In un intervento a una conferenza su “L’atteggiamento imprenditoriale”, Goran Ivanisevic ha parlato a lungo delle soddisfazioni e difficoltà di allenare un campione come Novak Djokovic

Goran Ivanisevic è ormai “ospite fisso” nel box di Novak Djokovic dal 2019. Essere il coach del numero uno del mondo, di un campione che ha vinto 24 Slam, chiuso l’anno per 7 volte al numero uno, soggiornato, sino ad oggi, per 395 settimane in vetta alla classifica (le 400 son praticamente già raggiunte!)… e molto altro, non deve essere il lavoro più semplice del mondo. Soprattutto, comporta uno stress costante, perché i limiti sono già stati superati, le barriere travolte, e tutto ciò che si ottiene è, nel migliore dei casi, un déjà vu.

L’ex campione croato, intervenuto a una conferenza sul tema “L’atteggiamento imprenditoriale”, ha parlato a lungo del rapporto con il suo “assistito” e delle difficoltà che affiancare un perfezionista come Novak Djokovic comporta.

L’esperienza di Ivanisevic da coach non nasce con Nole. Prima di lui infatti aveva allenato il connazionale Marin Cilic, poi Tomas Berdych e Milos Raonic. Campioni, certamente, vincitori e finalisti Slam, ma nulla di paragonabile alla grandezza del Djoker.

“Si è sempre stressati. Siamo in cinque in squadra, ma tutto è sempre colpa mia. È così quando sei un allenatore. In campo la gente mi vedeva come un selvaggio o un semi-selvaggio, ma fuori dal campo sono molto diverso. Sono abbastanza calmo. Nessuno credeva che potessi diventare un buon coach. Bisogna saper seppellire l’ego perché non sei più importante. Ciò che conta è il giocatore”.

Stress a parte, un’ulteriore problema, superati così tanti traguardi e ottenuti così tanti record, riguarda la motivazione, l’unico vero motore di un atleta di livello gigantesco…

“Non è certo facile motivarlo, perché ha già vinto tutto, ma abbiamo una strategia. Molte volte non siamo d’accordo, ma è bello discutere in campo. Amo questo lavoro. Il lavoro si può fare solo se lo si ama e se si ha il sostegno della propria famiglia. Se non si sa come gestire lo stress, che è sempre presente, non si può fare questo lavoro. Sono felice di allenare un genio, il miglior tennista di tutti i tempi e uno dei migliori atleti in assoluto. Ed è un peccato che contino solo le vittorie. Le finali per Nole non vanno bene, è come se non avessi nemmeno partecipato al torneo. Per me è più facile perché veniamo dalla stessa regione. Capisco molte delle cose che fa e mi preparo in anticipo. Io ho fatto lo stesso, ma ora come allenatore devo essere più calmo e composto”.