Una chiacchierata con Alex Corretja, patron del Longines Future Tennis Aces, l'evento che ha regalato a 40 ragazzi da tutto il mondo un Roland Garros in miniatura, ai piedi della Tour Eiffel. «Fino a una certa età – dice l'ex n.2 ATP – i giovani devono trovare il giusto equilibrio fra lavoro e divertimento». E su Nadal non ha dubbi: «sulla terra dipende solo da lui».PARIGI – Con due finali al Roland Garros nel palmarés, ai piedi della Tour Eiffel – e non solo – Alex Corretja potrebbe atteggiarsi da star. Invece il 44enne catalano parla con tutti e ha un sorriso per tutti, a conferma della voce che vuole che fra i big del passato sia uno dei pochi armati di grande educazione e altrettanta gentilezza. Qualità che vanno a braccetto con una Coppa Davis, gli Internazionali d’Italia, l’edizione 1998 del Masters, altri quindici titoli ATP e un best ranking da numero 2 del mondo, e l’hanno reso l’uomo ideale per ricoprire insieme a Arantxa Sanchez il ruolo di patron del Longines Future Tennis Aces, l’evento organizzato dal noto brand svizzero attivo nel campo dell’orologeria, che per il nono anno consecutivo ha portato a Parigi giovani talenti da tutto il mondo. Quest’anno sono addirittura in quaranta, metà ragazzi e metà ragazze, da venti paesi diversi, tutti in cerca di un piccolo sogno sul campo in terra battuta allestito esattamente al centro dei quattro piedi della Tour Eiffel. Una location unica, per un evento unico nel suo genere. «È come giocare un Roland Garros a 13 anni», dice Corretja con un buonissimo italiano, mentre butta un occhio alla mancina Victoria Jimenez, la rappresentante spagnola qualificata per la finale di sabato.

Il Longines Future Tennis Aces permette a ragazzi di 20 paesi diversi di confrontarsi per una settimana. Quanto è importante questa opportunità?
Tantissimo, per loro ma anche per me, per i giornalisti presenti, per tutti noi. Un torneo simile non è qualcosa che capita tutti i giorni, specialmente a 13 anni. È importante affrontare i coetanei di altri paesi, per capire il proprio livello, le differenze nel gioco e cosa fare per migliorarsi. Vale lo stesso per gli allenatori: è una grande occasione di confronto.

A 13 anni, cosa conta seriamente per un baby tennista?
Sono davvero molto giovani, quindi l’aspetto più importante è il divertimento. È naturale che quando si va in campo lo si fa sempre per vincere, altrimenti ci si diverte meno, ma allo stesso tempo cercare soltanto la vittoria finisce per mettere eccessiva pressione ai ragazzi. L’importante è imparare, osservare molto di ciò che fanno gli altri e lavorare, ma avere anche uno spazio per il divertimento. Diciamo che bisogna trovare un buon equilibrio fra le due cose.

Venendo ai “pro”: Nadal è tornato a dominare come negli anni d’oro. Onestamente, l’avresti mai detto?
Già lo scorso anno si era capito che aveva ritrovato una condizione che gli avrebbe permesso di vincere di nuovo quasi tutti i tornei sulla terra, ed è quello che sta succedendo. Quando lui gioca sulla terra, vittoria o sconfitta dipendono solamente da lui. Fisicamente è molto forte, mentalmente è di gran lunga il più forte, e via dicendo. Dal punto di vista mentale è impressionante: non dà mai un cenno di resa. Noi stessi, che siamo stati giocatori, siamo i primi a essere sorpresi da questa sua qualità, perché sappiamo quanto sia difficile essere positivi ogni giorno, e fare sempre tutto nel modo corretto. Ma Nadal è qualcosa di unico. È una persona e un atleta speciale. Non ne vedremo mai più un altro come lui.
Vincerà di nuovo il Roland Garros?
Dipende soltanto da lui. Se riesce a stare bene per gli altri è quasi impossibile. Cinque set, sulla terra, su un campo così grande, credo che nessuno avrà la possibilità di batterlo. Poi si vedrà: ci sono ottimi avversari come Thiem e Zverev, e io ci metto anche Djokovic, nonostante sia un po’ un’incognita. Ma penso che se Nadal gioca come sa fare non lo batterà nessuno.

Hai menzionato le dimensioni del Court Philippe Chatrier, con degli out particolarmente ampi. Credi che incidano nel dominio di Nadal a Parigi?
Penso di sì, perché può giocare molto lontano dalla linea di fondo, e così per gli avversari diventa molto difficile trovare un colpo vincente contro di lui. Trova comunque lo spazio e il tempo per difendersi, e quando comanda lui riesce a mettere grandissima pressione anche stando lontano dal campo. Anche se la sua forza principale, ora, è l’equilibrio che ha trovato fra attacco e difesa. Quando difende è difficilissimo fargli il punto, mentre quando attacca sa essere molto aggressivo. Trovare una soluzione contro di lui è davvero difficile. Quando vanno in campo gli avversari sanno già che sarà una guerra fin dal primo punto.

Il tennis spagnolo sta lavorando per il post Nadal?
Ciò che verrà nei prossimi anni è un’incognita. Nadal ha fatto molto bene al tennis spagnolo e al tennis mondiale in generale, però ha raggiunto dei risultati talmente importanti che qualsiasi cosa arriverà dai giocatori del futuro sarà poco se paragonato a quando ha ottenuto lui. Penso che sarà importante tenere ben presente che Nadal è una persona speciale, e che ripetere i suoi risultati sarà impossibile.

È il Roland Garros del ritorno di Serena Williams. Che ne pensi del suo desiderio di riprendere a giocare dopo la maternità?
Mi affascina. Mi ha impressionato nel suo match di secondo turno contro Ashleigh Barty. Era in svantaggio di un set e di un break, ma continuava a incitarsi, a farsi coraggio. Il tutto per vincere il secondo turno del Roland Garros, dopo che di Slam ne ha già vinti 23. È il desiderio di voler sempre fare meglio, di dare sempre il cento per cento. Si tratta di una motivazione interna che non si può comprare: o ce l’hai o non ce l’hai. Per me Serena è un esempio di volontà: ha avuto una bambina, ma ha deciso di giocare ancora a tennis, abbinando il ruolo di mamma a quello di tennista.

Può tornare a dominare?
Perché no? Serena per giocare bene ha bisogno di giocare, di prendere il ritmo giusto e disputare tante partite. Ma si sta parlando di una giocatrice speciale, che sa fare cose speciali. Quindi se dovesse tornare la numero uno del mondo non mi stupirei.
Garbine Muguruza può vincere questo Roland Garros?
Sicuramente. Nei primi due incontri l’ho vista molto in forma e concentrata. Ha trovato subito un buon equilibrio fra aggressività e capacità di difendere, quando è necessario. Ha già vinto qui, ha vinto a Wimbledon, è preparata per questo genere di tornei. La sua vittoria al primo turno contro Svetlana Kuznetsova è stata molto importante. Vedremo se ci sarà un’avversaria in grado di batterla.

Hai vinto la Coppa Davis da giocatore e sei stato anche capitano della selezione spagnola. Come vedi la riforma proposta dall’ITF?
Premetto che per me la Coppa Davis è sempre stata un’emozione speciale, qualcosa di diverso rispetto a tutti i tornei che si possono giocare nell’arco della stagione. Credo che l’idea di organizzare una coppa del mondo di tennis sia positivo, perché ogni sport ha la sua, ma non credo che sia giusto farlo rivoluzionando il format della Coppa Davis. Vedrei bene due eventi separati. Questo progetto rischierebbe di togliere il tifo del pubblico di casa, che è uno degli aspetti più affascinanti della Davis. Ad aprile a Valencia c’erano più di 20.000 persone per Spagna-Germania, non so se succederebbe lo stesso a Shanghai.

Sei anche uno dei volti di Eurosport nei tornei del Grande Slam: cosa ti piace di questa esperienza?
Per me è un privilegio, perché al di là del mio passato da giocatore ho una grandissima passione per il tennis. Fare il telecronista è un lavoro molto divertente, e le interviste post match mi permettono di parlare con tutti i più grandi giocatori attuali. Cerco sempre di trovare qualche spunto per farli parlare il più possibile, evitando domande troppo scontate. Per noi ex giocatori è più facile notare dettagli che magari altri non noterebbero: cerco di sfruttarli a mio favore per fare in modo che chi ho di fronte approfondisca un po’ di più le sue risposte.