Filippo Baldi, ex grande promessa del tennis italiano che oggi sgomita nei tornei minori, sta cercando una strada per arrivare al top. “E’ dura trovare il giusto feeling con un coach. Donati, Quinzi e Napolitano? Rivalità sana, ognuno segue il proprio percorso. Il mio comportamento? Avete ragione, ma…”Secondo i piani, Filippo Baldi, 20 anni, questa settimana avrebbe dovuto giocare sui campi di Church Road, il torneo più famoso del mondo. Invece affronterà l’americano Morgan Mays, numero 2029 del ranking mondiale, nel primo turno del Bema Futures 2016, 10.000 dollari organizzato dal Circolo Tennis Albinea, a Reggio Emilia. Questo perché, a discapito di una carriera juniores apprezzabile, con semifinali all’Australian Open e a Wimbledon, attualmente è solo il numero 669 del ranking ATP. L’abbiamo incontrato al Challenger dell’Aspria Harbour Club di Milano per capire cosa (fin qui) non ha funzionato. “Sto giocando meglio rispetto all’ultimo mese e mezzo. Qui ho vinto una bella partita, ho perso all’ultimo turno di qualificazioni contro un buon giocatore e ho raggiunto la semifinale nel doppio. Credo di avere ancora molto lavoro davanti a me per sviluppare il mio tennis e trovare una nuova situazione di allenamento che mi consenta di lavorare sereno per migliorare ogni giorno”. Il doppio l’ha giocato con il suo grande amico Gianluigi Quinzi col quale vinse la Davis Cup junior nel 2012: “Io e Gianluigi abbiamo un ottimo rapporto, ci conosciamo da 10 anni. Mi piace giocare il doppio con lui, ci divertiamo molto in campo e fuori”.
IL CONFRONTO CON GLI ALTRI
Filippo e Gianluigi non sono i soli ad aver iniziato un percorso insieme verso il mondo dei professionisti. Negli ultimi anni si è sempre parlato di quattro giocatori, due classe 1995 e due classe 1996, nella speranza che potessero diventare, con le dovute proporzioni, i Fab Four del tennis italiano: Matteo Donati, Stefano Napolitano, Gianluigi Quinzi e appunto Filippo Baldi. Come era prevedibile, i quattro hanno preso strade diverse. Non ci sono dubbi che in questo momento Matteo Donati stia davanti a tutti: parlano i risultati e di conseguenza la classifica, ma è interessante ascoltare il parere di Filippo sull’argomento: “Ognuno sta percorrendo la propria strada, c’è chi vince prima, c’è chi vince dopo. Il percorso per diventare giocatore di tennis è molto lungo. Per arrivare al livello che conta bisogna vincere tante partite e tanti tornei. Ognuno pensa alla propria strada, com’è naturale che sia. Tra di noi c’è la giusta competizione, ma non è una gara. Io faccio di tutto per andare nella giusta direzione.”
“FACILE GIUDICARE DA FUORI”
Una direzione che, nel suo caso, qualche volta prende la strada sbagliata. Un tema delicato per cui spesso viene criticato: il suo comportamento in campo. Lui sorride, ne è cosciente. Nella partita al Challenger di Milano, Filippo ha preso prima un warning per lancio di racchetta e successivamente un penalty point per un diverbio con il padre che si è concluso con un gestaccio. Da quel momento ha impiegato un po’ a rientrare nel match, ma grazie al supporto di Quinzi (che lo ha caricato dopo ogni punto) i due sono riusciti a portare a casa l’incontro. “So di essere criticato per il mio atteggiamento e so anche che devo migliorare sotto questo punto di vista. Però io sono a conoscenza di quello che succede dentro al campo e conosco le emozioni. Il pubblico non può capire certe situazioni che si creano. Siamo tutti bravi a giudicare da fuori”. Nell’ultimo periodo, Filippo ha cambiato anche diversi coach, perché tanti ti accolgono a braccia aperte ma sono anche sufficientemente abili nel mollarti quando la strada comincia a salire, soprattutto se il carattere da gestire non è dei più semplici: “Non è facile lavorare con una persona 365 giorni all’anno. Devo ancora trovare il giusto equilibrio e mi auguro che la prossima sia la volta buona. Io farò di tutto per tirare fuori il meglio. Per quanto riguarda il futuro non ho grandi aspettative, il mio obiettivo è semplicemente lavorare ogni giorno per poter migliorare”. Un impegno naturale per chi ha una chance di sbarcare nel mondo del tennis che conta e doveroso nei confronti dei sacrifici dei genitori e di un padre che non si nasconde quando dice di “essere disposto a tutto pur di garantire a mio figlio la chance di diventare un buon giocatore professionista. Perché? Perché se lo merita”.
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