Con un match-capolavoro il belga vendica (parzialmente) le sconfitte subite contro Dimitrov e centra la semifinale a Rotterdam. Un successo che lo porta a 3125 punti, ad appena 20 lunghezze dalla decima posizione di Monfils. Ora tra David e il primo ingresso in top-ten c’è soltanto Herbert.

È perfino troppo facile, quasi banale, giocare col nome di Goffin e rievocare la storia biblica di Davide contro Golia, spesso accostata alle imprese sportive. Il talento belga è un normotipo, fisicamente in netta controtendenza in uno sport ormai riservato a superatleti dall’1.85 in su. Pure il carattere pare muoversi seguendo il fisico: mite ai limiti della timidezza, mai scomposto, mai sopra le righe. Forse fin troppo dimesso all’apparenza, anche se l’educazione non dev’essere certo confusa con mancanza di carattere. Goffin è un soldatino ligio e metodico, ordinato ma non ordinario. In lui è facile cogliere l’applicazione del talento, la genialità di geometrie perfette al servizio di una tattica sagace. Fuori dal campo David è guidato da un padre austero ma al tempo stesso innamorato del Gioco al punto da interrogare i giornalisti belgi per testarne le competenze tennistiche. Un uomo d’altri tempi – diremmo oggi – che dà del voi quando si rivolge alla stampa e che ha saputo defilarsi per quanto concerne la parte tecnica, lasciando la guida del figliolo a Thierry Van Cleemput.  

LA VENDETTA CALDA
Nei quarti di Rotterdam Goffin s’è preso una rivincita che sana – seppur solo parzialmente – quel bilancio personale contro Grigor Dimitrov che grondava un impietoso 0-6 lungo sette anni e condito da sconfitte subite a tutti i livelli: dai futures tedeschi alla recente finale di Sofia, passando per il challenger di Ginevra e i quarti di finale sulla Rod Laver Arena. Per invertire la rotta e superare quel bulgaro così bello e talentuoso, che in questo squarcio di 2017 pareva attorniato da un’aura di invincibilità, David ha dovuto inscenare una delle migliori prestazioni della carriera: ne è venuto fuori un match pazzesco, tecnicamente sublime ed emotivamente coinvolgente. 13 game ciascuno, 13 come le palle break offerte da entrambi, di cui appena due a testa sono state concretizzate. Goffin ha conquistato appena due punti in più, ma il suo è un successo meritato, legittimato da un terzo set straordinario: il break che ha deciso la disputa è arrivato in avvio grazie a due meraviglie da fuori dal campo di Goffin, che hanno trafitto Dimitrov e permesso al belga di scappare sul 2-0. Pur fiaccato inevitabilmente dalle fatiche di un 2017 da 17 partite – e 16 vittorie – Dimitrov ha provato l’assalto alla roccaforte di Goffin, avvicinandosi quasi in modo decisivo nel settimo game quando il belga ha risposto con una perfida coppia di ace alle uniche palle break concesse nel terzo set. L’ultima salita da scalare prima di sigillare la partita, inchiodando il punteggio finale sul 6-3 dopo oltre due ore di grande spettacolo per servire una vendetta libidinosa anche se calda.

A UN PASSO DALLA TOP-TEN
Si chiama Pierre-Hugues Herbert l’ultimo ostacolo che separa Goffin dall’ingresso nella top-ten, un paradiso fino a oggi inesplorato dal ventiseienne di Liegi. Il successo colto contro Dimitrov, infatti, ha permesso al belga di intascare altri 90 punti che lo portano – virtualmente – a quota 3125 con appena 20 lunghezze di ritardo da Monfils, attuale numero 10. Da questo match passa la marcia del soldatino belga verso quella top-ten che idealmente attesta l’appartenenza al gotha del tennis e la sensazione è che – Herbert o meno – sia soltanto una questione di tempo.