Ungherese di famiglia, australiana di nascita, britannica d'adozione, Johanna Konta ha vinto 21 degli ultimi 22 match, sfiancato Simona Halep ed entrerà tra le top-50. Tutto è iniziato perché c'era un tennis camp dietro la sua scuola elementare… 

Un insieme di casualità hanno portato Johanna Konta a giocare a tennis. Ma non è un caso che sia il personaggio del momento. Si era già fatta notare in estate, vincendo due tornei ITF di fila (Granby e Vancouver), poi aveva fatto faville allo Us Open, centrando gli ottavi partendo dalle qualificazioni. Lo stato di grazia non si è fermato e oggi (ore 12.30, diretta SuperTennis) sfiderà Venus Williams nei quarti del Premier Five di Wuhan. Johanna, “Jo” come la chiamano gli inglesi, è ancora giovane (ha 24 anni), ma è grande a sufficienza per ricordare i successi di Venus. Era una bambina quando le sorelle Williams hanno rivoluzionato il tennis: nel suo piccolo, la Konta ha rivoluzionato il tennis britannico. Battendo Simona Halep con un pirotecnico 6-3 3-6 7-5 ha regalato al suo paese (uno dei tre, come vedremo) il più importante successo degli ultimi 34 anni. Non capitava dal 1981 che una britannica battesse una top-2 WTA. Allora, Sue Barker battè Tracy Austin. Il successo della Konta, tuttavia, vale ancora di più perché ha rimontato da 1-5 nel terzo set. Da quel momento è diventata ingiocabile, mettendo in un angolo la Halep. Per l'amor di dio, la rumena non si è ripresa dopo lo Us Open: la scorsa settimana aveva perso dalla Allertova a Guangzhou, ma stavolta ha giocato una discreta pertita. Ci ha provato fino all'ultimo, pur senza arrivare a matchpoint. Da parte sua, alla Konta è bastata la prima chance per esultare con Juan Manuel Garcia, vice-coach che l'ha accompagnata a Wuhan e con cui si allena a Eastbourne, dove risiede. Tuttavia, la base di allenamento è in Spagna, a Gijon, dove si è stabilita nel 2015 dopo che la LTA ha effettuato alcune modifiche nel settore tecnico. Fino allo scorso anno, Johanna si allenava presso il centro tecnico di Roehampton, ma la nuova LTA l'ha chiuso ai professionisti. Lo scorso agosto, dunque, ha avuto la necessità di trovare una nuova base. In passato era già stata in Spagna, transitando presso l'accademia di Emilio Sanchez e Sergio Casal, ma ha optato per una scelta ancor più particolare: l'accademia Tennis Management di Gijon, diretta da Esteban Carril. Insieme hanno cambiato tanto, dando grande importanza all'aspetto pscologico. Lo specialista Juan Coto ha rivestito un ruolo fondamentale nel forgiare quella che lunedì diventerà la numero 1 britannica, superando Heather Watson.


I CAMPI DIETRO LA SCUOLA ELEMENTARE

Parlavamo di casualità. L'ultima è stata certamente la scelta di andare in Spagna per dare slancio a una carriera che languiva nei tornei ITF. Oggi Johanna trasforma in oro tutto quello che tocca: ha vinto 21 delle ultime 22 partite, perdendo soltanto da Petra Kvitova negli ottavi dello Us Open, peraltro dopo aver giocato alla pari. Per il resto, vittorie di prestigio contro Muguruza (due volte), Petkovic, Azarenka e adesso Halep. E pensare che non avrebbe nemmeno dovuto fare la tennista. Papà Gabor voleva mandarla a nuoto, ma non è stato possibile perché da piccola soffriva di un'infezione alle orecchie che le ha impedito di andare in piscina. Il tennis? Solo perché c'erano alcuni campi accanto alla sua scuola elementare. “Erano proprio lì dietro e organizzarono alcuni corsi per il doposcuola: entrambi i miei genitori lavoravano, quindi fu normale piazzarmi lì. Se ci fosse stato, chessò, un centro di atletica leggera, la storia sarebbe stata diversa”. La citazione dell'atletica non è casuale, poiché da piccola era una promessa degli 800 metri. Vinse alcune competizioni regionali, avrebbe potuto gareggiare a livello nazionale ma non ha mai avuto intenzione di provarci sul serio. Ben altra storia con il tennis, tanto da fare una delicata scelta di vita nel 2005: lasciare la nativa Sydney per spostarsi in Europa, in un luogo più in linea con le rotte del grande tennis. Hanno scelto Eastbourne, Gran Bretagna, diventata la sua terza (e ultima?) patria. Già, perché Johanna è nata e cresciuta in Australia da genitori ungheresi, che anni prima avevano cercato fortuna (trovandola) nel Nuovo Galles del Sud. “In Ungheria ho ancora tanti parenti, sono quasi tutti lì – racconta Johanna – parlo un ottimo ungherese ed è la lingua con cui comunico con i miei genitori. Però è uno dei tanti paesi che visito, non la ritengo casa mia”.


PIU' POTERE…CON IL TELECOMANDO!

Ormai la casa è diventata la Gran Bretagna, tanto da prendere la cittadinanza nel 2012. Raggiunti i sette anni di residenza, si è sottoposta alle pratiche burocratiche per ottenere l'agognato passaporto. Ha dovuto studiare la vita e la cultura britannica, dal funzionamento del governo a tanti aspetti della vita di tutti i giorni. Ce l'ha fatta e le hanno subito concesso una wild card per Wimbledon. “Devo essere onesta – disse nella prima conferenza stampa da cittadina inglese – non conosco l'inno nazionale. La prossima volta siete autorizzati a chiedermelo e vi prometto che sarà preparata. Mi raccomando, scrivetelo!”. E' andata talmente bene che Judy Murray l'ha fatta esordire in Fed Cup. Per lei non ci sono stati i tanti problemi avuti da Aljaz Bedene, che non potrà mai giocare in Coppa Davis a causa del suo passato con la Slovenia: Johanna non ha mai vestito la tuta gialloverde dell'Australia, ed anzi non ha mai avuto grandi rapporti con la federtennis australiana. “Judy è straordinaria, mi segue e mi manda spesso messaggi dopo i miei match” ha detto la Konta, che ha incassato persino un tweet di complimenti di Andy Murray, sempre attento alle vicende del tennis femminile. La Konta è un'ottima giocatrice: il colpo naturale è il rovescio, una rasoiata incisiva e infallibile. Nelle schermaglie tattiche con la Halep non è quasi mai andata in difficoltà, anzi, spesso era lei a comandare. Anche il servizio punge, per quanto il movimento preparatorio faccia un po' ridere. Esistesse ancora “Mai dire Gol", la Gialappa's Band lo avrebbe preso di mira. Sul dritto ha lavorato duro con il suo staff e i risultati sono ottimi. “Numero 1 di Gran Bretagna? Non penso troppo a queste cose. Preferirei essere numero 5 WTA e numero 2 del paese. Non mi definirei sorpresa dei miei successi, credo che siano frutto di un processo che si è evoluto passo dopo passo”. E' sicura di sé, Johanna, anche quando deve affrontare una top-player. “In effetti l'ultima volta che ho chiesto un autografo avrò avuto nove anni. A chi? Lindsay Davenport”. Per ora non è cambiato nulla, anche se “per la prima volta, forse, il mio fidanzato mi fa scegliere cosa guardare alla TV”. Per ora non c'è tempo di fare zapping: ci sono cose più importanti da fare…