“Se dico una parolaccia nel mio asciugamano non è giusto che la debbano sentire in 300 paesi”. Parola di Andre Agassi, una ventina d'anni fa, quando parlava dell'invasione dei microfoni a bordocampo. Chissà cosa ne penserà Nick Kyrgios, protagonista di un episodio che ha fatto irruzione sui media generalisti, conquistandosi addirittura le prime pagine dei quotidiani sportivi. Andre aveva ragione: è bellissimo che il tennis sia visto da vicino, in ogni dettaglio. Ma un minimo di privacy, a 'sti benedetti giocatori, deve essere garantita. Kyrgios non è un tipo simpatico: ha rapidamente scippato a Bernard Tomic la nomea di “Balotelli del Tennis” e a ogni torneo ne combina di tutti i colori. Avrebbe dovuto essere squalificato all'Estoril, quando ha scagliato una pallina fuori dal centrale dopo che l'arbitro gli aveva già preso la targa. A Wimbledon ha dato chiari segni di “tanking” (scarso impegno) nel match contro Gasquet, e in Davis era stato vergognoso contro Nedovyesov. “Non voglio essere qui” è il virgolettato catturato da un altro microfono impiccione. A Montreal, lo sapete tutti, ha detto “Mi spiace dirti che Kokkinakis si è ….. la tua fidanzata”. Destinatario Stan Wawrinka, distante una ventina di metri. Tra l'altro Nick gli dava le spalle perché stava recuperando una pallina dal raccattapalle. Affermazione deplorevole, ci mancherebbe, ma il pandemonio che ne è uscito fuori ci sembra totalmente spropositato. Chissà quante volte, in epoca non tecnologica, o soltanto in tornei minori, a un tennista saranno sfuggite frasi del genere. Nel calcio, poi, è prassi. Alcuni difensori hanno candidamente ammesso di ricorrere agli insulti più pesanti per innervosire gli attaccanti. E non stiamo parlando solo di Marco Materazzi e Zinedine Zidane. Invece si è scatenata un'ondata di buonismo che fa rabbrividire. Tutti a dire la loro, tra social network e comunicati ufficiali (contro Kyrgios si è esposto persino il Player Council di cui fa parte, guarda un po', Stan Wawrinka). Tutti campioni di buone maniere nell'aggredire l'australiano, peraltro già inviso a buona parte dello spogliatoio.
CADE IL MURO DI RISERVATEZZA
I media hanno cavalcato l'onda. Giovedì non si è parlato d'altro, come se gli ottavi di finale di un Masters 1000 fossero un semplice sfondo alla “storia” del giorno. Il pubblico ha recepito e ha accolto Kyrgios con fischi e “buuuu” al suo ingresso in campo contro John Isner. Lui, ovviamente, ha accusato il colpo e ha perso la partita. Non c'era quota. Ripetiamo: Kyrgios ha sbagliato ed è giusto sanzionarlo, ma la gogna mediatica ci è parsa eccessiva. Ciò che ha dato fastidio, al moralista comune, è che abbia tirato in mezzo altre due persone (Thanasi Kokkinakis e Donna Vekic). Un insulto diretto avrebbe generato meno scandalo. Noi crediamo che tale vicenda avrebbe meritato una “breve”, magari un po' d'ironia, una tirata d'orecchie…invece l'ATP, spesso morbida e soprattutto “riservata” quando si tratta di colpire i suoi associati (o datori di lavoro), è intervenuta con l'accetta e ha stangato Kyrgios con 12.500 dollari di multa. Non solo: “indagheranno” (ma c'è bisogno di indagare per una frase?) per capire se il suo comportamento è upgradabile a una sanzione maggiore, il che potrebbe anche voler dire squalifica. Le norme ATP dicono che, se si raggiungono 10.000 dollari di multa in un anno, arriva un richiamo scritto. Se ci ricadi di nuovo, due mesi di sospensione. Kyrgios è a forte rischio: chissà se, dopo aver abbaiato a Montreal, avranno il coraggio di monitorarlo e magari squalificarlo. Dacché si ricordi, l'unico ad avere avuto una sospensione per motivi disciplinari fu Daniel Koellerer. Chissà, magari lo faranno davvero: Kyrgios si è costruito una pessima fama nello spogliatoio perché ha violato il cameratismo tra giovani uomini e – perché noi – un po' del muro di omertà su quel che accade lontano dai riflettori.
DISPARITA' DI ATTEGGIAMENTO
Chissà che ne pensa Lleyton Hewitt, che in queste settimane svolge il ruolo di “mentore” di Kyrgios, evitando accuratamente il termine “coach”. Nel 2001 fu protagonista di un episodio simile, quando fu accusato di razzismo durante un match contro James Blake allo Us Open. Riferendosi all'arbitro, disse: “Non noti qualche somiglianza?”. Molti pensarono che alludesse al fatto che sia l'avversario che il giudice di linea che (a suo dire) lo aveva danneggiato fossero neri. Lleyton ha sempre sostenuto che voleva sottolineare come gli errori provenissero sempre dalla stessa persona: "Nessun riferimento a James". Il supervisor accettò la versione e non arrivarono multe. Oggi l'australiano si sta per ritirare ed è stato implicitamente invitato da Magnus Norman (coach di Wawrinka) a dirgli 2-3 paroline. Ok, la storia (per ora) finisce qui. State certi che le prossime conferenze stampa di Wawrinka, Kyrgios, Kokkinakis e Vekic saranno colme di giornalisti. Ma a noi resta la delusione per l'orda di spazio e commenti sulla vicenda. Davvero l'episodio meritava tutto questo interesse? A Montreal ci sono tanti spunti: il ritorno di Gulbis su buoni livelli, il fatto che ci siano solo quattro delle prime otto teste di serie nei quarti, il buon rendimento di Nadal (davvero buona la sua partita contro Youzhny)….ma l'interesse è tutto lì, al “Banging Gate”. Se si parla di doping, di scommesse (e qui non c'è alcuna allusione al caso nostrano) o di questioni davvero importanti…sembra proprio che condanne, comunicati e processi mediatici non siano ritenuti necessari. Si ritorna in una riservatezza inquietante, mentre la caciara di Kyrgios ha scatenato il terremoto. Mah.
ATP MASTERS 1000 TORONTO – Ottavi di Finale
Novak Djokovic (SRB) b. Jack Sock (USA) 6-2 6-1
Ernests Gulbis (LET) b. Donald Young (USA) 6-4 6-4
John Isner (USA) b. Nick Kyrgios (AUS) 7-5 6-3
Jeremy Chardy (FRA) b. Ivo Karlovic (CRO) 4-6 7-6 6-4
Rafael Nadal (SPA) b. Mikhail Youzhny (RUS) 6-3 6-3
Kei Nishikori (GIA) b. David Goffin (BEL) 6-4 6-4
Jo Wilfried Tsonga (FRA) b. Bernard Tomic (AUS) 7-6 6-3
Andy Murray (GBR) b. Gilles Muller (LUX) 6-3 6-2