Nonostante parecchie delusioni e sconfitte al fotofinish, Stanislas Wawrinka non perde fiducia. A Monte Carlo ha spazzato via Murray e punta in alto con Magnus Norman. 
Stanislas Wawrinka adora giocare sulla terra battuta

Di Riccardo Bisti – 18 aprile 2013

 
Tanti pensano che per giocare bene sulla terra battuta si debba “spagnoleggiare”, caricando con il topspin e giocando un lift esasperato al servizio. Non è sempre così. Basti vedere Stanislas Wawrinka, il secondo uomo del tennis svizzero. Stare nell’ombra di Roger Federer non deve essere facile, ma ha anche i suoi lati positivi. Come, ad esempio, vincere un oro olimpico che altrimenti “Stan” non avrebbe nemmeno sognato. Lo vedi giocare e penseresti a uno specialista dei campi duri. Spinge duro con il servizio e i due fondamentali, è piuttosto pesante…sembra l’identikit del picchiatore nordamericano. Invece lo svizzero adora la terra battuta ed è proprio lì che ha ottenuto i migliori risultati. Nel 2008 ha raggiunto la finale agli Internazionali d’Italia, l’anno dopo ha superato Federer a Monte Carlo (anche se Roger era reduce dal matrimonio) ed è giunto in semifinale. Col tempo ha imparato a giocare bene dappertutto, ma la terra continua ad essere la sua superficie. Lo sta dimostrando in questo torneo di Monte Carlo, dove ha schiantato Andy Murray in 58 minuti. Lo scozzese ha giocato male, a tratti è stato irriconoscibile, ma Wawrinka lo ha soffocato dal primo all’ultimo punto, dimostrando che non era un caso che lo avesse battuto negli unici due scontri diretti sul rosso. “La terra è la superficie dove mi esprimo meglio – ha sempre detto Wawrinka – posso esprimere al meglio la solidità dei miei colpi: mi apro il campo con il rovescio e poi chiudo con il dritto”. Lo ha fatto anche sotto il sole di Monte Carlo, dove ha infilato sei giochi consecutivi nel primo set e ha spezzato l’equilibrio nel sesto game del secondo (peraltro dopo aver avuto una chance nel quarto).
 
Nei quarti se la vedrà con Jo Wilfried Tsonga e sarà un gran match, uno spettacolare contrasto di stili. I parigini hanno ancora negli occhi i loro scontri diretti nelle ultime due edizioni del Roland Garros: in entrambe le occasioni, il francese prese due set di vantaggio salvo poi farsi trascinare al quinto. Nel 2011 vinse Wawrinka, nel 2012 Tsonga. E’ una bella chance per entrambi. Stanislas non poteva scegliere un modo migliore per inaugurare la partnership con Magnus Norman, ex numero 2 ATP che già segue Grigor Dimitrov (pure lui nei quarti a Monte Carlo). E’ un passaggio importante nella sua carriera: a 28 anni ha dimostrato di poter giocare spesso alla pari con i migliori (per informazioni chiedere a Djokovic, che in Australia ha avuto bisogno di 5 ore per domarlo). Il problema risiede nella continuità. Chissà che lo svedese, capace di arrivare lassù con un talento inferiore, non sia l’uomo giusto per portarlo con continuità almeno tra i primi 10. Wawrinka è un tipo strano: nelle interviste è mite, tranquillo, quasi affabile. In campo diventa aggressivo, spesso “sfida” l’avversario con pugnetti, urla e un linguaggio del corpo spavaldo. Nella vita privata è ancora più enigmatico: qualche anno fa si è sposato con la storica compagna Ilham Vuilloud, da cui è nata la piccola Alexia (che oggi ha tre anni), poi ha avuto un momento di confusione: nel 2010 si è separato sia dallo storico coach Dimitri Zavialoff, che lo aveva preso da bambino quando Stanislas prendeva lezioni nella piccola città di St. Barthelemy, a 10 minuti da Losanna,  che dalla famiglia. Disse che voleva concentrarsi sul tennis, attirandosi un mucchio di critiche.
 
Adesso la coppia si è ricomposta, con la morbida Ilham in panchina a fare il tifo per lui anche nel Principato. Attualmente è numero 17 ATP ma ha un grande pregio: non si sente inferiore a nessuno (Federer a parte, obviously), e non si deprime mai. Quest’anno avrebbe avuto tre ottimi motivi per demoralizzarsi: oltre alla sconfitta in Australia contro Djokovic, ha giocato (e perso) il doppio più lungo nella storia della Davis, in coppia con Marco Chiudinelli contro i cechi Berdych-Rosol. Un risultato che ha condannato la Svizzera all’ennesima sconfitta al primo turno. Deve essere frustrante giocare in Davis sapendo che potresti avere accanto Roger Federer, ma spesso sei l’unico giocatore di livello. Eppure “Stan” risponde a tutte le convocazioni e spesso gioca bene, anche se il suo compagno si chiama Bohli, Lammero o Laaksonen. Forse perché con la Davis ha un conto aperto dal 2007, quando si infortunò al ginocchio mentre si allenava per un match di Coppa. Un mese fa, poi, è arrivata l’ennesima batosta: a Indian Wells ha perso un match incredibile contro un Federer acciaccato, denotando un complesso di inferiorità di proporzioni bibliche. Riprendersi non è stato facile: anche per questo ha rinunciato al torneo di Miami ed è tornato a giocare sull’amata terra rossa: la semifinale a Casablanca (persa contro Tommy Robredo) gli ha messo tennis nelle gambe per il Principato. E si è visto, al di là delle difficoltà di Murray.