Nei tornei lo si vede sempre meno, ma se a 34 e 35 anni le sorelle Williams sono ancora fra le prime dieci, la gran parte dei meriti è di papà Richard. Che una sera, vedendo Virginia Ruzici ricevere un assegno da 40mila dollari, decise il futuro della sua famiglia.Della storia difficile delle sorelle Williams si è scritto tanto, tantissimo. Ci hanno realizzato addirittura un film, uscito nel settembre del 2012. Serena e Venus collaborarono in fase di realizzazione, ma poi hanno rinunciato a promuoverlo, non gradendo il modo in cui veniva trattata la figura del padre Richard. Troppo importante per essere relegato al ruolo di un pazzo che ha deciso il futuro delle figlie e ha fatto di tutto per realizzarlo. Papà Richard è molto di più. Se la loro storia fosse un romanzo, lui ne sarebbe l’autore. Fin da quando una sera del 1978 accese la tv e vide la rumena Virginia Ruzici ricevere un assegno da 40mila dollari per la vittoria di un torneo. “Avremo due figlie e diventeremo ricchi, perché saranno giocatrici di tennis”, disse alla moglie. Un progetto che sarà frullato nella mente a chissà quanti padri, non solo per il lato economico ma anche per il sogno di avere dentro alle mura di casa una campionessa planetaria, ma è riuscito a pochissimi. Lui è uno di quelli, anzi l’unico che ce l’ha fatta con due, prima Venus e poi Serena, entrambe numero uno, entrambe plurivincitrici Slam in singolare e doppio, campionesse olimpiche e tanto altro. Richard aveva previsto tutto e ha vinto la sua scommessa, combattendo tutte le difficoltà agonistiche, ma anche un sacco di vicende difficili raccontate più volte di fronte ai giornalisti, e raccolte lo scorso anno nel libro “Black and White”. Basta il titolo per capire tutto, perché la crescita di Williams senior è stata un calvario, con un padre violento che trascurava i figli e l’obbligo di rubare per vivere. Il tutto nel periodo del Ku Klux Klan, quando le persone dalla pelle nera erano ripudiate gratuitamente, figuriamoci se pizzicate a rubare, polli o frutta di ogni genere. Lui ha perso degli amici, ha avuto a che fare col clan in prima persona ed è stato vicino a essere ucciso più volte, ma ce l’ha fatta, e tanti anni più tardi ha vinto la sua battaglia.
“IL GHETTO TI INSEGNA A VIVERE”
È proprio durante l’adolescenza a Shreveport (Lousiana), prima di trasferirsi a Chicago, che Richard ha sviluppato un carattere con pochi eguali, che poi ha trasmesso alle figlie ed è servito per regalarle (e regalarsi) un futuro da copertina, nel quale il colore della pelle non conta più nulla. Ma prima di raggiungerlo, quel futuro, Venus, Serena e Richard hanno dovuto combattere a lungo, sotto più fronti, fin da quando si allenavano a Compton, in uno dei posti con più criminalità degli Stati Uniti. A livello economico i Williams non se la passavano malissimo, avrebbero potuto optare per zone molto più agiate. Invece no, la scelta è ricaduta sul ghetto, appositamente per far capire alle figlie quante e quali difficoltà gli avrebbe riservato la vita. “Il ghetto ti fa duro, ruvido, forte. La critica aiuta l’uomo a tirare fuori il meglio da sé stesso. Mentre eravamo in campo, la gente bianca ci urlava di tutto”. È capitato addirittura che uno si avvicinasse a dirgli che non poteva parlare con Venus con quei toni, lui lo guardò negli occhi e rispose senza esitazione: “faccio quello che voglio”. Tutti episodi che hanno rafforzato il suo legame con le figlie e quello all’interno della famiglia, guidata da Richard come mamma gli aveva insegnato. “Mi ha insegnato un sacco di cose positive, mi ha insegnato a sopravvivere in questo mondo, e io ho cercato di trasmettere tutto alle mie figlie”. E anche se nel 1990 hanno lasciato Compton per trasferirsi alla Rick Macci Academy in Florida, quegli insegnamenti non se li sono scordati mai, nemmeno quando a Indian Wells, nel 2001, Venus fu sommersa di fischi e qualche insulto di stampo razzista perché si ritirò prima della semifinale con Serena (al tempo si pensava che i match fra le due fossero ‘apparecchiati’ dal padre), e la sorella subì lo stesso trattamento il giorno dopo, nella finale con Kim Clijsters. 14 anni dopo Serena ha perdonato, tornando in gara quest’anno in California, Venus e il padre ancora no.
PIÙ FORTI ANCHE DELLE MALATTIE
Ma come se non bastasse il razzismo e la tremenda uccisione della sorella Yetunde nel 2003, a mettere i bastoni fra le ruote alle campionesse americane ci ha pensato anche la malattia, che pareva aver portato entrambe vicine all’addio. Serena ha combattuto nel 2011 con un’embolia polmonare che ha richiesto un’operazione d’urgenza e portato tanta paura (“ho pensato che morisse”, avrebbe poi raccontato il padre), mentre nello stesso anno Venus ha dovuto lottare per sconfiggere la sindrome di Sjorgen, virus che le ha tolto tante energie e portato altrettanti dolori. Doppio ritiro? No. Tanta forza d’animo e doppia rinascita. Serena è tornata numero uno dominando come forse mai le era riuscito in precedenza, Venus ha riabbracciato negli ultimi mesi le prime dieci, a 35 anni, giocando un paio di quarti di finale Slam. “Solo coloro che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero”, recita un noto aforisma, attribuito a vari grandi del passato. L’obiettivo di Richard Williams era un altro, era quello di mostrare al mondo di cosa fossero capaci i neri, ma se di tennis si parla ha raggiunto anche questo. Non in prima persona, perché in campo a vincere 28 Slam in singolare e 13 in coppia ci sono andate le figlie, ma di riflesso sì. Perché è grazie alla sua determinazione che il tennis femminile ha trovato una coppia che difficilmente avrà mai eguali. Ultimamente mister Williams si è un po’ fatto da parte: una volta c’era in ogni occasione, armato di macchina fotografica, mentre ora che non è più giovanissimo (compierà 74 anni a metà febbraio) lo si vede sempre meno, ed esclusivamente negli Stati Uniti. Ma nessuno cancellerà mai i suoi meriti, nati quando stilò un programma di 78 pagine con tutti i passaggi che avrebbero portato le figlie a diventare le regine del tennis. Gli dicevano “sei un pazzo”, e probabilmente pensavano pure di peggio. Oggi lo guardano dal basso, con un po’ d’invidia. Mentre lui, seduto in disparte si gode un buon sigaro, a testa alta. Col sorriso di chi ha sempre saputo tutto.
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