L’INTERVISTA – L’argentino centra i quarti al Foro Italico ma non li gioca per un fastidio all’anca sinistra. Ma la sua carriera è ripartita, tra un traguardo storico da raggiungere e la speranza di tornare in Davis. E sul rapporto con il suo capitano ci dice…Mancano 63 giorni a Italia-Argentina di Coppa Davis, ma la notizia più importante è già arrivata: Juan Martin Del Potro ci sarà. O meglio, risponderà all’eventuale convocazione del capitano Daniel Orsanic. La presenza del più forte giocatore argentino rende ancora più intriganti le sembianze di questo incontro. Per quanto l’albiceleste abbia diversi elementi in odor di convocazione (il successo in Polonia è stato firmato da Leonardo Mayer e Guido Pella), non c’è dubbio che le quotazioni di Juan Monaco siano in crescita esponenziale. Un problema all’anca sinistra gli ha impedito di scendere in campo contro Lucas Pouille nei quarti degli Internazionali BNL d’Italia, ma il suo rientro dopo l’infortunio al polso è stato più che positivo: ha vinto un torneo a Houston e ha ritrovato i quarti a Roma dopo sette anni. A 32 anni prova a vivere una seconda giovinezza: i 180 punti intascati al Foro Italico gli permetteranno di tornare tra i top-100 (oggi è n.114, salirà intorno all’86esima posizione) ma “Pico” è ben consapevole che il suo valore è ben altro. C’è però l’enigma-Davis: lui è disponibile, come sempre, ma il rapporto con Juan Martin Del Potro non è così idilliaco come anni fa, quando “Palito” lo aveva addirittura definito un “fratello”. Monaco era abbastanza vicino a Nalbandian e l’anno scorso ammise che la sua relazione con Del Potro è “nulla”. Un anno e mezzo sarà stato sufficiente per sistemare eventuali scorie?
Mica male il pubblico italiano, vero?
Per certi versi è simile a quello argentino. Mentre giocavo contro Wawrinka, in alcuni momenti mi sembrava di essere a Buenos Aires. La passione degli italiani è impressionante: qualcuno tifava per Wawrinka, qualcun altro per me. Mi sono divertito moltissimo, mi piacciono queste cose, soprattutto in questo periodo della mia carriera. Giocare in un campo come il Pietrangeli, pieno di storia, per me ha un grande valore.
E’ vero che dopo la partita di Kitzbuhel, in cui ti sei infortunato al polso, hai scritto in una chat che avevi appena giocato la tua ultima partita?
(ride, ndr). Sì, l’ho scritto sul mio Facebook privato, quello personale e familiare. Per un attimo ho pensato di essere al capolinea. Negli ultimi tre anni avevo avuto tanti problemi al polso e, nonostante avessi fatto molti sforzi, si è rotto ugualmente. In quel momento ho pensato il peggio, a caldo può capitare di fare pensieri negativi. Per fortuna dopo l’operazione è andato tutto bene, e piano piano ho trovato la forza per tornare a giocare.
Sei il terzo argentino più vincente di sempre sulla terra battuta, con 236 vittorie. Meglio di te soltanto Guillermo Vilas (659) e José Luis Clerc (302). Pensi che il secondo posto di Clerc sia un traguardo possibile?
E’ difficile! In questo momento mi mancano più di 60 partite. La vedo dura, vorrei soltanto essere sempre a posto fisicamente. Vorrei che fosse il mio gioco a dirmi se posso superare Clerc o meno. Oggi gioco per soddisfazione personale e per migliorare giorno dopo giorno. Le statistiche sono molto importanti, ma in questo momento sono concentrato su un solo obiettivo: essere un giocatore migliore.
Arriva la Coppa Davis: giusto pochi minuti fa Juan Martin Del Potro ha ufficializzato la sua disponibilità. Alla luce di questo, quali sono i tuoi pensieri sul match contro l’Italia? Tu sarai disponibile?
Totalmente disponibile. Sarebbe molto importante se Juan Martin tornasse in squadra per tutto quello che rappresenta. E’ un giocatore super importante. Ovviamente, più la squadra è forte e più chance abbiamo di vincere. Sarà una serie molto complicata, gli italiani giocano bene e poi avranno il vantaggio del fattore campo. C’è ancora un po’ di delusione per l’ultimo scontro diretto, due anni fa a Mar del Plata. Ma il tennis è così: ti offre sempre una nuova opportunità, una nuova possibilità di rivincita. Spero che si possa mettere insieme il miglior team possibile e vincere la partita. E’ un match da 50 e 50.
Com’è il tuo rapporto con il capitano Daniel Orsanic? L’anno scorso non ti ha convocato per il match contro il Brasile e ci eri rimasto un po’ male…
Sono cose che succedono. Un capitano deve fare delle scelte: quella volta non mi ha chiamato, però nella partita successiva sì: non ho potuto giocare perché ero infortunato. Con lui ho una comunicazione fluida, abbastanza buona, e soprattutto non ho nessun rancore per il fatto che non mi ha convocato. Ho molta esperienza, so bene che altri giocatori possono sperare di far parte del team. Ma stando bene e giocando bene, so anche di avere le mie chance.
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