A suon di risultati, Wim Fissette è diventato uno dei coach più ambiti del circuito. Grazie a lui, la Halep è diventata numero 3 WTA. “Il segreto? Trasmettere benessere alle giocatrici”.

TennisBest – 11 luglio 2014

 
La vita d Wim Fissette è cambiata nel 2005, quando ha iniziato a fare da sparring partner a Kim Clijsters. Da giocatore, non era riuscito a sfondare. Belga della generazione di Malisse e i fratelli Rochus, ha messo insieme qualche punto ATP ma non si è mai schiodato dai tornei futures. Ha avuto l’intelligenza di capire che poteva rimanere nel tennis anche con un altro ruolo. E così ha studiato, con umiltà, fino a diventare uno dei coach più apprezzati. Lo scorso anno ha guidato Sabine Lisicki in finale a Wimbledon, poi è stato scaricato. Si è preso la rivincita più gustosa proprio a Londra, quando Simona Halep ha rifilato 11 giochi di fila alla tedesca. Ed è probabile che Sabine si sia mangiata le mani per una scelta così affrettata. Adesso è uscita dalle top-30, mentre la Halep è volata addirittura al numero 3 WTA. Una stagione eccezionale, in cui Fissette ha avuto un ruolo importante. Il sito della WTA gli ha dedicato un’interessante intervista che vale la pena riportare.
 
Come è nato il contatto con la Halep?
Ho ricevuto una telefonata prima dell’Australian Open ed ero entusiasta all’idea di lavorare con lei, perché sono sempre stato sicuro del suo potenziale. La prima cosa di cui mi ha parlato sono state le emozioni provate durante i quarti dell’Australian Open. E’ stata la base da cui siamo partiti. Il gioco c’era, ma doveva trovare la fiducia necessaria per giocare bene nei grandi momenti. Andavano fatti dei passagi: vittoria a Doha, semifinale a Indian Wells, finale a Madrid, finale a Parigi. Ogni cosa era relativa al passo successivo. Il suo gioco sta migliorando.
 
Sei arrivato in un momento positivo per Simona. Come avete fatto a non cambiare le cose che funzionavano e aggiungerne di nuove per migliorare?
Sei vinci sei titoli un anno vuol dire che sei una grande giocatrice. Ad alti livelli è una questione di dettagli. Alcuni arrivano automaticamente con la fiducia, così ho pensato a come regalarne a Simona. Durante i match si vede che crede in se stessa, di sicuro più che a inizio stagione. A inizio anno voleva restare tra le top-20, magari entrare tra le prime 10. Ma numero 3 proprio no. Adesso ci crede, il suo ranking attuale le appartiene.
 
Come si fa ad impostare piccoli obiettivi, una volta che lei ha raggiunto questo livello?
Simona è molto intelligente e sorridente, anche durante le partite. Sa analizzare il suo gioco. Ma dopo la partita ne discutiamo ancora. Sa bene in che direzione deve andare il suo gioco e su cosa ha bisogno di lavorare.
 
E la preparazione atletica? Viene spesso lodata per questo aspetto.
E’ molto forte di natura, si è sempre mossa bene. Lavora molto bene sul piano fisico, poi quest’anno ha assunto un preparatore atletico e un fisioterapista che si prendono cura di lei. Sa che ha bisogno di trattare bene il suo corpo: se si muove bene, il gioco verrà di conseguenza.
 
Quale aspetto del suo tennis è maggiormente sottovalutato?
Il servizio. Difende molto bene, ma il suo servizio è molto preciso. Poi sta diventando più veloce, intorno alle 110 miglia. Davvero una buona velocità per una ragazza non troppo alta. Può essere aggressiva anche sulla seconda palla e la può tirare in qualsiasi direzione. Nessuno parla del suo servizio, ma a me piace molto.
 
Al Roland Garros ha giocato la sua prima finale Slam. Avete discusso anche di queste situazioni, tipo giocare sui campi centrali degli Slam?
Quando la sua manager mi ha contattato, mi ha detto che volevano qualcuno con una buona esperienza negli Slam. Ovviamente ne abbiamo parlato. A Parigi c’erano grandi aspettative sin dall’inizio, e penso che le abbia gestite molto bene. Parliamo di queste situazioni, ma lei è sempre circondata da famiglia e amici. Questo è molto importante perché le consentono di non pensare soltanto al tennis. Ha trovato il mix ideale.
 
Quanto sono stati importanti i giorni subito dopo la sconfitta contro la Sharapova? 
Ha giocato una grande partita. E’ stata vicina al successo ed era orgogliosa della sua prestazione. Una finale Slam non è mai facile. Uno sforzo del genere porta via molte energie mentali, e quando ci siamo rivisti a ‘s-Hertogenbosch l’ho vista molto stanca. Dormiva anche 14 ore al giorno, ma il suo corpo ne aveva bisogno. In quei giorni non ci siamo allenati molto perché sapevo che aveva bisogno di riposare e prendere le cose più lentamente.
 
Sembra che i giocatori abbiamo bisogno di un grande equilibrio.
Ogni tennista è diverso. L’importante è far combaciare la necessità di giocare tante partite con quella di essere al top per gli Slam. Devi trovare il punto in cui il focus è migliore, ascoltando sia il corpo che la testa.
 
Come approcciate la singola partita? Tu hai allenato Sabine Lisicki, che è un po’ diversa…
Non puoi controllare il gioco dell’avversaria. Se lei gioca al meglio, tu non puoi impedirglielo. Quando posso, osservo le avversarie e fornisco a Simona qualche dettaglio, ma non voglio esagerare con le informazioni. Se le dicessi troppe cose non sarebbe libera. Per l’allenatore non è un compito semplice: devi dare qualche indicazione, ma non troppe.
 
Ci puoi dire qualcosa sulla tua esperienza complessiva, con le collaborazioni con Kim Clijsters e Sabine Lisicki?
Ho avuto la chance di lavorare con Kim, iniziando come sparring partner alla fine del 2005. In verità, all’inizio sono stato io a imparare da lei. Ho cercato di parlare con tanti buoni allenatori e partecipare ai seminari internazionali, ma volevo trovare la mia strada. Il tennis femminile non è solo tecnica e tattica. Ovviamente le devi conoscere, ma c’è un pacchetto completo da gestire. Le giocatrici devono sentirsi bene per rendere al meglio. Questo è ciò che provo a trasmettere: benessere. Da coach, provo a pensare a quello che il giocatore necessita in quel momento. Devi concentrarti sui punti di forza della giocatrice.
 
C’è qualcosa che Simona ama particolarmente lontano dal tennis?
Lo shopping. Sempre shopping! Le piace avere un sacco di gente attorno a sé e tratta tutti molto bene. Nei giorni di pausa andiamo tutti a fare shopping e poi ci concediamo una bella cena, prestando attenzione al dessert. Lei adora i dessert. In quei momenti non si pensa soltanto al tennis.
 
Tempo fa, Simona ha detto di voler migliorare il suo inglese. In che lingua comunicate?
Sempre in inglese. Ricordo che quando le ho mandato la prima e-mail, lei mi ha risposto scusandosi per il suo inglese, ma le ho detto che ci avremmo lavorato insieme. Il suo inglese non era male a gennaio, ma lo parlava solo nelle interviste. Parlando sempre più spesso con me, è migliorato. Sento che questa cosa la sta rendendo una persona più forte, più sicura di sé. Può esprimersi al meglio.