STATS – L’ATP mette a disposizione i dati del 2015 sui punti vinti-persi dai top-100 ATP: le differenze percentuali sono minime, ma tanto basta per creare grandi distanze. Però i top-10 sono una categoria a parte: il gap con i top-20 è lo stesso che hanno questi ultimi con i giocatori fuori dai top-50. Djokovic ha vissuto una stagione straordinaria, eppure ha vinto meno del 56% dei punti…

. E’ il rilievo statistico, per certi versi incredibile, pubblicato in queste ore dal sito ATP. A ben vedere, il tennis è uno dei pochi sport in cui si può vincere una partita anche se fai meno punti dell’avversario. Nella stagione 2015 si sono giocati 670.005 nel circuito maggiore, e l’analisi statistica dà concretezza a un assioma ben noto agli appassionati: i punti non sono tutti uguali. Vincere i punti giusti, quelli importanti, è più importante che portarne a casa un numero maggiore. Pensate un po’: nonostante abbia vinto 82 partite su 88, Novak Djokovic ha raccolto appena il 55,8% dei suoi punti. Sembra deludente, tenendo conto che parliamo di una delle migliori stagioni di sempre. Però quei sei punti percentuali che lo separano dal 50% fanno una differenza enorme. Craig O’Shaughnessy ha diviso la percentuale di punti vinti-persi in fasce di dieci giocatori. Risultato: i top-40 ATP vincono più punti di quanti ne perdano, mentre gli altri hanno una percentuale sotto la soglia del 50%

PERCENTUALE PUNTI VINTI-PERSI
Top-10 / 53,3%
11-20 / 51,1%
21-30 / 51%
31-40 / 50,6%
41-50 / 49,7%
51-60 / 49,6%
61-70 / 48,9%
71-80 / 48,9%
81-90 / 48,5%
91-100 / 47,8%

MEDIA TOP-100 / 49,9%
MEDIA TOP-50 / 51,1%

L’analisi svela quanto sia complicato abbattere il muro dei primi 10, capaci di intascare il 53% dei punti, con una differenza di ben due punti percentuali rispetto al gruppo successivo. Osservando gli altri “stacchi”, si evince come il gap tra i top-10 e tutti gli altri sia piuttosto significativo, mentre non c’è praticamente distanza tra i top-20 e i top-30. Curiosamente, i giocatori compresi tra la 51esima e la 100esima posizione hanno lo stesso gap rispetto a top-20 di quanto questi ne abbiano tra i primi 10. Un modo come un altro per ricordarci che quella dei migliori è davvero un’elite. E per arrivarci bisogna essere capaci di scalare una montagna che, numeri alla mano, sembra un topolino.