ore di lotta. Comunque vada il terzo turno contro l’altra cucciola Sloane Stephens, Laura può già dire di essersi fatta un bel regalo di compleanno. Lunedì prossimo compirà 19 anni. Per trascorrere la giornata in campo, dovrà battere l’americana. Ma va già bene così, al termine di una night session inedita, in cui il match femminile è durato oltre un’ora in più rispetto al maschile. Si, perché in precedenza Roger Federer aveva messo a tacere le paure e rispedito a casa Nikolay Davydenko con una facilità che induce all’ottimismo. Adesso se la vedrà con Bernard Tomic, che nel pomeriggio australe aveva superato Daniel Brands, tedescone dal servizio indecifrabile. Non è stata una passeggiata, tanto che ha avuto bisogno di tra tie-break (di cui uno perso). Ma ce l’ha fatta, ed è ancora imbattuto nel 2013, con un bel parziale di 10 vittorie e 0 sconfitte (Hopman Cup compresa).
Ma l’impresa l’ha firmata la piccola Laura, sempre più a suo agio nelle grandi arene del tennis. Quattro mesi fa aveva messo fine alla carriera di Kim Clijsters, battendola al secondo turno dello Us Open. Adesso ha aggiornato un’altra statistica del tennis britannico: era dal 1991 che non avevano due giocatrici al terzo turno di uno Slam. La buona notizia è che sono entrambe giovanissime. L’altra è Heather Watson, impegnata stanotte contro Agnieszka Radwanska. Il pubblico di Melbourne ha adottato la Robson, vuoi perché sono rimasti senza giocatrici in tabellone, vuoi perché la ragazza ha sangue australiano. Tennisticamente è un prodotto britannico, ma è nata proprio a Melbourne prima di trasfersi in Europa, via Singapore, all’età di sei anni. “Ringrazio il pubblico. Mi fa piacere che sia rimasta tanta gente dopo il match di Federer. Pensavo che sareste andati via. Sapevo che sarebbe stato un match duro, ho sempre faticato contro le mancine. Nel primo set non riuscivo a rispondere al suo servizio”. La Kvitova ha tirato 18 ace, ma ha commesso anche 18 doppi falli. E’ una giocatrice da ricostruire, sia fisicamente che mentalmente. Eppure il match era iniziato nel migliore di modi: due doppi falli, un drittaccio gettato via e una volèe affossata in rete regalavano alla ceca il break in avvio. Lo restituiva, ma poi vinceva il prima set sotto gli occhi delusi di papà Andrew e della sorella Emily, che risiede proprio in Australia.
La Robson ha continuato con la sua strategia aggressiva, con pochi margini di sicurezza, e nel secondo le è andato tutto bene: 5-1, 5-3, 6-3. Il “drama”, come lo chiamano gli americani, si è vissuto nel terzo. La Kvitova è salita 3-0, ma ha commesso troppi errori per pensare di vincere con agio. La Robson le è rimasta attaccata, ha sfornato il break sul 5-5 ma non è riuscita a chiudere. Mentre fioccavano doppi falli, e il pubblico sugli spalti lasciava spazio agli insetti, le due hanno proseguito stancamente fino al 9-9 quando Laura ha avuto il coraggio di sparare una risposta vincente sulla linea che le ha dato il break decisivo. Nel ventesimo game del set teneva a zero il servizio e poteva esultare. Per lei è il primo urrà sulla Rod Laver Arena dopo due sconfitte, entrambe nel torneo junior. Ma questa vale molto di più. E pensare che ha rischiato di non giocare quando – vittima del suo entusiasmo adolescenziale – si è buttata nella vasca ghiacciata del National Tennis Centre prima che il torneo iniziasse. “Non sapevo quanto fosse profonda, allora mi sono tuffata e ho quasi rischiato di annegare!” Ha raccontato. Potrà continuare a usarla.
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