Una ragazza e una donna litigano per la polo lanciata da Novak Djokovic dopo la finale dell’Australian Open. “Era destinata a me”. “Ma smettila”. DI RICCARDO BISTI
Djokovic lancia la maglietta, che finisce nelle mani di Yael Rothschild
Di Riccardo Bisti – 1 febbraio 2012
Fosse successo in Italia, i programmi-trash del pomeriggio ne avrebbero già parlato. In Australia è finita sulle pagine dell’Herald Sun, e non sappiamo cosa sia peggio (o meglio?). E’ la storia di una maglietta contesa. Una maglietta sudata. Ma non era una maglietta qualsiasi. Si tratta della polo indossata da Novak Djokovic durante la finale dell’Australian Open contro Rafael Nadal. Dopo la vittoria, in preda a un vivo stato di esaltazione, “Nole” l’ha lanciata verso il pubblico. Il prezioso cimelio è finito nelle mani di una corpulenta signora di nome Yael Rothschild. Fin qui tutto ok, non fosse che Melissa Cook, ragazzina di 14 anni e grande tifosa di Djokovic, reclami la restituzione della polo perché – a suo dire – la maglietta era destinata a lei e le sarebbe stata strappata dalle mani. La vicenda è documentata dal video che vedete in cima all’articolo. Nel filmato si vede il serbo che si dirige verso uno specifico settore della tribuna e lancia la maglietta. Non lo fa prendendo la mira a mò di arciere, ma non è neanche un lancio casuale verso la folla. Dalle immagini, insomma, sembrerebbe che la maglietta sia destinata alla piccola Melissa, che nella sua stanza ha creato un vero e proprio “Novak Wall”, con foto e articoli di giornale appesi alla parete.
La giovane Melissa, ancora scioccata per la vicenda, ha lanciato un appello affinchè le venisse restituita la maglietta. “Ho iniziato a piangere – racconta – perché non potevo credere che una cosa così importante per me fosse stata presa da qualcun altro. Ho fatto il tifo per lui per tutta la partita, lui mi ha visto e riconosciuto e per questo è venuto nella mia direzione per lanciarmi la maglietta”. La signora Rothschild ha negato con forza la versione della Cook, affidandosi sempre alle pagine dell’Herald Sun. “Sono molto ferita, e con me i miei tre figli, dalle dichiarazioni di questa ragazza. Quando la maglietta è stata lanciata, c’erano almeno 20 persone esaltate e desiderose di afferrarla. Subito dopo, 19 di queste sarebbero rimaste deluse. Questa è la vita. Francamente non so come sia possibile strappare una maglietta dalle mani di un’altra ragazza seduta tre posti lontano da te, peraltro con una barriera di separazione tra un posto e l’altro”. La Rothschild ha rincarato la dose, dicendo di non aver mai visto Melissa piangere e di essere convinta che la ragazza sia riuscita a portarsi a casa qualche altro souvenir griffato Djokovic. “E’ stata vista con un polsino tergisudore, un asciugamano e una scarpa. Non penso che sia male”. Puntuale, è arrivata la controreplica della Cook, la quale sostiene che quegli indumenti risalivano all’edizione 2011, quando erano stati “recuperati” dai suoi parenti. “In merito all’asciugamano, non era neanche di Djokovic. Quello mi è stato dato da un membro dello staff del torneo”. Ad ogni modo, pare che la questione sia chiusa prima di iniziare: la Rothschild non ha nessuna intenzione di restituire la maglietta, peraltro impreziosita dall’autografo di Nole: “Che è stato gentilissimo, perché dopo la premiazione e le formalità ha passato parecchio tempo ad autografare vari souvenir, compresa questa maglietta. Che mi terrò, perché sono una grande fan”.
E’ una storia tenera, ridicola e triste allo stesso tempo. Tenera perché il muro che si intravede alla spalle di Melissa nella foto della sua camera da letto, beh, rimanda al tifo più sano. Nell’era digitale, in cui tutto è salvato su internet in capienti cartelle e sottocartelle, fa un certo effetto vedere ritagli di giornale attaccati al muro, in pieno stile anni 80, quando le teenagers appendevano i poster dei loro idoli da giornali come “Cioè” o “TV Stelle”. La Cook rappresenta “quelle” fans che non esistono più, quelle “dell’autografo e un saluto dopo mille appostamenti”. Rappresenta una gioventù ancora incontaminata, piena di illusioni. In Australia, evidentemente, si può ancora. Questa storia è ridicola perché non esiste – francamente – che un giornale importante come l’Herald Sun gli dedichi così tanto spazio. L’articolo in questione ha scatenato oltre 200 commenti in poche ore, in cui i lettori si sono divisi in opposte fazioni. Il più divertente l’ha scritto un utente che si firma "Malcolm of East Melbourne", dicendo che ci sarebbe stato bisogno di “occhio di falco". Di sicuro, in Italia, Aldo Biscardi avrebbe realizzato una puntata speciale del suo “Processo”, con tanto di supermoviola. E’ una storia triste perché non avrebbe mai dovuto nascere. Yael Rothschild avrebbe dovuto lasciar perdere e – se fosse stata in buona fede – restituire la maglietta alla ragazza. Non ne abbiamo la certezza, ma dalle immagini appare abbastanza chiaro che la polo fosse indirizzata alla Cook. Litigare sui giornali per un pezzo di stoffa testimonia una superficialità imbarazzante. La stessa di chi non è mai stato in una curva di uno stadio italiano a scannarsi per una maglietta di una squadra di Serie C. E chi se la prende, se la prende. Resta solo un dubbio: siamo certi che se Novak Djokovic venisse a sapere di questa storia, farebbe certamente recapitare alla Cook una sua t-shirt autografata. Magari non usata durante la finale dell’Australian Open, ma ugualmente preziosa. Chissà se qualcuno lo metterà al corrente.
L'Herald Sun ha poi realizzato un sondaggio tra i propri lettori. "A chi deve andare la maglietta contesa?", con un'opzione anche piuttosto spiritosa (Rafa Nadal). Attualmente le percentuali sono queste. E voi per chi votereste?
Melissa Cook 67,11% (9571 voti)
Un ente di beneficenza 12,48% (1780 voti)
Yael Rothschild 10,51% (1499 voti)
Rafa Nadal 8,07% (1151 voti)
Un museo sportivo 1,82% (260 voti)
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