Sarà ancora Federer-Nadal: nella semifinale notturna, lo svizzero rischia grosso contro un super Kyrgios ma la spunta dopo tre tie-break. Avrebbe potuto chiudere in due, ma nel finale ha avuto un pizzico di fortuna. Arrivato a due punti dal successo, Nick ha rovinato tutto. E ha devastato la racchetta.

Questa immensa notte di tennis ci ha portato tre buone notizie. E non ci sono pesci d'aprile in agguato. Roger Federer prosegue nella sua straordinaria (e surreale) striscia vincente, acciuffando la finale al Miami Open. E sarà la finale più bella, la più suggestiva, la più voluta. Ad attenderlo troverà Rafael Nadal, 37esimo episodio di una saga che è tornata ad essere un "superclasico" dopo che per tre anni si erano affrontati solo una volta. Invece sarà il terzo scontro diretto in 63 giorni. Neanche ai tempi d'oro si affrontavano con cotanta frequenza. E poi c'è Nick Kyrgios, il protagonista di cui il tennis aveva bisogno. Gioca alla grandissima (peraltro con evidenti margini di miglioramento, dovuti al fatto che non ha un coach da quasi due anni) e ha una personalità strabordante. Tre ore di lotta, tre tie-break, un filo del rasoio sottile, affilato e velenoso. Alla fine ha vinto Federer perché ha avuto l'aiutino del pubblico che ha mandato in corto circuito Kyrgios, proprio sul più bello. Spiace riassumere in due situazioni il racconto di una partita bellissima, in cui ogni punto era un livellamento verso l'alto. Però si è deciso tutto lì, dal 5-4 e servizio per Kyrgios nel terzo tie-break. Avesse portato a casa quei due punti, in finale ci sarebbe andato lui.

BILANCIO DA RECORD
Invece è successo il patatrac: sul 5-4 ha dovuto giocare la seconda palla. Ha tirato un missile a 127 miglia orarie (circa 205 km/h), ma qualche buontempone sugli spalti l'ha chiamata “out!”. Federer è stato magistrale nel rispondere, lo scambio è andato avanti e Nick ha sparato via un dritto. Si è arrabbiato, ha guardato con aria minacciosa il giudice di sedia Mohamed Lahyani, ma invano. Certo, Lahyani avrebbe potuto fermare lo scambio e ordinare la ripetizione del punto. Forse gli estremi c'erano, ma sarebbe stato un grande atto di coraggio. Enorme, per i giudici di sedia di oggi, quasi del tutto deresponsabilizzati dalla tecnologia. Sul 5-5, Kyrgios ha dovuto giocare di nuovo la seconda palla. E anche stavolta ha tirato un missile, ben oltre i 200 km/h, da far sembrare prudente il Becker di Monte Carlo 1995. Stavolta la fortuna non l'ha premiato: la palla era fuori, matchpoint Federer. Un servizio vincente spediva Roger in finale, la numero 139 della sua fantastica carriera. Il successo porta il suo bilancio stagionale a 18 vittorie e 1 sconfitta: era partito così bene soltanto nel triennio 2004-2005-2006, e in tutte le occasioni aveva chiuso l'anno al numero 1. A proposito di ranking, questo successo gli regala altri punti preziosi per la classifica di fine stagione. Ma Roger non ha pensato al ranking nelle tre ore e dieci che hanno chiesto tantissimo sul piano tecnico, fisico e mentale. Alla fine, il primo a “sbarellare” è stato Kyrgios, nel finale appena descritto. E prima di stringere la mano allo svizzero, Nick ha letteralmente sfracellato la sua Yonex sul cemento di Miami (multe in arrivo?), prendendosi i fischi del pubblico, quasi tutto schierato con Federer. L'australiano ha vissuto la serata con lo spirito del leone in gabbia, del gladiatore nell'arena, incurante del tifo contrario. Sembrava quasi a suo agio nel ruolo, come se la gente lo caricasse a dare il meglio, a tenere l'atteggiamento giusto, a trasmettere l'idea che il tennis sia qualcosa di importante per lui. Pugnetti ed esultanze scomposte hanno accompagnato la sua partita, mista ad alcune follie che però gli sono girate male.

NICK, STAVOLTA E' GIRATA MALE
Come nel primo set, quando è stato il primo a brekkare (sul 3-3) ed è andato a servire sul 5-4. Dopo aver messo in corridoio una volèe sul 15-30, ha scaraventato la racchetta per terra, scatenando la reazione del pubblico. Nel punto successivo ha giocato una seconda a velocità folle, regalando il controbreak a Federer con un doppio fallo. Ma per fare certe cose ci vuole personalità, e Kyrgios ne ha da vendere. Se ti va bene sei un fenomeno, se va male fai una brutta figura. Stavolta gli è girata male ma si è dimostrato all'altezza, già maturo per battere i migliori, almeno sul piano tecnico. Federer ha dovuto giocare al meglio, era preoccupato, così come il suo box. C'era aria di grande evento, nel centrale di Key Biscayne. Per la seconda volta in due scontri diretti, Federer e Kyrgios hanno giocato tre tie-break. Due anni fa, a Madrid, finì addirittura 14-12 per l'australiano, che peraltro aveva cancellato due matchpoint. Sembrava poter andare così anche stavolta, poiché Federer ne aveva avuti un paio nel tie-break del secondo set. Sul primo, non conteneva una risposta in slice su un servizio in kick dell'avversario, mentre nel secondo provava ad essere aggressivo, ma il rovescio gli finiva in rete. Perso il secondo tie-break (con Kyrgios imperiale dal 9-9: gran passante stretto di dritto ed ace a chiudere), il match si è accartocciato sui servizi. Nel terzo non si sono viste palle break, fino all'esito finale. Ha vinto Federer e la gente è contenta, così come gli appassionati neutrali, così come gli statistici. Roger e Rafa si ritroveranno a Miami per la quarta volta, sullo stesso campo dove 13 anni nacque la loro rivalità. E dodici anni fa diedero vita a una splendida finale di cinque set. Insomma, sarà una domenica piena di suggestioni. Kyrgios volerà in Australia per i quarti di Davis contro gli Stati Uniti, ma da questa trasferta si porta a casa mille certezze. Dovrà farle fruttare: le seconde palle a 200 km/h entreranno, così come la maturità non gli farà sfasciare una racchetta prima di stringere la mano. Però dovrà continuare a crederci. E a lavorare.

ATP MASTERS 1000 MIAMI – Semifinale
Roger Federer (SUI) b. Nick Kyrgios (AUS) 7-6(9) 6-7(9) 7-6(5)