Il format della Coppa Davis, dopo i ripetuti attacchi e lamentele, dal prossimo anno subirà un nuovo restyling

Foto Ray Giubilo

La Coppa Davis cambia. Già da un anno e forse più, dall’esplosione del ‘caso Kosmos’, il fallimento doloroso dell’accordo fra la Federazione internazionale e gli investitori guidati da Gerard Piqué – ampiamente previsto da molti, se non tutti, tranne forse l’Itf… – si mormorava di un ennesimo cambio di formato, probabilmente di un parziale ritorno all’antico. Ora, dopo la riunione di martedì, e in attesa dell’assemblea generale di Hong Kong, le voci e le indiscrezioni raccolte un po’ da tutti e riportate soprattutto dal Times e dall’Equipe prendono forma.
Come previsto, scompariranno i gironi, formula mefitica che ha portato ad anni di match senza pubblico e senza interesse giocati da squadre entrambe in trasferta. I cambiamenti del 2019 avrebbero dovuto convincere i big a tornare a giocare in Coppa, ma come si è visto anche la settimana scorsa, le assenze di rilievo sono state tante, da Sinner a Zverev per arrivare alla diserzione quasi di massa degli americani.
Le trentadue squadre del tabellone principale si affronteranno così in due turni classici, casa/trasferta, sedicesimi e ottavi di finale. Le otto qualificate ai quarti si ritroveranno di nuovo in una sede fissa, che secondo quanto scrive il Times potrebbe essere in Cina. A Zhuhai, dove già si svolge un torneo Atp, oppure a Guangzhou o Shenzen, altre sedi già collaudate. Malaga, a cui quest’anno scade il contratto, ha un’opzione per prolungarlo, ma non sembra in grado di pareggiare le offerte che arrivano da Oriente, inoltre ha già la concorrenza interna di Valencia.
Una prospettiva che va messa forse accanto a quella della Laver Cup, che proprio secondo il suo fondatore Roger Federer dovrà in futuro cercare spazio «in Asia e in Sudamerica», più che a Berlino dove è in procinto di partire la settima edizione.

Ecco, ci aspetta il paradosso di un tennis a fortissima trazione europea, che però cerca sbocchi e ossigeno finanziario nei famosi ‘nuovi mercati’: in Arabia per Wta Finals e Next Gen Finals – e forse Atp Finals dopo la parentesi di Torino – in Cina per la Coppa Davis. Tentativi già esperiti, direbbe un consulente, con i quattro anni di Masters Atp a Shanghai e con le tappe mediorientali dei due tour professionistici. Scenari che offrono vantaggi economici, indubbiamente, ma che spesso corrispondono a stadi semivuoti e costringono i pubblici televisivi e no più affezionati a trasferte costosissime, o a orari impossibili. Anche per i giocatori il disagio non sarebbe da poco: tournée in Cina a ottobre, ritorno in Europa per Bercy e le Finals e la settimana successiva di nuovo sotto la Muraglia. Il tutto mentre arrivano notizie ferali dagli States, dove gli ascolti tv degli Us Open quest’anno sono letteralmente precipitati.