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“Hewitt è un grande motivatore – ha detto il suo predecessore Wally Masur – ed essendo tutti cresciuti negli anni in cui era ai vertici, i giocatori lo ascoltano e lo rispettano. Ha saputo fare da collante fra di loro, e lo dimostra il fatto che, camminando per la players’ lounge di un torneo, nove volte su dieci vedrete i ragazzi australiani fare gruppo fra di loro”. Una situazione che nei week-end di Coppa Davis aiuta Kyrgios a scovare motivazioni che nei tornei individuali non trova, portandolo a esprimere il suo miglior tennis. A Brisbane aveva giocato talmente bene da spingere Jim Courier ad affermare che se sarebbe riuscito a giocare anche nei mesi successivi con la concentrazione, l’impegno e la resilienza mostrata nel corso di quel week-end, avrebbe chiuso l’anno fra i primi cinque del mondo. Non è andata esattamente così, ma è indubbio che quando Kyrgios veste la maglia della nazionale dentro alla sua testa scatti qualcosa. E il merito è di Hewitt, che a inizio stagione gli ha anche fatto cambiare l’idea di prendersi un periodo di pausa. Kyrgios era deciso, ne aveva anche già parlato col suo team, ma poi è arrivata la chiamata motivazionale di “Rusty”, che l’ha convocato per la sfida di Davis contro la Repubblica Ceca e l’ha aiutato a rimettersi in pista. Nick ha combinato ancora qualche stupidata delle sue, ultime le dichiarazioni rilasciate allo Us Open, quando ha ribadito di non dedicare il giusto impegno alla sua carriera e ha detto che il suo coach Sebastien Grosjean meriterebbe un giocatore con maggiore dedizione al tennis. Tuttavia, qualcosa di buono l’ha combinato: è arrivato ai quarti a Miami, in semifinale a Indian Wells e in finale a Cincinnati, ed è pronto a trascinare la sua nazionale verso una finale che manca dal 2003, quando Hewitt, Philippoussis, Woodbridge e Arthurs vinsero contro la Spagna sull’erba della Rod Laver Arena.
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“Per me – ha ribadito Kyrgios – la Coppa Davis è uno degli appuntamenti più importanti della stagione. Nella mia carriera mi piacerebbe vincerla almeno una volta. Sono un grande amante dello spirito di gruppo, e adoro fare squadra con i miei amici, per provare a vincere per il nostro paese”. Parole che suonerebbero come banali se pronunciate da chiunque altro, ma non lo sono affatto se escono dalla bocca di uno che i vocaboli “vincere”, “amore” e “tennis” non li mette mai nella stessa frase. “Una chance così grande per conquistare la Davis ci mancava da un po’, e non vogliamo lasciarcela scappare. Sono mesi che io e gli altri ragazzi aspettiamo questo momento. Il pubblico sarà tutto schierato da una sola parte, ma questo non ci preoccupa. Vogliamo vincere e andare a prenderci il titolo: sarebbe un sogno che diventa realtà”. Una vittoria col Belgio di Goffin e Darcis consegnerebbe a Kyrgios, Kokkinakis, Thompson e Peers la possibilità di giocare in casa l’eventuale finale, contro la vincente di Francia-Serbia. Il caso dell’Argentina, che nel 2016 ha vinto l’Insalatiera giocando solamente in trasferta, dimostra che il fattore campo non è tutto, ma può essere comunque di grande aiuto, verso un titolo che per Kyrgios potrebbe diventare molto più prezioso che per tutti gli altri. Rappresenterebbe un’enorme chance, sia sportiva, come punto di partenza per giocare finalmente il tennis che può giocare, sia a livello personale, per ripulire un’immagine che di fronte al pubblico australiano è parecchio macchiata. Se lo chiede anche il Canberra Times, quotidiano della sua città: trascinando l’Australia al titolo in Coppa Davis, Kyrgios può riconquistare l’affetto dei connazionali? La risposta è sì. In certe situazioni lo sport può davvero fare miracoli.
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