Intervistato (e premiato) da Vanity Fair, Rafa Nadal ammette che la sua carriera non sarà eterna. “La vittoria più bella è provarci fino in fondo”.
Rafa Nadal durante la serata di gala organizzata da Vanity Fair
 
Di Riccardo Bisti – 18 settembre 2012

 
“Non so quanto giocherò ancora”. Questa frase ha messo in allarme i sostenitori di Rafael Nadal. In realtà non devono preoccuparsi, perché l’intervista che lo spagnolo ha rilasciato a Vanity Fair (corredo al seconda nomina di fila come “sportivo dell’anno”) non aggiunge nulla di nuovo. Quando Rafa ha iniziato a vincere un torneo dopo l'altro, nei primi mesi del 2005, in tanti si domandavano quanto sarebbe durato. Un tennis dispendioso, fatto di talento ma anche recuperi miracolosi, alimentava il dubbio. Non ci sarebbe stato nulla di strano, anche perché le carriere di tanti “latinos” sono state piuttosto brevi. Bruguera, Berasategui, Mancini, Perez Roldan…tutta gente che ha pedalato intensamente ma ha finito la benzina piuttosto in fretta. Nadal sembrava una versione più evoluta e talentuosa, ma non molto di più. Invece ha saputo migliorarsi giorno dopo giorno fino a vincere 11 Slam (di cui 4 fuori dalla terra battuta) ed entrare nel dibattuto sul GOAT. E non si può certo dire che la sua carriera sia stata breve o con “pause agonistiche” significative. Quando ha vinto il suo primo titolo ATP, a Sopot 2004, era un cucciolo di 18 anni. Oggi ne ha 26 e ha giocato altre 70 finali (set-tan-ta!), vincendone 49, giusto per fare numero tondo. A un certo punto si è accorto che poteva chiedere qualcosa anche al talento e non solo ai muscoli. Ha migliorato il servizio, il gioco di volo, l’atteggiamento sul campo. Ma il corpo ha comunque iniziato a chiedergli il conto. E lo stop che lo terrà fermo (almeno…) fino a novembre è il più significativo in carriera. Dolori al ginocchio, diagnosticati come “Sindrome di Hoffa”, gli stanno permettendo di ricaricare le batterie e probabilmente gli allungheranno la carriera. Lo ha detto Rafa in persona a Vanity Fair. “Non so quanto tempo continuerò a giocare a tennis. Tra cinque anni ne avrò 31 e tenete conto che ho iniziato a 16…fermarmi ora, forse, mi servirà ad allungare un po’ la carriera”.
 
La sensazione è che non ci siano dubbi su un Rafa ancora in attività fino a Rio De Janeiro 2016. A Londra avrebbe dovuto fare il portabandiera della Spagna e non vedeva l’ora, ma il ginocchio gli ha impedito di esserci. A Rio de Janeiro, in un paese con affinità culturali alla sua Spagna, potrebbe finalmente fare il giro di campo col vessillo giallorosso, magari ricordando che proprio in Brasile (a Costa do Sauipe 2005) il piccolo Rafa è diventato il grande Nadal. E poi avrà 30 anni, età assolutamente compatibile con un buon rendimento. Lo è ancor di più oggi, con l’età media dei top-players che si è notevolmente alzata rispetto a qualche anno fa. Il dopo è un’incognita, ma in fondo mancano quattro anni e non avrebbe senso parlarne. “Prima che iniziasse a darmi fastidio il ginocchio, sul finire del Roland Garros, il 2012 è stata una delle mie migliori stagioni. Sentivo di poter vincere qualsiasi torneo. Poi sono arrivati momenti difficili”. Rafa ha poi parlato delle prime due finali giocate a Wimbledon, nel 2006 e nel 2007. “Nella prima ero molto contento di esserci arrivato, mentre perdere la seconda fu molto dura. Avevo giocato molto bene, a fine quarto set stavo alla grande, poi ho sentito una fitta al ginocchio e mi sono deconcentrato. Nel quinto ho giocato male. Non sapevo se sarebbe stata la mia ultima possibilità a Wimbledon, per questo ero molto deluso”. Stavolta non lo ha ricordato, ma tutti sanno che dopo quella partita scoppiò a piangere, negli spogliatoi, lontano da tutti. Ma l’anno dopo si sarebbe preso la rivincita più bella.
 
Alla domanda su quale fosse la vittoria più bella della sua carriera, Rafa non ha citato Wimbledon 2008 e nemmeno lo Us Open 2010, quando ha conseguito il “Career Grand Slam”. “Il successo non è tanto la vittoria, ma quanto hai lottato per vincere. La certezza di aver fatto tutto il possibile per ottenere quelli che desideri. E’ una sensazione che mi trasmette tanta felicità. Quest’anno ho perso la finale in Australia e naturalmente non mi è piaciuto, però in qualche modo ero contento. Perdere così è stato un successo”. E il futuro immediato? Oggi come oggi è difficile fare previsioni. A inizio settembre si è parlato di ulteriori due mesi di stop. In teoria, potrebbe giocare il Masters di fine anno (per il quale è qualificato per l’ottavo anno di fila), ma è difficile che vada a Londra senza neanche un torneo nelle gambe. Poi, dal 16 al 18 novembre, ci sarebbe la finale di Coppa Davis in Repubblica Ceca. Un Nadal al 100% guiderebbe la Spagna anche sul ghiaccio, ma probabilmente non sarà così. E sarebbe ingiusto metterlo in campo al 50% dopo che Ferrer, Almagro e gli altri hanno tirato avanti la carretta per tutto il 2012. Insomma, è probabile che lo rivedremo in una competizione ufficiale solo nel 2013. Se già in Australia lo deciderà il ginocchio. “Tornerò solo quando sarò sicuro di essere al 100% e di non rischiare ricadute”. Tra tante incertezze, questa è l’unica cosa sicura.