“C'è una grande differenza tra arrivare a matchpoint e vincere la partita”. La frase, pronunciata più di 30 anni fa da Peter McNamara, spiega una delle essenze del tennis. Una partita non è mai finita fino alla stretta di mano. L'australiano lo sapeva bene, specie dopo aver battuto Harold Solomon al secondo turno del Roland Garros 1982 col punteggio di 2-6 3-6 7-6 6-1 6-3. Ovviamente, aveva annullato diversi matchpoint. Salvo ritiri e squalifche, il matchpoint è un momento ineluttabile di una partita. Ci si arriva sempre. A volte possono essere scontati, certificare l'inevitabile. Altre volte rappresentano l'emozione di un match che può girare in un senso o nell'altro. La storia è piena di episodi del genere. Con la stagione ATP ormai agli sgoccioli, è interessante dare un'occhiata ai ribaltamenti più clamorosi del 2015, quelle partite che hanno dato una svolta – se non una spallata – al destino. Ad oggi, la vittoria con più matchpoint annullati l'ha firmata Jeremy Chardy alla Rogers Cup di Montreal. Opposto a John Isner, si è imposto 6-7 7-6 7-6 con ben sette matchpoint annullati, di cui cinque nell'incredibile tie-break del secondo set, chiuso 15-13. Come se non bastasse, ne ha cancellati altri due quando è andato a servire sul 5-6 nel terzo set. “E' stata una partita incredibile, piena di emozioni – ha poi detto Chardy – tra l'altro l'incontro è stato a lungo sospeso per pioggia. Questi match sono molto duri perché devi restare sempre concentrato. Devi essere bravo a cogliere la singola chance”. L'occasione è puntualmente arrivata nel tie-break finale, quando Isner ha regalato il minibreak decisivo con un errore di rovescio. Secondo Chardy, pensare troppo al punteggio può essere deleterio. “Ti innervosisci ed è il modo migliore per sbagliare. Contro Isner non ho pensato ai matchpoint, ma solo al mio servizio e a quello che volevo fare. Tutto qui”. Al turno precedente, aveva annullato due matchpoint a Leonardo Mayer. Diciamo che l'argentino non ha un buon rapporto con queste situazioni: lo scorso anno ha perso la partita della vita, quando ne ha sciupati cinque contro Federer al secondo turno di Shanghai (di cui uno clamoroso). Come se non bastasse, ha fatto altrettanto in estate a Nottingham, quando ne ha buttati via cinque contro Denis Istomin. Perlomeno, a Sydney ha battuto Jerzy Janowicz 4-6 6-1 7-6 dopo averne cancellato uno.
CON FELICIANO NON E' MAI FINITA
Alle spalle di Chardy, i “miracolati” del 2015 sono lo stesso Jerzy Janowicz e Martin Klizan, capaci di vincere una partita dopo aver cancellato sei palle match. Il polacco ce l'ha fatta a Montpellier contro Dustin Brown (2-6 7-6 7-5), mentre lo slovacco aveva vinto una partita folle a Brisbane, superando 1-6 7-6 7-6 Alexandr Dolgopolov. Tuttavia, il giocatore con più rimonte è stato Feliciano Lopez. L'elegante spagnolo, che sogna un futuro da telecronista, ha vinto ben tre partite annullando matchpoint. Tra l'altro, le prime due sono arrivate in uno Slam. All'Australian Open ha rimesso in piedi le partite contro Denis Kudla ed Adrian Mannarino, intascando un buon gruzzolo di punti e dollari quando ha rischiato di rimanere a mani vuote. Come se non bastasse, ha cancellato un matchpoint a Marsel Ilhan a Barcellona. Tanto fortuna gli si è rivoltata contro la settimana successiva all'Estoril, quando Robin Haase gli ha cancellato due MP prima di batterlo 4-6 7-6 6-4. Alle spalle di Lopez ci sono diversi giocatori in grado di vincere due partite nel 2015 dopo aver annullato almeno un matchpoint. Tra loro c'è Milos Raonic, strepitoso nella vittoria contro Rafael Nadal nei quarti di Indian Wells. Oltre al canadese e al francese, hanno firmato due rimonte in extremis Marin Cilic, Grigor Dimitrov, Robin Haase, Thanasi Kokkinakis, Joao Sousa, Fernando Verdasco, Janko Tipsarevic e Rajeev Ram. Quest'ultimo merita una citazione, poiché entrambe le rimonte sono servite a cogliere il titolo all'ATP di Newport, l'unico torneo dove sembra essere competitivo.
LA VECCHIA STRISCIA NEGATIVA DI FEDERER
E i perdenti? La vittima per eccellenza è Roberto Bautista Agut. Lo spagnolo ha perso la bellezza di quattro partite che aveva praticamente in tasca. La statistica negativa di Bautista Agut fa tornare d'attualità la curiosa striscia negativa di Roger Federer. Nel 2010, il campione svizzero ha perso ben quattro partite dopo aver avuto matchpoint.
A Indian Wells contro Marcos Baghdatis (3 matchpoint)
A Miami contro Tomas Berdych (1 matchpoint)
Allo Us Open contro Novak Djokovic (2 matchpoint)
A Parigi Bercy contro Gael Monfils (5 matchpoint)
La statistica fornisce un assist a chi sostiene che Federer non sia un fenomeno quando la partita è combattuta e si gioca su pochi punti. Quest'anno gli è andata un po' meglio, poiché ha perso solo una volta dopo aver avuto matchpoint: a Madrid contro Nick Kyrgios, in un drammatico tie-break chiuso 14-12. Tra i cosiddetti Big Four (anche se Jacopo Lo Monaco non accetta la presenza di Andy Murray in questa elite), soltanto Federer e Nadal hanno perso una partita nel 2015 dopo aver avuto matchpoint. I match di Murray non hanno avuto ribaltoni, mentre Djokovic si è salvato per un pelo contro Gulbis a Montreal. Talmente per un soffio che a fine partita ha scritto “Very Lucky” sulla telecamera.
PANATTA SI TIENE STRETTO IL SUO RECORD
Facendo un passo indietro, ecco i cinque incontri più famosi con matchpoint salvati nella storia recente.
Wimbledon 2014 – Kyrgios b. Murray 2-6 6-7 6-4 7-5 10-8 (9 MP)
Roland Garros 2004 – Spadea b. Serra 7-5 1-6 4-6 7-6 9-7 (9 MP)
Coppa Davis 1995 – Chesnokov b. Stich 6-4 1-6 1-6 6-3 14-12 (9 MP)
Wimbledon 1969 – Gonzales b. Pasarell 22-24 1-6 16-14 6-3 11-9 (7 MP)
Roma 1976 – Panatta b. Warwick 3-6 6-4 7-6 (11 MP)
Merita qualche riga l'impresa di Panatta. Contro l'australiano cancellò ben dieci di quei matchpoint sul servizio di Warwick. Per anni, è stato il record dell'Era Open (eguagliato da un paio di match femminili) prima che venisse battuto all'alba del 2014 da Jovana Jaksic, che nella finale dell'ITF di Phoenix ne cancellò ben 14 alla povera Tamira Paszek. Il record di tutti i tempi, tuttavia, risale al 1930, quando Giorgio De Stefani non trovò il modo di battere Wilmer Allison e finì col perdere dopo aver sciupato 18 matchpoint. Ma erano altri tempi. E altre storie.