Parlare col senno di poi è sempre facile, ma la scelta degli organizzatori di sacrificare la sacra “Middle Sunday” di riposo per recuperare il tempo perso nei giorni scorsi è stata azzeccatissima. A giudicare da quando hanno dato l’annuncio, ovvero nel tardo pomeriggio di venerdì (in passato era capitato che decidessero addirittura intorno alle 16 di sabato), sembrerebbe che ne abbiano discusso ben poco, e hanno avuto ragione. In primis perché è servita in pieno, tutti i match di terzo turno sono terminati e finalmente non ci sono più ritardi nella scaletta, e poi perché ha dato un’immagine del torneo un tantino diversa. Il pubblico di Wimbledon non è noto per essere il più giovane del circuito, ma oggi bastava dare un’occhiata ai vari campi, dal Centre Court al Campo 18, per notare una netta inversione di tendenza. Coi i biglietti “ground” a 5 sterline, e alcuni per il Centrale a sole 10, c’erano tanti giovani, tanti ragazzini, e chissà quanti hanno potuto mettere piede all’All England Club per la prima volta, contribuendo anche a far entrare nelle casse del torneo parecchi soldi in più, utili (anche) ad ammortizzare una perdita di pubblico che, nella prima settimana è arrivata a toccare quasi il 10% rispetto allo scorso anno. E poi, diciamocelo, in un mondo sempre meno legato alle tradizioni è stato bellissimo trovare la dicitura “Middle Sunday” un po’ dappertutto: nel programma, nei risultati, addirittura nelle foto delle agenzie. E non è solamente una scelta di forma, visto che il Day 7 rimarrà comunque il Manic Monday, il lunedì della seconda settimana, con in programma tutti gli ottavi di finale. Gli abitanti delle zone adiacenti all’All England Club, uno dei principali motivi del giorno di pausa, non saranno stati contentissimi, ma il risultato è da 10 e lode. Non è successo nulla di eclatante, ma chissà che in futuro la quarta Middle Sunday di gioco nella storia (dopo ’91, ’97 e ’04) non venga ricordata per qualche motivo particolare, come la precedente è nota per la nascita della Henman Hill. Prima la collina dove gli appassionati si trovano a seguire sul maxischemo i match più importanti era nota come Aorangi Terrace, ma da quell’anno, visti i fiumi di persone assiepate per assistere alla vittoria dell’allora idolo di casa contro Arazi, venne ribattezzata in suo onore.
TESTA A TESTA SERENA-FEDERER
La “Middle Sunday” formato 2016 ha registrato la 300esima vittoria di Serena Williams in un torneo del Grande Slam, striscia aperta dal successo su Irina Spirlea all’Australian Open del 1998, 74 Major fa. Sembrano altri tempi, ma la statunitense è ancora lì, ancora in vetta alla classifica e motivata ad andare a prendersi il suo primo titolo Slam della stagione. Si è lasciata sfuggire maluccio i primi due, perdendo sempre in finale e sabato ha dovuto sudare contro la McHale, ma i 51 minuti che le sono bastati per battere Annika Beck rappresentano una decisa sterzata. Con la vittoria sulla tedesca, allenata dall’italiano Francesco Aldi, Serena ha staccato Chris Evert (ferma a 299) e si è portata a soli sei match dal record assoluto di Martina Navratilova, prima con 306 vittorie. Facile immaginare che la supererà presto, tanto che per lei il vero obiettivo potrebbe diventare Roger Federer, unico uomo a superare quota 300 nella storia del tennis. Lo svizzero ce l’ha fatta all’Australian Open, e grazie ai tre successi che gli hanno consegnato la seconda settimana a Wimbledon è salito a quota 305, ma visto l’andazzo c’è da scommettere che Serena avrà presto modo di superarlo. E se agguantasse finalmente anche i 22 Slam di Steffi Graf, che sembrava presa a New York invece nove mesi dopo è ancora da sola in vetta, potrebbe vantare il miglior rendimento di sempre nei Major, uomini compresi. Specialmente dopo che Djokovic ha fallito il Grande Slam, fermandosi ben dieci successi prima di lei.
I 79 GAME DI TSONGA E ISNER
In una giornata avara di sorprese e particolarmente scorrevole (l’unica da lunedì senza una goccia di acqua), l’unico match che è andato vicino a lasciare il segno è stato quello da 425 punti fra Jo-Wilfried Tsonga e John Isner, chiuso 6-7 3-6 7-6 6-2 19-17 dal francese, bravo a cancellare un match-point sul 15-16 prima di violare finalmente il servizio del rivale nel trentacinquesimo game del quinto set, e chiudere dopo 4 ore e 24 minuti. In termini di emozioni (e durata) non si è nemmeno avvicinato allo storico 70-68 al quinto, da oltre undici ore, dello stesso Isner e di Nicolas Mahut nell’edizione 2010 dei Championships, lontano 102 game, ma è comunque qualcosa di molto molto raro. Basti pensare che, prima di Isner-Mahut, il precedente record di game in un match (con tie-break) erano gli 83 di Roddick-El Ayanoui ai quarti dell’Australian Open 2003, solo 4 in più dei 79 giocati fra ieri – i primi tre set – e oggi sul Campo 2. Per Isner, dopo i dieci match-point mancati al Queen’s contro Muller, un’altra grande delusione sulla maratona. Come se la sorte, dopo avergli regalato il record sei anni fa, abbia deciso di fargliela pagare. E magari, per lo stesso motivo, di dare invece una possibilità a Querrey e Mahut, i due sconfitti nei match più lunghi della storia di Wimbledon, mettendoli uno contro l’altro per un posto ai quarti di finale.
L’OCCASIONE DI BERDYCH E… MISAKI DOI
Se l’eliminazione di Djokovic ha fatto sorridere Murray e Federer, i suoi due principali concorrenti verso la conquista del titolo, un altro che ride è Tomas Berdych, che invece può beneficiare dei k.o. di Wawrinka e Thiem, che per un motivo o per un altro si sono fatti fuori quasi da soli contro Del Potro e Vesely. Il ceco oggi ha giocato un match splendido contro “Sascha” Zverev, rispedendolo negli spogliatoi con la coda fra le gambe, ed è il principale candidato per un posto nella semifinale con Murray. Spesso il ceco si è rivelato un maestro delle occasioni perse, ma questa è veramente grossa, dato che di semifinali ne ha viste appena tre negli ultimi ventitre Slam, un po’ poche per uno che è stabilmente fra i primi 10 da una vita. In qualità di ex finalista sui prati dei Champioships, il derby con Vesely non può fargli paura (e sembra l’ottavo più scontato dell’intero “Manic Monday”), così come l’eventuale quarto con uno fra Tomic e Pouille. Il francese andrà a caccia del primo quarto Slam, proprio come Mahut, Querrey (che come accennato giocano contro), Vesely e lo statunitense Steve Johnson, prossimo avversario di Federer. Il Roger dei primi tre turni è piaciuto, ma è probabile che il suo vero torneo inizi ora, pertanto occhio al picchiatore statunitense, campione a Nottingham (non perde da otto match) e sempre più in alto in classifica. Roger lo attaccherà spesso sul rovescio: se “Stevie” riuscirà a difendersi a dovere potrebbe anche raccogliere più del previsto. Potenzialmente aperte anche le sfide Goffin-Raonic, Cilic-Nishikori (riedizione della finale dello Us Open 2014) e il derby francese Tsonga-Gasquet, meno l’ormai classico da Slam fra Murray e Kyrgios, di fronte per la quarta volta negli ultimi sette Slam. In programma anche tutti gli ottavi femminili: da vedere Halep-Keys e Serena-Kuznetsova, magari con un occhio pure a Misaki Doi. La giapponesina è giunta agli ottavi con tre splendide vittorie, e contro una Kerber che a Wimbledon ha brillato solo due volte in otto apparizioni potrebbe avere qualche chance.
La domenica dei giovani, Serena-Federer, la chance di Berdych
WIMBLEDON, IL PUNTO – Azzeccata al 100% la scelta di giocare nel Middle Sunday: biglietti polverizzati, tanto pubblico giovane e neanche una goccia d’acqua. Serena si regala la vittoria n.300 in uno Slam, prenderà la Navratilova e lancia il testa a testa con Federer. Isner fa di nuovo il maratoneta. Ma deve arrendersi.