Non ha bisogno di parole, Jasmine Paolini, per conquistare il cuore delle persone. Il suo sorriso, così spontaneo, trova tanti riferimenti anche nei libri della Bibbia
foto Ray Giubilo
Il sorriso di Jasmine. Di più, la sua eloquente mimica facciale e il suo trasparente linguaggio del corpo, eloquenza senza parole del suo cuore. Eloquenza capace di suscitare gioiosa empatia in chi la guarda muoversi sul campo da tennis. Tutto ciò senza entrare nel merito del suo talento tennistico, della sua grinta, del lavoro immenso nascosto dietro ai successi: insomma, di tutto ciò che in questi cinquanta giorni, tra Roland Garros e Wimbledon, ci ha fatto tifare e gioire, tenendoci incollati ai suoi match e lasciandoci a tratti davvero senza respiro.
Forse Jas non lo sa, ma nella Bibbia si sorride tanto, fin da quando Abramo prima e Sara poi reagiscono in questo modo all’annuncio di una paternità e maternità in età avanzata per entrambi, al punto che il nome del loro figlio, Isacco, significa proprio “egli sorride”.
Ridono gli esiliati quando da Babilonia fanno ritorno nella terra promessa. Sorride Qohelet, quando ci insegna che, sì, contro una visione doloristica e musona della religione, “c’è pure un tempo per ridere”. E poi deve aver sorriso anche Gesù, se è vero che amava partecipare ai banchetti, al punto da essere definito con malizia dai suoi detrattori “mangione e beone, amico dei peccatori”. Fa sorridere però che, siccome
i vangeli non presentano mai esplicitamente il sorriso sulle labbra di Gesù, alcuni pensatori cristiani dei primi secoli abbiano dedotto che Gesù ha certamente pianto ma non ha mai riso. Sarà Nietzsche, secoli dopo, a fare giustizia sulla questione: “I cristiani dovrebbero mostrarmi volti più sorridenti,perché io possa credere al loro Messia!”. Ma questo discorso ci porterebbe lontano…
Tutte queste riflessioni, più teologiche del solito, mi sono state suggerite proprio dall’aver palpitato insieme a Jas Paolini, soprattutto nella seconda settimana del glorioso torneo di Wimbledon, che la consegna definitivamente alla storia. Splendido vederla sorridere addirittura
dopo aver perso per un’incollatura la finale (stilisticamente bella e varia, finalmente non solo botte da fondo campo!) contro la più trattenuta Krejcikova. “Sono un po’ triste, ma cerco di continuare a sorridere, perché devo ricordarmi che oggi è comunque un giorno bellissimo”, ha detto in campo subito dopo la sconfitta.
Magnifico osservare come questa italiana frutto di una variegata miscela etnica, che ha raggiunto le vette tennistiche non più giovanissima, a 28 anni, che è alta solo 1,63, possa vincere questi e altri stereotipi unendo la perseveranza e il talento a una simpatia tanto contagiosa. Il Direttore ha scritto che Jasmine “emana luce positiva, esterna una felicità di essere lì, viva nel suo presente, così intensa che diventa farmaco”. Davvero grazie, Jas: sorridiamo con te, e non vediamo l’ora di rivederti in campo, perché il tuo presente rallegri il nostro qui e ora.