Il serbo batte Murray e approda in semifinale. Tuttavia, pesa un errore arbitrale. Lo scozzese ha avuto il demerito di distrarsi. Nona vittoria consecutiva per Nole.
Djokovic e Murray discutono dopo l'invasione di campo del serbo
Di Riccardo Bisti – 27 marzo 2014
Novak Djokovic ed Andy Murray sono amici. Si conoscono sin dai tornei giovanili, e nemmeno l’episodio di Miami scalfirà il loro rapporto. Fino al 6-5 Djokovic non ci sono stati scossoni, poi il serbo ha commesso un'evidente invasione di campo sul primo punto del 12esimo game. La scena ha ricordato quella dell’ultimo Roland Garros contro Nadal, anche se allora finì a peso morto contro la rete. Ma l’errore resta. Il maxi-schermo ha reso evidente l’ingiustizia anche ai giocatori, tanto da accendere una chiacchierata tra i due (nella foto). Murray è scivolato nella frustrazione e ha ceduto il servizio. In verità, nel secondo set, era salito 3-2 con un break di vantaggio. Ma poi ha perso gli ultimi quattro game, perdendo gli ultimi 12 punti. Un disastro. Il tennis, per sua natura, non è troppo soggetto agli errori arbitrali. Una partita è composta da troppi punti, senza contare il “+2” che un giocatore deve sommare per aggiudicarsi un game, un set o un tie-break. E poi l’arrivo di occhio di falco ha ridotto ulteriormente il rischio di errori. La zavorra psicologica, tuttavia, ha mandato a picco Murray. Non c’è dubbio. Il giudice di sedia ha detto allo scozzese che, dal suo punto di vista, Djokovic gli sembrava in linea con la rete. Nole ha ammesso di aver superato la rete, ma credeva di non aver infranto nessuna regola. “Potrebbe essere stato un mio errore – ha detto nell'intervista con ESPN – penso di poter superare la rete con la racchetta, non ho toccato la rete. Forse la regola vieta di portare la racchetta dalla parte opporta. Non ne sono sicuro”. La regola è chiara: l’invasione di campo è sempre vietata, tranne in un caso: se la palla dell’avversario (capita ogni tanto con le smorzate) è talmente carica di rotazione che torna indietro, è possibile colpire la palla oltre la rete, a patto di non toccarla nè con il corpo nè con la racchetta.
Curiosamente, il fatto è arrivato a poche ore da un episodio in cui Djokovic era stato elogiato per la sua sportività. Dopo una correzione di occhio di falco, durante il match contro Tommy Robredo, ha rinunciato a rigiocare il punto (come aveva stabilito l’arbitro) e aveva ceduto il punto allo spagnolo. “Per me è stato normale, mi aspetto che chiunque faccia lo stesso” disse. In questo caso, va assolto in parte. Di sicuro c’era la buona fede, ma ha denotato una certa ignoranza regolamentare. Anche Murray ha le sue colpe: l’errore c’è stato, ma non era il punto più importante della partita. Lui non si è tolto la zavorra psicologica e lo ha fatto diventare tale. Il match sarà ricordato per questo, ma certifica la ripresa di Djokovic, ammesso che il serbo abbia mai avuto una crisi. In fondo ha perso in cinque set contro un Wawrinka travestito da extraterrestre e da un super Federer. A Indian Wells ha conquistato il 42esimo titolo e adesso punta a vincere di nuovo a Miami. Sarebbe la quarta volta, dopo i successi nel 2007, 2011 e 2012. Il serbo è in lizza per centrare l’accoppiata Indian Wells-Miami per la seconda volta. C’era già riuscito nel suo magico 2011. Al di là dell’episodio, Djokovic è entrato meglio in partita, conquistando due palle break nel quarto game (ben cancellate da Murray), poi ha avuto un attimo di distrazione sul 5-5, quando ha regalato allo scozzese un’importante palla break. Come gli era riuscito a Indian Wells, ha trovato tre ottimi servizi nel momento del bisogno e si è salvato. Poi, il fattaccio.
Nel secondo, Murray ha provato a restare concentrato. Ha giocato un punto di rara intelligenza sulla palla break del 3-2, chiuso da un vincente incrociato, ma la riscossa è durata poco. Due doppi falli nel game successivo hanno spianato la strada a Djokovic per il 12esimo successo su 20 scontri diretti. A bordo campo, Marian Vajda si è lasciato andare a un’esultanza contenuta, ma comunque più accesa di quella mostrata a Indian Wells. La sua presenza a Miami non era prevista. Avrebbe dovuto esserci Boris Becker, ma un intervento chirurgico lo ha bloccato e allungato il periodo “ad interim” dello slovacco. Da quando si è operato alla schiena, Murray non ha ancora raggiunto una finale ATP. Il divorzio con Murray ha ulteriormente minato le sue certezze (anche se c’è già la fila di coach che vorrebbero allenarlo), e continua la serie negativa contro i top-10. L’ultimo successo contro un top-player risale proprio alla finale di Wimbledon, in cui battè proprio Djokovic. Adesso si sposterà a Napoli per Italia-Gran Bretagna di Coppa Davis. Fa paura, ma non terrorizza. “Ho avuto diverse occasioni in questa partita – ha detto – 0-30 sul suo servizio, ma anche 30-30, poi ho servito male quando sono andato avanti nel secondo. Avrei voluto fare meglio, ma mi sto rendendo conto di colpire la palla in modo migliore. Sto giocando aggressivo, riesco a colpire in anticipo. Direi che il mio gioco non è così lontano da dove dovrebbe essere”. Ok, ma in semifinale c’è andato Djokovic.
MASTERS 1000 MIAMI – QUARTI DI FINALE
Rafael Nadal (SPA) vs. Milos Raonic (CAN) giovedì a mezzanotte
Tomas Berdych (CZE) vs. Alexandr Dolgopolov (UCR) giovedì alle 18
Roger Federer (SUI) vs. Kei Nishikori (GIA)
Novak Djokovic (SRB) b. Andy Murray (GBR) 7-5 6-3
Effetto Sinner
Tra tifosi, esperti e detrattori: tutti parlano di Jannik Sinner. Il numero uno al mondo riuscirà a conquistare la...