US OPEN – Murray resiste per due set a ritmi siderali, poi crolla e in semifinale ci va Djokovic. Quando il tennis diventa una gara di resistenza, il serbo non perde (quasi) mai. Ottava semifinale consecutiva, come Lendl e Federer.

Di Riccardo Bisti – 4 settembre 2014

 

Quando scendono in campo Novak Djokovic ed Andy Murray, l'unica incertezza riguarda il punteggio. Gli schemi, le trame, gli intrecci delle loro partite sono sempre gli stessi. E c'è il timore (si, il timore) che le sfide durino troppo. Perchè tra serbo e scozzese è una lotta di resistenza. Non vince il più bravo, vince quello che tiene duro. Nella notte dello Us Open è andata proprio così, con il successo di Djokovic. Il serbo è più forte. Lo dice la storia, ed anzi Murray può essere felice di aver vinto due scontri diretti su quattro finali Slam (Us Open 2012 e Wimbledon 2013). Ma dopo il successo di Murray a Wimbledon, il divario tra i due sembra essersi allargato: vuoi l'intervento alla schiena per Murray, vuoi le ambizioni sempre più alte di Djokovic. Si spiega così il 7-6 6-7 6-2 6-4 con cui Nole si è preso le semifinali a Flushing Meadows per l'ottavo anno consecutivo, eguagliando due mostri sacri come Ivan Lendl e Roger Federer. Soltanto Jimmy Connors ha fatto meglio, con 12 partecipazioni consecutive. Si potrebbe scrivere molto su questa partita, dei tanti scambi mozzafiato, della qualità di alcune giocate, della testardaggine di entrambi, ma sarebbero sempre le stesse cose. Prendete un qualsiasi articolo su un Murray-Djokovic e troverete più o meno le stesse frasi, gli stessi concetti, forse le stesse parole. Cambia solo il nome del vincitore, anche se l'ago della bilancia sta prendendo la direzione di Belgrado: attualmente siamo 13-8 per Djokovic.


ATLETI CON LA RACCHETTA IN MANO

Potremmo scrivere molto, ma in realtà il punteggio racconta bene quello che si è visto. Due set di intensità pazzesca, mostruosa. Soltanto Rafael Nadal può tenere i ritmi di questi due. Per fortuna, il campo da tennis è lungo soltanto 23,77 metri e largo 8,23, altrimenti Nole ed Andy esplorerebbero aree ancora più ampie, ardite, clamorose. La loro preparazione atletica è impressionante. Riescono a tenere vivi gli scambi più improbabili: Djokovic è più spettacolare, con la sua teatralità e la capacità di scivolare anche sul duro. Ma Murray non è da meno. Su palle dove altri non arriverebbero, oppure rimanderebbero una “mozzarella”, arriva con agio e gioca un sicuro topspin. E poco importa se si trova a quattro metri dalla riga di fondo, quasi in braccio ai giudici di linea. Ma sono esseri umani, e come gli umani hanno le loro debolezze, i loro momenti no. Stavolta è toccato a Murray alzare bandiera bianca dopo due set di intensità incredibile, equamente spartiti. Lo scozzese ha faticato molto, era sempre in rincorsa, e ha certamente speso più energie – fisiche e mentali – dell'avversario. Quando Andy si è aggiudicato il secondo set, a New York era mezzanotte. Il record storico del torneo (le 2.26 del mattino, fatto registrare da ben tre partite) sembrava a rischio. E se lo Us Open facesse come gli altri Slam, dove non è previsto il tie-break nel set decisivo, persino il clamoroso Hewitt-Baghdatis dell'Australian Open 2008, terminato alle 4.33 del mattino, avrebbe potuto essere in pericolo.


INDISTRUTTIBILE NOVAK

Invece Murray ci ha ricordato che anche loro hanno sangue, carne e cuore come noi. E' crollato fisicamente e tecnicamente, consegnandosi a un Djokovic ben più fresco, o comunque più bravo a gestire le energie sin dal primo set. Il terzo set è partito sulla falsariga dei primi due, ma quando Djokovic ha preso un break di vantaggio, Murray non è stato in grado di alzarsi sui pedali, come un passista che al quarto scatto deve cedere allo scalatore. Incamerato il terzo set, Djokovic ha rischiato qualcosina (palla break per Murray in avvio di quarto), poi ha aspettato che lo scozzese implodesse. E' puntualmente avvenuto nel decimo game, quando il pubblico ormai delirante ha disturbato Murray al servizio in più di un'occasione. “Sono riuscito a restare in buona forma fino all'ultimo – ha detto Djokovic – ma non chiedetemi nulla di Nishikori: adesso voglio solo andare a dormire. O forse a festeggiare, cosa ne pensate? No, meglio di no, il mio team mi punirebbe severamente se non andassi a riposare”. Nonostante fosse quasi l'1.30 del mattino, non si è dimenticato di ricordare che la sfida col giapponese sarà un derby, poiché hanno lo stesso sponsor tecnico (la giapponese Uniqlo). Avrebbero dovuto affrontarsi qualche mese fa a Miami, ma il giapponese diede forfait prima di giocare. Stavolta partiranno ad armi pari, con due giorni di riposo (mai così fondamentali!), reduci da due sfide molto faticose, anche se Nishikori è rimasto in campo quasi un'ora in più. Ma quando il tennis diventa una lotta per la sopravvivenza, difficilmente il vincitore ha un nome diverso da Novak Djokovic.

US OPEN 2014 – UOMINI
Quarti di finale

Novak Djokovic (SRB) b. Andy Murray (GBR) 7-6 6-7 6-2 6-4
Kei Nishikori (GIA) b. Stan Wawrinka (SUI) 3-6 7-5 7-6 6-7 6-4
Tomas Berdych (CZE) vs. Marin Cilic (CRO)
Roger Federer (SUI) vs. Gael Monfils (FRA)