Il Cacciatore di Slam. Ecco chi è il nuovo Milos Raonic, che vuole arrivare al livello dei Fab Four e conquistare il suo primo Major. A partire da Wimbledon e, come dice coach Piatti, “anche grazie all’aiuto di John McEnroe”. Intanto la sorte gli ha tolto di mezzo Djokovic, e in un’eventuale semifinale contro Federer sarebbe tutt’altro che spacciato…Ho sempre considerato Milos Raonic una sorta di Frankestein moderno, un Ivan Drago 2.0, assemblato con un’arma di distruzione di massa tennistica (il servizio) a cui si è cercato di mettere intorno un gioco costruito sulla scientificità della videoanalisi, lo studio della biomeccanica e le intuizioni di un coach tra i più preparati nel circuito: Riccardo Piatti.

Per sua indole, Raonic non è tipo che ama lasciar decidere al caso: il suo stesso incedere robotico pare conseguenza di chissà quale studio biomeccanico, anche se più probabilmente è conseguenza di un infortunio che gli ha spezzato mezzo femore diversi anni fa e una postura piuttosto personale.

Di certo, l’ambizione di vincere uno Slam, una volta convintosi (e ci mancherebbe altro!) di averne le potenzialità, lo spinge a cercare sempre il meglio che offre il mercato in termini di consulenze, siano esse di livello tecnico, fisico o fisioterapico, sfruttando gli oltre dieci milioni già guadagnati in premi ufficiali, i munifici introiti degli sponsor e il sostegno di una federazione ricca come quella canadese e con l’appoggio di migliaia di appassionati sportivi, stanchi di essere associati solo a giocatori di hockey su ghiaccio. Scippato a Seppi il fisio Dalibor Sirola, un autentico guru nel suo mestiere, ha raddoppiato i coach affiancando a Piatti, Carlos Moya, una volta che Ivan Ljubicic non ha resistito alle avances di Roger Federer.

Non contento, per Wimbledon ha chiesto a Piatti un ulteriore aiuto che gli permettesse di conoscere meglio i segreti dei prati. Piatti non ci ha pensato due volte: “Se vuoi il meglio, bisogna convincere John McEnroe”. Discusso il progetto, è stato il coach comasco a chiamare SuperMac: “Lo conoscevo perché qualche volta i miei Furlan e Caratti si erano allenati con lui. È un fanatico di tennis, vive per quello, potrebbe parlarne per 24 ore al giorno. E nessuno conosce l’erba di Wimbledon meglio di lui”. Detto e fatto, McEnroe ha cominciato ad esser presente nell’angolo di Raonic già a Roland Garros, per capire pregi e difetti, anche se l’obiettivo finale restano i Championships.

Ma fattivamente, cosa ha insegnato John McEnroe a Milos Raonic. Ce lo ha spiegato Riccardo Piatti. “Principalmente quattro cose: stare più vicino alla palla quando vuole giocare il back di rovescio, soprattutto in fase di approccio alla rete. Non stare troppo attaccato alla rete ma imparare a muoversi anche lateralmente, per coprire meglio gli spazi. Scegliere la palla giusta da attaccare; ecco, questo è un lavoro che avevamo già cominciato nella preparazione invernale, perché Milos deve essere più aggressivo e imparare a venire a rete ad incassare quanto produce dal fondo, limitando il numero degli scambi. Saper scegliere la palla giusta, è l’aspetto più determinante. Poi, causa anche un infortunio, avevamo dovuto interrompere questa processo evolutivo che abbiamo ora ripreso con McEnroe, un maestro in questo. Infine, forse l’aspetto più importante: essere più cattivo in campo”.





Nessun dubbio che, in questa particolare qualità, se così vogliamo definirla, Raonic abbia scelto il Maestro: Per quanto Raonic ammetta di essere stato un bad boy da ragazzino, afferma anche che quell’atteggiamento non lo ha mai aiutato in campo. Tuttavia, Piatti non crede sia questione di essere “più o meno buoni, ma Milos è abituato a pensare solo a se stesso, a ciò che accade nella sua metà campo, senza mai curarsi di quello che sta accadendo al suo avversario, mentre il tennis è anche una guerra psicologica”. E qui parte inevitabile l’aneddoto: “Durate la sua carriera, John si è accorto che ogni volta che doveva affrontare una palla break contro Becker, questi cominciava a tossire. Ve lo ricordate, no? Bought… bought… bought… e nel frattempo toglieva ritmo all’avversario e gli faceva perdere un po’ di concentrazione. Dopo un anno che andava avanti così, e solo sulle palle break, Becker rifece nuovamente la stessa cosa ma John… cominciò pure lui a tossire! Becker la prese male, come fosse una presa in giro, ma John tranquillamente gli rispose che era preoccupato per lui, perché sembrava avesse la tosse da un anno e mezzo!. Insomma, McEnroe sta cercando di insegnare a Raonic la battaglia piscologica che nasce durante un match di tennis, soprattutto quando ci si gioca i titoli più importanti. Un aspetto che Milos ignorava totalmente”.

Ma Raonic è già pronto per vincere uno Slam? E Wimbledon è quello dove ha maggiori chance? Piatti non ne è totalmente convinto. “Credo che Djokovic, Murray e anche Federer sull’erba, abbiano fin qui dimostrato di essere un gradino sopra e che Raonic possa giocarsi le sue migliori chance all’Australian Open. A Wimbledon può far bene, visto come serve, ma gli spostamenti non sono così semplici e lui che ha già sofferto di qualche infortunio ne può risentire. Però sono convinto che Milos sia anche il giocatore immediatamente dietro a quei quattro (anche se Nadal non giocherà Wimbledon per infortunio n.d.r.), quello che ha chance di arrivare presto a certi livelli. Gli manca solo l’esperienza perché a 20 anni, mentre Djokovic e Nadal avevano già vinto degli Slam, lui era numero 100 del mondo. Deve ancora abituarsi a giocare certi match che, vinti o persi che siano, ti lasciano qualcosa, ti fanno crescere. Ti dirò di più: non mi interessa che arrivi in semifinale a Wimbledon perché magari Djokovic ha preso la febbre è si è ritirato prima. Vorrei vedere Milos giocare nei quarti contro Djokovic e vedere come reagisce, per capire quale è il suo reale valore attuale”.

La preparazione è stata di alto livello, nonostante Piatti non sia riuscito a tenere McEnroe lontano dal campo. “Prima di cominciare il periodo di allenamento sull’erba, ho detto a John che avrei portato uno sparring – dice Piatti -. ‘Per fare cosa? Guarda che io riesco ancora tranquillamente a palleggiare con questi ragazzi’ mi ha subito borbottato. L’ho convinto dicendo che era vero ma che una doppia sessione giornaliera forse era troppo. Con noi è dunque venuto Matteo Fago: dopo cinque minuti che Milos si scaldava con John a fianco per osservarlo da vicino, non ha resistito: ha preso la sua racchetta, si è piazzato di fianco a Fago e ha cominciato a sviolinare. Già, perché ancora adesso John la tocca come pochi. Una volta hanno fatto un esercizio sotto rete: Murray e Delgado da una parte, Raonic e John, arrivato all’ultimo istante, dall’altra. Si cominciava piano a giocare solo di volo, poi si aumentava il ritmo. Beh, chi non sbagliava mai era proprio John!”.

Piatti è divertito (“Gli ho detto che non volevo facessero dei punti contro perché entrambi avrebbero voluto vincere e quindi si sarebbe litigato subito. McEnroe credo sia l’unico coach che non è contento quando il suo allievo tira un bel colpo contro… di lui!”), per nulla geloso (“Sin dai tempi di Caratti e Furlan mi sono avvalso di validi consulenti, e lo stesso con Ljubicic, quando chiedi aiuto a Fibak e Pilic. Il coach è il primo che deve imparare e io sto imparando tanto anche da McEnroe”), né incline a voler finire in prima pagina dei tabloid inglesi (“Sto andando all’Isola d’Elba dove tengo degli stage. Insieme a McEnroe, porterà avanti il lavoro Carlos Moya. C’è armonia nel nostro gruppo e si lavora bene. Spero che John resti con noi anche per preparare lo US Open. Però… però se arrivasse in semifinale… chissà… Londra non è così lontana dall’Isola d’Elba”).

Il draw dei Championships non è stato particolarmente tenero con Milos, considerata la vera mina vagante del tabellone. In linea teorica, per vincere Wimbledon, dovrebbe battere Djokovic nei quarti, Federer in semifinale e Murray in finale, non esattamente una passeggiata. Però Raonic ha ben chiaro il suo progetto, da quando le bombe scagliate in Montenegro suggerirono la sua famiglia che il Canada era una terra più ospitale. Era il 1994, Milos aveva quattro anni. La passione per i dettagli scientifici deve essere ereditaria: il padre è ingegnere elettrico, la madre ha una laurea in ingegneria, un background che sospettiamo abbia influito sull’approccio metodico di Raonic al gioco. E che ora vuole cambiare un po’: “Ciò che voglio imparare maggiormente da McEnroe è saper variare il mio gioco. Lui non colpiva mai due palle uguali, era incredibile. Ecco, a me piacerebbe diventare meno prevedibile e non far sentire i miei avversari troppo sereni e sicuri di quello che accadrà”.

Per il sottoscritto, ciò che accadrà è che il match di quarti di finale Djokovic versus Raonic avrà luogo e che sarà una dura battaglia: “Piatti, Moya e McEnroe mi stanno insegnando tanto e soprattutto, avendo tutti, me compreso, una forte personalità, non si tratta di qualcuno che vuole imporre la sua idea, ma soprattutto di discussioni che aiutano a crescere”. Paul Annacone, che in passato ha allenato fuoriclasse come Pete Sampras e Roger Federer, ha dichiarato al Financial Times che “è importante che un team così numeroso abbia un sistema di comunicazione molto valido perché non si crei confusione, ma se tutto fila per il verso giusto, McEnroe può rappresentare un valore aggiunto notevole”.

Ma Raonic, ben per lui, non è solo botte di servizio e allenamenti metodici. Fuori dal campo si fa apprezzare per la sua curiosità artistica: non manca un museo e anche quando si faceva trattare dal professor Parra a Montecatini un piccolo infortunio, non perdeva occasione per scappare a Firenze, ad ammirare Uffizi e dintorni: “In campo mi piace che tutto sia preciso, senza malintesi o imprevisti, ma quando metto la racchetta nella sacca torno ad essere un ragazzo tranquillo, che ama divertirsi e vivere le sue altre passioni”. Compresa Danielle Knudson, la modella lanciata da una foto su Instagram da Justin Bieber, resa celebre da una campagna di Guess e ora compagna fissa di Milos. In questo, Milos si è già assicurato un posto nei Fab Four.