ROLAND GARROS – La Francia non vince uno Slam da 31 anni, e difficilmente metterà fine al digiuno nel 2014. Si affidano a Tsonga, che però avrà l’ottavo più difficile…
Di Alessandro Mastroluca – 31 maggio 2014
La rivoluzione tennistica in Francia sembra ancora lontana. La pronosticabile vittoria di Tsonga su Janowicz e la sconfitta di Simon contro un Raonic sempre più a suo agio sul rosso, fanno una prova. Ha ragione Emmanuel Petit: il trionfo mondiale del '98 resterà ancora l'evento più importante nella storia dell'Esagono dopo la presa della Bastiglia. La Francia ha espresso 64 top-100, come l'Australia, uno in meno della Germania e quasi la metà dei 171 statunitensi. Però ha portato solo 8 giocatori tra i primi 10, meno anche dell'Australia, della Spagna e della Svezia. La quantità, dunque, non bilancia la qualità nella scuola tennistica francese. Non è un caso se l'unico Slam resta quello di Noah, che il 5 giugno 1983 entusiasmava Parigi con l'abbraccio a suo padre mentre in Italia Beppe Saronni vinceva il suo secondo Giro d'Italia e la Lazio batteva il Catania ponendo le basi del ritorno in serie A.
TSONGA: “SONO PRONTO ALLA BATTAGLIA”
Nonostante la lodevole organizzazione nelle mani di Jean Gachassin, che ha festeggiato sì il Grande Slam, ma solo nel 5 nazioni di rugby nel 1968, i quattro moschettieri del nuovo tennis francese (Gilles Simon, Gael Monfils, Jo-Wilfried Tsonga e Richard Gasquet) hanno prodotto solo una finale Slam, persa da Tsonga in Australia. “Abbiamo un grande potenziale, ma non è abbastanza” diceva lo scorso ottobre JWT. “Dobbiamo continuare a lavorare duro e collaborare tutti insieme come fanno gli spagnoli. Dovremmo avere ancora più spirito di squadra". Certo il tifo non è mancato per Tsonga, che difende la semifinale dell'anno scorso. Contro uno Janowicz molto diverso dal semifinalista di Wimbledon 2013, che arriva dopo una serie infinita di problemi fisici e si è presentato a Parigi con nove sconfitte consecutive, il supporto è un'appendice che non fa la differenza. I valori in campo bastano e avanzano. Il polacco non ce la fa proprio a raddrizzare una giornata iniziata male per i suoi connazionali dopo la pessima figura di Aga Radwanska contro Tomljanovic. Regge fino al 5-4, poi consegna il primo set con un doppio fallo e una palla corta senza logica (alla fine saranno 38 i suoi gratuiti, 20 in più dell'avversario). Tsonga non è il prototipo del giocatore da terra, ma si adatta meglio di JJ e si vede. Janowicz tira sempre a tutta, o la va o la spacca, senza piani B. Non riesce così a capitalizzare il break in avvio di secondo set e consente a Tsonga di rientrare. Come nel primo, poi, il polacco fa harakiri sul 5-4 con il passante lungo che chiude il parziale. Il terzo praticamente non ha storia. Sul Lenglen già parte la ola, anche perché Janowicz ha rimontato solo due volte da sotto due set, in Australia, ma contro avversari non certo comparabili a Tsonga, Devvarman e Thompson. Due doppi falli e un dritto in corridoio fanno calare il sipario sul sesto game e sulla partita. “Sono molto felice di come sia andata – ha detto Tsonga – sto giocando di bene in meglio e le gambe girano bene. Non è stato facile, ma l'ho fatto diventare semplice”. Negli ottavi si parrà la sua nobilitate. Non può essere Janowicz il metro per valutare quanto gli manchi per l'ultimo salto di qualità, per trasformarsi da giocatore di acuti, di accenti, in giocatore da lunghe distanze. Il Roland Garros dell'anno scorso ha parlato chiaro, con il trionfo su Federer e la resa a Ferrer, ha dimostrato, con una metafora ciclistica che ben si adatta a queste settimane di Giro d'Italia, di essere ancora un corridore da vittoria di tappa. L'ottavo contro Nole sarà una doppia cartina di tornasole. Da una parte, servirà a testare le ambizioni di Tsonga con le pressioni e le spinte inevitabili nell'essere il favorito nello Slam di casa, dall'altra sarà un ulteriore test per le possibilità di Djokovic di completare il Career Slam. “Sarò un outsider, ma sono contento di ritrovare Novak – ha detto Tsonga – è un avversario particolare, che mi ha battuto spesso nelle grandi partite, come in finale in Australia o qui nei quarti due anni fa. Dovrò fare molta attenzione al mio gioco, concentrarmi su ogni punto e soprattutto non dovrò regalargli niente. Dovrò giocare un gran match, ma sento che posso farcela. Voglio invertire la rotta. Sarà dura, ma sono pronto alla battaglia”.
IL PAZIENTE FRANCESE
D'altra parte, per continuare con le analogie ciclistiche, è altrettanto difficile che l'exploit arrivi dal tessitore Simon, uno con il physique du role degli scalatori che animano le fughe da lontano nelle grandi tappe di montagna, che ha dato un senso nuovo ai concetti di resistenza, di pazienza, che ha dilatato il tempo come pochi. Però anche se il tennis è sport mentale, e il suo quoziente di intelligenza tennistica è forse il più alto al mondo, è un tennista fuori tempo per aspirare alle vette più alte. La partita di Roma contro Nadal è l'epifania del suo valore, di cosa gli manca e di cosa non ha. Oltre una certa soglia, il suo massimo non basta, e il match di oggi è solo un'ulteriore conferma. Raonic non è uno specialista della terra, anche se sta lavorando benissimo sulla sua natura e si sta praticamente reinventando, ma ha fatto valere comunque la differenza di peso, di palla e non solo. E Simon, che invece specialista del rosso lo è, ha dovuto soffrire più del previsto a dispetto della sua maggiore adattabilità alla superficie. Il primo set si è deciso sugli errori di Raonic, che ha regalato il break del 5-4 con una serie di gratuiti di dritto, mentre Simon ha saputo sfruttare il suo terzo ace e un repertorio tattico di malizie da terra battuta inevitabilmente più ampio per completare il 6-4. Tre break hanno scandito i primi sei game del secondo set: Raonic cambia strategia, scende di più a rete (9 discese contro le 5 del primo set), allunga 5-2 dopo aver annullato una palla del controbreak. A questo punto è Simon a cambiare passo, a “travestirsi da Raonic” piazzando due servizi vincenti per salvare due palle break in apertura di terzo. Torna poi a far leva sulla pazienza in risposta, mentre al canadese manca un po' di sangue freddo per evitare il break sul 4-2 alla terza occasione. E contro un Simon che registra appena 3 gratuiti in tutto il parziale, Raonic può fare poco altro che accettare il 6-2 e attendere tempi migliori. Tempi che non tardano ad arrivare, perché il nizzardo si rilassa e perde il servizio nel game d'apertura del quarto. Con una percentuale di prime pericolosamente vicine al 30% e un Raonic di nuovo più aggressivo soprattutto contro il rovescio, Simon subisce e perde campo. Il canadese ringrazia, restituisce il 6-2 e allo scoccare della sera si predispone al quinto set. Il nastro aiuta il passante di Raonic, sull'attacco in controtempo di Simon, a rimanere in campo. Il break “con l'aiutino” vale il sorpasso. Il 18mo ace certifica il 5-3, ma il paziente francese alla seconda chance aggancia il 5 pari: dopo quattro set e dieci game, i due hanno portato a casa 136 punti a testa. Ma, come contro Federer l'anno scorso, dopo cinque set di battaglia è Simon a lasciare il Roland Garros. Il messaggio è chiaro. Per gli enfants de la patrie, le jour de gloire (n') est (encore) arrivé.
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