ROMA. Karin Knapp batte Roberta Vinci e torna nel grande tennis dopo un lungo calvario. La grande paura, la “svolta” di Anzio e le esperienze che l’hanno resa donna.
Karin Knapp tornerà tra le prime 100 WTA. E' stata anche numero 35

Dall'inviato a Roma, Riccardo Bisti – 16 maggio 2012


 “Non sono più abituata a tenere una conferenza stampa”. Eppure qualche anno fa, Karin Knapp era la Golden Girl del tennis italiano. Non avevamo mai avuto una ragazzona così alta, così bionda, così picchiatrice. E capace di arrivare al numero 35 WTA ad appena 20 anni. Poi il destino ha deciso di giocarle un brutto scherzo. Alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, una visita medica ha riscontrato problemi cardiaci che le hanno impedito di volare in Cina, ma che soprattutto hanno messo a repentaglio la sua carriera. Si è sottoposta a un paio di piccole operazioni, tecnicamente “studi elettrofisiologici”. Ma il rientro è stato duro, anche perché il destino sembrava accanirsi contro di lei. Il ginocchio ha fatto crack e non si metteva a posto. “Lavoravo, lavoravo…e non migliorava mai. Quando ho avuto i problemi al cuore ho avuto tanta paura, ma è stato durissimo anche il periodo di stop per il ginocchio”. Quando si toccano questi argomenti, Karin fa una faccia triste. E’ andata oltre, ma non ha ancora dimenticato. Le ferite sono fresche, ed anche se il presente le sorride il passato non è ancora alle spalle, almeno nella testa. Perché il fisico è a posto (“Anche se faccio ancora dei controlli e devo stare attenta al ginocchio”) e il tennis da ragazzona alta, bionda e picchiatrice ha ripreso a mietere vittime. I primi squilli sono arrivati l’anno scorso, con tante vittorie nel circuito ITF e una bella qualificazione allo Us Open. La concretezza è roba di poche settimane fa, dopo un avvio di stagione non entusiasmante. Partendo dalle qualificazioni, è volata in semifinale all’Estoril battendo una top 20 come la Kirilenko. Il modo giusto per ottenere una wild card a Roma, torneo a cui tiene moltissimo. Non solo perché è italiana, ma perché da due anni e mezzo vive ad Anzio, dove è allenata dai fratelli Alessandro e Francesco Piccari. Quest’ultimo è anche il suo fidanzato.
 
E allora si è presentata con la voglia di spaccare il mondo. Dall’altra parte c’era Roberta Vinci, numero 19 WTA e seconda giocatrice italiana. E' scesa in campo con le idee molto chiare. Fa niente se il rovescio della Vinci profuma di veleno. I fratelli Piccari le hanno detto che doveva insistere da quella parte, e lei ha eseguito con diligenza altoatesina. Molto bene nel primo set, meno bene nel secondo “Quando lei è cresciuta e ha preso a giocare tante prime palle. Ma io ho continuato a fare quello che dovevo”. Quando si dice che una partita si gioca in condizioni “surreali”, spesso ci si riferisce a un match con poco pubblico. Vinci-Knapp si è giocato in un clima surreale per ragioni opposte. C’era tantissima gente, un arbitro importante come Kadir Nouni, ma un brusio insostenibile. Nel campo accanto giocavano Bolelli e Fognini (battuti 6-3 6-4 da Lopez-Granollers), dall’adiacente SuperTennis Arena risuonava la musica tra un match e l’altro. Ma la voce più chiara era quella dell’arbitro…del campo 4. Per qualche strano motivo, gli spettatori sentivano tutto quello che accadeva tra Querrey-Isner e Melzer-Petzschner. Confusione massima. Le giocatrici sono state brave ad isolarsi, offrendo scampoli di buon tennis. In verità, lo spettacolo arrivava soprattutto per merito della Vinci. Il suo delizioso rovescio in slice è delizia ma è anche croce. A volte ci si domanda dove sarebbe potuta arrivare se avesse avuto un buon rovescio in topspin. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. La verità è che se deve giocare un passante di rovescio sono guai. Al limite prova uno slice corto per far giocare una volèe bassa all’avversaria. Ma dopo 2-3 volte le prendono le misure.
 
Adesso la Knapp troverà Dominika Cibulkova. Chissà se chiederà qualche consiglio a Sara Errani, che l’ha battuta nettamente in finale a Barcellona. Ma in fondo le va bene così. 3 anni fa aveva paura di ritirarsi, adesso potrà giocare a cuor leggero. “Ma non ho fatto niente di speciale. Lavoro da tempo con le stesse persone, siamo andati avanti per la nostra strada anche nei momenti difficili, abbiamo trovato il giusto metodo di lavoro…ed eccoci qui. Devo ringraziarli, parlano la stessa lingua. Non è facile stare 24 ore al giorno con il fidanzato-coach, ma la presenza di Alessandro è stata fondamentale”. La Knapp è maturata. Con Marco Boesso è diventata una giocatrice, con i fratelli Piccari è diventata una donna. “Prima facevo e basta, adesso me la godo. Ragiono di più, ho più soluzioni…e le cose vanno bene”. Vedere un’altoatesina parlare con un vago accento romano ispira simpatia, tenerezza. “Ormai parlo tedesco solo con la famiglia. Se mi manca l’Alto Adige? Di sicuro non il freddo! In verità ad Anzio mi trovo bene, c’è uno splendido clima e possiamo giocare all’aperto 12 mesi l’anno. Spiace stare lontano dalla famiglia, ma a Roma ci sono tutti”. Con questo successo è già certa di tornare tra le top 100 (attualmente è n. 112), ma la seconda carriera di Karin è appena cominciata. Luciano Ligabue canterebbe che “Il meglio deve ancora venire”. Noi aggiungiamo che, comunque vada, sarà un successo.