La maxi-esibizione asiatica ha avuto un discreto successo. Tuttavia, permangono dubbi sulla sostenibilità del progetto. Passato l’effetto-novità, saprà resistere? L’interessante novità dello shot-clock.
Di Riccardo Bisti – 15 dicembre 2014
Pochi personaggi, situazioni e argomenti hanno acceso il dibattito come l’International Premier Tennis League (IPTL) inventata da Mahesh Bhupathi. Per l’ex doppista indiano non è stato facile: ha dovuto lottare con la tradizione, scetticismo e perplessità assortite. Alla fine, ha “portato a casa” l’evento e ha già promesso una vivace espansione nei prossimi anni. L’obiettivo è arrivare a otto squadre. Fin dall’inizio, l’IPTL è stata presentata come un evento rivoluzionario, che trovava la sua logica nelle sedi di gara. L’idea era colmare le lacune del mercato asiatico, portando i campioni laddove il circuito non è ancora arrivato. Il format, scopiazzato dal World Team Tennis americano, è perfetto per le TV. Per la prima volta, sappiamo a che ora si inizia e a che ora si finisce. Il format piuttosto breve impediva di perdere spettatori a causa dell’eccessiva lunghezza delle partite. Morgan Menahem, CEO dell’evento, ha anche puntato su un intrattenimento in stile NBA con cheerleaders, musica e luci stroboscopiche. I piani erano molto ambiziosi sin dall’inizio, soprattutto quando si è diffusa la voce dei possibili partecipanti. Tra loro Rafael Nadal (il cui media manager Benito Perez Barbadillo è coinvolto nell’evento), Novak Djokovic, Andy Murray, Andre Agassi e Serena Williams. Si è poi aggiunto Roger Federer, sostituto di lusso dopo il forfait di Rafa Nadal. Nonostante i grandi nomi, lo scetticismo è rimasto. Molti hanno pensato che Bhupathi fallisse, soprattutto dopo il fumoso “draft” dei giocatori, quasi…clandestino. E poi c’erano quelle regole, così diverse da quelle del tennis tradizionale. Tuttavia, come si fa a non avere successo se metti Federer e Sampras nella stessa squadra, magari dopo che Sharapova e Murray hanno giocato un doppio misto? Sarebbe bastata la rivincita tra gli ex rivali Rafter e Philippoussis per accendere un po’ di curiosità.
TANTI PUNTI INTERROGATIVI
A parte l’ultima tappa di Dubai (dove però sono abituati ad avere Federer e Djokovic quasi ogni anno, oltre a una certa idiosincrasia per l’indoor), i palazzetti erano pieni. I giocatori si sono divertiti ma hanno preso l’impegno con sufficiente serietà, anche perchè perdere non piace a nessuno. La rilassatezza, tra l’altro, permette giocate di grande qualità. Nella super-sfida con Djokovic, Federer si è inventato uno dei punti più belli dell’anno. Se è vero che i critici hanno posto l’accento sull’agonismo inesistente, i tennisti hanno risposto sul campo. L’istinto competitivo si è visto sin dalla prima giornata. Persino Pete Sampras, vincitore di 14 Slam, ha detto di aver sentito una certa pressione nel vedere tutti i compagni seduti in panchina. Una pressione talmente grande da perdere contro l’acciaccato Mark Philippussis a New Dehli. Un Philippoussis la cui ginocchiera ricordava la famosa zavorra di Goran Prpic negli anni 80-90. Insomma, non è andata male. Allo stesso tempo, una maxi-esibizione resa possibile grazie a investimenti spropositati (Roger Federer ha intascato 4 milioni di dollari, Tsonga uno), non può cambiare il tennis da un giorno all'altro. Il tennis è diventato quello che è, con la sua immensa popolarità, grazie alle regole di oggi. Ed è difficile pensare di lasciare spazio a tie-break sul 5-5, a partite al meglio di un set e alla regola del “no-let” sul servizio. Per intenderci, quest’ultima fu lanciata in via sperimentale nei tornei challenger ed è stata respinta con perdite. Tra l’altro, non conosciamo ancora la solidità della manifestazione. Il campo di partecipazione è stato reso possibile grazie ai soldi. Ma se i soldi finissero? Oppure, semplicemente, se qualche finanziatore si stufasse? O se i giocatori coinvolti dovessero iniziare male la stagione, dando la colpa all’IPTL e lasciando perdere l’anno prossimo?
PROMOSSO LO SHOT CLOCK
In realtà, alcuni top-players hanno giocato appena 2-3 partite. Prendiamo Federer: è andato solo in India, dal 6 all’8 dicembre, riducendo al minimo gli sforzi. Djokovic ha giocato due tappe su quattro. Certo, gli spostamenti in periodo di offseason non sono il massimo. Le reazioni dei giocatori, tuttavia, sono state più che positive. Novak Djokovic si è lanciato in sperticati elogi per Bhupathi e la sua idea, anticipando che l’anno prossimo potrebbe addirittura intensificare la sua presenza “Se Mahesh vorrà”. Insomma, è difficile ipotizzare il futuro di un evento appena nato, con evidenti punti interrogativi sul piano dells sostenibilità. Ma noi abbiamo una certezza: merita un’altra chance. Soltanto il tempo dirà se i proprietari vorranno tirare fuori altri soldi, se i diritti TV offriranno buoni incassi, se i migliori continueranno a giocare. L’appuntamento, dunque, è rimandato all’anno prossimo. Ma c’è già uno spunto che merita di essere ripreso: il tempo tra un punto a l’altro. All’IPTL sono stati severissimi, con 20 secondi e un avviso sonoro quando il tempo stava per scadere. Altrimenti, addio. L’argomento delle perdite di tempo è molto sentito e l’introduzione di uno shot clock, magari con qualche aggiustamento rispetto all’IPTL (la sirena era davvero fastidiosa!) potrebbe rendere ancora più interessante il nostro sport. Più interessante, e più televisivo. Vedremo se ATP e WTA avranno il coraggio di sperimentare. Sembra difficile, perchè si tratta di una norma che “toglie potere” ai giocatori. E i giocatori, non dimentichiamolo, sono pur sempre i padroni del circuito tramite le loro associazioni.
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