In un’intervista pubblicata sul numero di maggio de Il Tennis Italiano, Goran aveva dichiarato i suoi obiettivi come coach. E un traguardo lo ha già raggiunto con largo anticipo… di GIORGIO VALLERIS

di Giorgio Valleris

 

Sono passati tredici anni da quando, grazie ad una wild card, Goran Ivanisevic ha preso parte all'edizione 2001 di Wimbledon. Ma come tutti ricordano bene, quella che doveva essere una “comparsata” si è trasformata nella vittoria che vale una carriera. Il tennista di Spalato, all'epoca 30enne, ha già imboccato la fase discendente della carriera ma il meglio per lui deve ancora venire. Nonostante una spalla sinistra malconcia e con buona pace dei bookmakers, Goran entra dai Doherty gates da numero 125 del mondo e ne esce da numero 16 e, soprattutto, con il trofeo stretto tra le braccia. Lo fa al quarto match point della finale con Pat Rafter, un finale thriller che sfiora lo psico dramma con Goran che alza gli occhi al cielo, sembra parlare con un pallina con un'espressione quasi supplicante… poi il tripudio e la corsa in tribuna ad abbracciare papà.

 

D: Dopo tre finali perse, ecco la splendida vittoria ai Championships contro Rafter nel 2001. Te lo aspettavi?

R: No, non me lo aspettavo. E' stata la mia vittoria più importante, un sollievo dopo le finali perse. Volevo quella coppa perché pensavo di meritarla e perché l'anno in cui ero favorito la persi in modo sciocco”.

 

D: Chi è l'Ivanisevic di oggi?

R: “Non c'è. Credo che sia sempre difficile fare paragoni tra tennisti che hanno giocato in tempi diversi e oggi è cambiato il tennis, sono cambiate le racchette e le superfici”.

 

D:Raonic, Dimitrov, Janowicz… chi tra questi giovani talenti sarà il prossimo numero uno del tennis?

R: Non lo so, è difficile dirlo. Sono tutti e tre molto forti e diversi tra loro, ma nel breve periodo nessuno di loro, devono ancora giocare e vincere molto prima di pensare a diventare numero uno.

 

D: Chi è il tuo giocatore preferito?

R: Apprezzo molto Djokovic, ha forza e talento, è un giocatore impressionante.

 

D: E chi era il tuo idolo da ragazzino? Di chi avevi il poster il camera?

R: “Avevo due poster: quello di Borg e quello McEnroe, ma il mio idolo era John, un grande.

 

D: Hai giocato contro di lui, cosa significa sfidare il proprio idolo?

R: “Abbiamo giocato insieme parecchie volte. E' splendido giocare contro quello che è stato il tuo giocatore favorito. Ed è ancora più bello batterlo… (Nei 6 scontri diretti, tutti tra il 1990 e il '92, Ivanisevic ha vinto in 4 occasioni Ndr).

 

D: Quest'estate sarai protagonista di una clinic ad Umago, cosa vorresti trasmettere ai giovani partecipanti?

R: La cosa più importante che vorrei trasmettere loro è senz'altro la passione per il tennis e poi posso spiegare che cosa serve per diventare un giocatore professionista…”.

 

D: Cosa?

R: “La passione appunto, e tanto duro lavoro. Uno guarda i campioni che giocano in televisione e pensa che è una vita meravigliosa, ma non è tutto così. Per arrivare a quei livelli ci sono grandi sacrifici, ci sono tanti momenti di alti e bassi da saper gestire e sconfitte pesanti da imparare a digerire. Serve tanto allenamento ma soprattutto di qualità: è inutile stare in campo tante ore se non si hanno la concentrazione e la determinazione giuste”.

 

D: Quale è la situazione del tennis giovanile in Croazia?

R: “Abbiamo Borna Coric che è il miglior junior del mondo: ha tanto talento e anche nel tennis femminile abbiamo buone promesse, insomma il tennis giovanile croato è in salute”.

 

Ricordate Goran il pazzo? Quello che sul cemento di Brighton, nel 2000, fu squalificato perché aveva spaccato tutte le racchette e non poté proseguire l'incontro? Quello che di sé disse di avere tre personalità? Dimenticatelo. Senza la pressione della competizione e con qualche anno in più sulle spalle, l'ex numero 2 del mondo ora è una persona più riflessiva. Ha realizzato il suo sogno da giocatore vincendo Wimbledon, ma ora ha un nuovo obiettivo come coach “Portare Marin Cilic nella Top Ten entro fine anno”. Buon lavoro, Goran.