A Roberta Vinci basta un’oretta per superare Christina McHale, e presentarsi fiduciosa al terzo turno. Il tendine sembra non darle troppi problemi, il servizio funziona a meraviglia, e le tante motivazioni extra trovate nella Grande Mela potrebbero diventare la sua forza, per regalarsi un ultimo grande risultato prima di dire addio.

Ne è rimasta solamente una, ma per quanto visto si può essere moderatamente ottimisti. Perché se è vero che le speranze italiane al femminile sono aggrappate al vestito giallo fluo di Roberta Vinci (a proposito: la Nike non sta un tantino esagerando?), è vero anche che la giocatrice vista sin qui non sembra così lontana da quella che a New York fece miracoli dodici mesi fa. C’è un problema al tendine della gamba sinistra che le dà fastidio da un po’, ed è stata lei la prima ad ammettere di non sentirsi al 100% (“ma preferisco non pensarci”, anche se ha rinunciato al doppio), però il suo match di secondo turno contro Christina McHale ha lasciato un sacco di indicazioni positive. Le riassume il facile 6-1 6-3 che in appena 64 minuti l’ha resa la prima giocatrice a mettere piede al terzo round – dove troverà una fra la kazaka Putintseva e la tedesca Witthoeft – grazie a una prova da 8 e mezzo, media fra il dieci tondo tondo di un primo set con pochi scambi e ancor meno storia, e il sette del secondo, più complicato di quanto dica lo score ma comunque vinto con un parziale di quattro game consecutivi. Segno che insieme a fantasia, coraggio e servizio, la tarantina ci ha messo anche l’attenzione giusta per non andare troppo per le lunghe, come le era già capitato all’esordio contro Anna-Lena Friedsam. C’è stato solo un frangente in cui il match poteva girare, sul 3-2 per l’americana nel secondo set. La McHale ha alzato il livello dopo un primo set da 15 errori gratuiti, la prima di servizio con resa a là Karlovic dell’azzurra (24 punti su 27) è un po’ mancata, ed è arrivata una palla-break che la numero 55 del mondo non è andata nemmeno troppo lontano da trasformare. Invece il suo rovescio è finito appena largo, e il break decisivo ha finito per subirlo lei nel gioco seguente, lasciandosi rimontare da 40-15.

QUELLA MOTIVAZIONE CHE CERCAVA
Proprio nel game del break decisivo la Vinci ha regalato un punto dei suoi, di quelli che lo scorso anno fecero innamorare il pubblico. Ha deciso di seguire a rete un lob per cogliere l’avversaria di sorpresa, ma l’ha fatto in ritardo e così ha dovuto inventarsi “portiere” sui passanti della rivale. Tuttavia, per una con la sua sensibilità tutto è possibile: prima volèe in campo, seconda a chiudere, break e vittoria in cassaforte, timbrata due game più in là con uno splendido dritto vincente lungolinea. Se dalle difficoltà ne viene fuori così, si può ben sperare. “Ho giocato meglio rispetto al primo turno – ha detto nell’intervista a bordo campo – e ora vado avanti step by step”. Nei giorni scorsi si è parlato tanto del peso di dover difendere il miglior risultato della sua carriera dopo un periodo non brillantissimo e del desiderio di non deludere la gente di Flushing Meadows, dove in sole due settimane ha dato una svolta alla sua carriera. Ha raccontato che gli appassionati americani la riconoscono anche lontano dai campi, altri la sostengono e la seguono negli allenamenti, e gli organizzatori l’hanno programmata sull’Artur Ashe all’esordio e sul Louis Armstrong oggi, segno che dodici mesi dopo il fascino della sua impresa contro la Williams non è ancora svanito. Pressione extra? Per una ragazzina lo sarebbe. Per lei è solo uno stimolo in più per far bene, prima di decidere (a quanto pare a fine torneo) se dire addio al tennis o continuare un altro po’. Dato che il calo degli ultimi mesi è legato all’assenza di nuove motivazioni, averne trovata una potrebbe essere la chiave per regalarsi un ultimo grande squillo.

US OPEN DONNE – Secondo turno
Roberta Vinci (ITA) b. Christina McHale (USA) 6-1 6-3