Una navigazione inizialmente complicata, quella dei primi set a Melbourne contro Medvedev per Sinner, ma che per le qualità straordinarie dello stesso Jannik si è conclusa col vento in poppa!
L’Odissea di Omero fa del viaggio un’allegoria esistenziale, un’immagine in cui l’uomo salpa per terre lontane in cerca di gloria nonché di verità sulla natura umana.
Chissà se il vate sapesse di tennis! Così non fosse, gli va reso merito di aver creato l’Ulisse che tutti conosciamo, eroe dal multiforme ingegno, perfetto antesignano dell’uomo moderno. Un modello di coraggio giunto a noi dopo lunga evoluzione, celato sotto veritiere spoglie di atleta unto di talento. Un tennista approdato, per l’occasione, all’atto finale dell’Australian Open con l’idea di fare bottino e guadagnare gli onori del pianeta tennis.
Preso dall’ansia di prestazione, il navigante del terzo millennio si è avviato al confronto al ritmo di controbalzi corti e leggeri da lui stesso imposti coi colpi da dietro. Così, quando Daniil Medvedev l’ha castigato cogliendo i break del terzo e nono game del primo, a tutti è parso più chiaro quanto ostico sarebbe stato per Jannik Sinner navigare nel pelago di Melbourne con quel piano di viaggio. Senza correzioni di rotta, il giovanotto dal bulbo ramato si era ostinato in ulteriori demivolée di poco peso pagando dazio con un secondo set finito anch’esso in tasche moscovite. Procedendo con maggiore accortezza, nel terzo ha lasciato finalmente che i rimbalzi guadagnassero altezza, premiandoli con impatti più solidi e di maggior profitto.
C’e voluto il quarto per vedere il gioco riaprirsi a nuova luce coronato da servizi degni d’autore e felici incursioni a rete tradotte presto in un quarto scorcio di match che, viva iddio, sparigliava i conti rimettendo tutto al centro. Il quinto è stato un veleggiare con gli alisei in poppa, allietato da squarci di classe che antichi aedi avrebbero decantato con sicuro trasporto.
Dunque è andata, il primo slam è in bacheca e così com’era approdato in terra d’Australia l’eroe che anche la nuova Grecia ormai ci invidia, leverà di nuovo l’ancora destinazione nuovi lidi. Non passerà per Itaca giacché, con buona pace di Penelope, ha puntato la prora verso la vetta del mondo passando per Parigi, Wimbledon e New York. E la nuova allegoria racconta di un giovane uomo che la sua verità esistenziale l’ha trovata nella gioia di giocare a tennis, magari coltivando quel pizzico di fatalismo che rende tutto possibile e che nei secoli ha reso celebre l’Ulisse del grande Omero.