Il match contro il Pakistan ha permesso alla Nuova Zelanda di schierare per la prima volta Finn Tearney, nuovo numero 1 del paese. Per lui è un punto d’arrivo dopo una carriera difficile, il cui ricordo più vivo è un mini-sequestro subito a Shanghai, dove fu costretto a prelevare tutti i soldi dalla carta di credito e darli ai malviventi.

Andando in profondità, il weekend di Davis non propone soltanto match da copertina. Ad esempio, presso lo “Z Energy Wilding Park Tennis Centre” di Christchurch, Nuova Zelanda, i padroni di casa stanno superando agevolmente il Pakistan in un match per restare nel Gruppo 2 – Zona Asia / Oceania. I singolari della prima giornata hanno segnato l’esordio di Finn Tearney, 26enne di Auckland, attualmente prima racchetta di un paese lontanissimo dalle sue tradizioni. Senza scomodare il leggendario Tony Wilding, per intenderci, la Nuova Zelanda ha avuto un finalista di Wimbledon in Chris Lewis. L’ultimo buon giocatore, almeno in campo maschile, è stato Brett Steven. Oggi attraversano un momento complicato, pur tenendosi a galla con il discreto doppio Daniell-Venus. In questi giorni, Tearney ha raccontato un episodio che lo ha visto protagonista circa un anno fa, al Challenger di Shanghai. All’epoca era fuori dai top-500 ATP e perse nelle qualificazioni contro l’indiano Sriram Balaji. Ma non è di questo che si ricorda, bensì del rapimento di cui è stato vittima e che lo ha costretto a prelevare tutti i suoi soldi presso uno sportello bancomat. Soldi poi girati nelle tasche dei sequestratori. Terminato nella “strada sbagliata” mentre cercava un luogo dove cenare, insieme a un amico, è stato circondato e messo spalle al muro da un gruppo di 5-6 uomini che hanno chiesto ai due di consegnare tutto il denaro in loro possesso. “Ero assolutamente pietrificato – ha raccontato Tearney – è stato uno dei pochi momenti della mia vita in cui ho avuto la sensazione di essere totalmente fuori controllo. Si sono presentati come membri della mafia cinese, ma non credo fosse vero. Però erano troppi e non siamo riusciti a scappare. Inoltre erano armati e ci hanno intimato di dare i soldi”.

LA PIRAMIDE SOCIALE DEL TENNIS
Uno degli uomini ha minacciato di tagliare il dito al suo amico perché la sua carta di credito rifiutava la transazione. E’ andata meglio con quella di Tearney, da cui sono emersi circa 1.100 dollari. “Volevano molto di più, ma era quello che avevo”. Subito dopo la disavventura, ha chiamato il padre in Nuova Zelanda e ha immediatamente bloccato la carta. Il giorno dopo ha avvisato gli organizzatori del torneo, i quali hanno inviato un traduttore presso la stazione di polizia e hanno contribuito a risarcirlo. L’incidente non gli ha impedito di crescere in modo lento ma costante, portandolo al suo miglior momento in carriera. Quest’anno ha giocato un paio di finali Futures. Per lui, proveniente da un paese tutto sommato ricco, c’è stato il problema opposto rispetto a molti altri giocatori, che arrivano da paesi poveri e vedono nel tennis uno strumento di riscatto sociale. “A volte è difficile essere un tennista neozelandese, perché lasci il paese e ti sembra che non ci sia nulla di paragonabile”. E poi c’è il solito problema della piramide del tennis, dove un’enorme percentuale di denaro finisce nelle tasche di pochissimi giocatori. “A differenza di altri sport, nel tennis le risorse non filtrano a sufficienza nelle retrovie”. Lui spera di non restare impantanato ancora a lungo nei tornei minori, e intanto si è tolto la soddisfazione di esordire in Coppa Davis, il che gli ha permesso di ricordare un episodio di adolescenza, quando andò a piedi da Wellington a New Plymouth per assistere a un match contro la Cina. Era il 2008 e chiese un cappellino ai suoi idoli (Statham e King Turner…) e oggi lo tiene ancora come una reliquia. “Adesso gioco per il mio paese: è un sogno che si avvera”. Sperando di non venire più derubato in mezzo alla strada…